Standard wireless: si riaccende la polemica tra la Cina e le aziende occidentali

di Alessandra Talarico |

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Si riaccende la disputa tra la Cina e le aziende occidentali in fatto di sicurezza degli standard wireless.

 

Un team di 20 scienziati cinesi – rappresentanti di università, centri di ricerca e agenzie governative – si sono infatti scagliati contro la tecnologia Centrino di Intel, definendola poco sicura e affermando che i computer che la utilizzano corrono il rischio di essere violati in meno di 5 minuti.

 

L’accusa è stata mossa nell’ambito di un seminario organizzato dalla China National Information Technology Standardization Technical Committee (CNITST), durante il quale gli scienziati avrebbero dato dimostrazione di quanto sarebbe facile per un hacker penetrare nei laptop equipaggiati con la tecnologia Centrino e modificare o cancellare i documenti in essi contenuti.

 

La vicenda porta alla mente l’annosa contrapposizione tra lo standard di sicurezza WAPI – caldeggiato dal governo di Pechino – e l’802.11i  e tra lo standard 3G TD-SCDMA e l’occidentale WCDMA.

 

Nel 2001, infatti, il governo cinese impose che a tutte le infrastrutture wireless vendute in Cina, venisse incorporato il sistema WAPI (Wired Authentication and Privacy Infrastructure) a cui soltanto 20 compagnie cinesi avevano accesso.

Le aziende straniere che avessero voluto vendere i propri prodotti Wi-Fi in Cina, avrebbero dunque dovuto assicurarsi accordi di coproduzione con una delle aziende a conoscenza dei “segreti” del Wapi, standard di fatto incompatibile con gli altri modelli di sicurezza in uso per le comunicazioni senza fili.

 

Le aziende occidentali decisero però di non cedere a questo ricatto, arrivando anche a bloccare le esportazioni nel Paese.

Intel e parecchie altre compagnie Usa sostenevano infatti che l’imposizione dello standard locale fosse semplicemente un sotterfugio per costringerle a rivelare i segreti industriali sul Wi-Fi alle aziende locali.

 

Il primo round si concluse con una vittoria occidentale: la Cina acconsentì a rimandare ‘indefinitamente’ l’adozione di un proprio standard, incompatibile con quelli attualmente utilizzati sui mercati occidentali e si impegnò a collaborare con l”IEEE (Institute of Electrical and Electronics Engineers) per modificare e perfezionare lo standard, adeguandolo allo standard WEP (Wired Equivalent Privacy) usato dalle compagnie occidentali.

 

Pare, tuttavia, che ‘indefinitamente’ in cinese equivale a due anni, poiché nel 2004 il governo di Pechino cominciò di nuovo a minacciare l’introduzione del WAPI, cercando di persuadere vari enti a dargli valenza di standard internazionale.

 

L’ultimo tentativo in ordine di tempo è stato con l’ISO – l’Organizzazione Internazionale per le Standardizzazioni – che però ha rifiutato al controverso sistema di codifica l’agognato riconoscimento di standard internazionale, preferendogli l’americano 802.11i, più affidabile, come base per protocolli WLan sicuri.

 

L’ISO non avrebbe comunque chiuso tutte le porte al WAPI, poiché molti suoi membri avrebbero espresso il desiderio di ‘armonizzare’ gli standard. 

 

Non siamo dunque al capitolo conclusivo di una vicenda che ha portato Cina e Usa a un lungo braccio di ferro, scatenando le proteste del governo e delle compagnie hi-tech americane e ponendo le basi di una battaglia tecnologica tra i due Paesi.

 

Il governo di Pechino cerca infatti di favorire il sistema di codifica e altre tecnologie locali (come il TD-SCDMA per i servizi 3G) per ridurre la dipendenza dai vendor stranieri e dare impulso competitivo alle società locali.

 

La Cina che dunque non si dà per vinta, ha anche rilanciato la sua campagna per promuovere lo standard locale, ritenuto molto più sicuro dell’802.11i, creando la WAPI Industrial Union che include tra i suoi membri Lenovo, Huawei e la Beijing Founder Electronics e 4 operatori telefonici.

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