Pedopornografia: Gonzales all’attacco. ‘Gli ISP conservino i dati degli utenti per 2 anni’

di Alessandra Talarico |

Stati Uniti


Pedofilia Internet

Qual’è potrebbe essere il metodo migliore per sconfiggere la pedopornografia online? Sicuramente, vista la gravità del problema, ci avrà pensato su parecchio il ministro della Giustizia statunitense Alberto Gonzales, prima di stabilire che il metodo migliore fosse quello di obbligare gli ISP a registrare le informazioni di tutti gli utenti così che il governo possa accedervi per stanare possibili pedofili.

 

La protezione dei minori è un obiettivo sacrosanto che va perseguito con il massimo delle forze, ma per muoversi in questo senso è  essenziale la collaborazione dei fornitori d’accesso, che di fatto non accettano mai di buon grado le ingerenze politiche nel modo di gestire il loro business.

 

Questo non vuole dire che gli ISP siano indifferenti al problema, né che Gonzales lo sia nei confronti della privacy dei cittadini americani, ma l’opinione pubblica americana – e mondiale visto che la gestione del web riguarda comunque tutti noi – soprattutto dopo l’11 settembre, trova sempre più difficile comprendere come mai il confine tra le libertà individuali e le necessità del governo stia diventando sempre più sottile.

 

Partendo dall’assunto che nessuno vuole che internet sia terreno di scorribande per pedofili e criminali di qualsiasi genere, bisogne ricordare che le richieste del Ministro arrivano in un clima già molto teso: dopo che – ad esempio – il ministero della Giustizia ha portato Google in tribunale per il suo rifiuto di fornire al governo informazioni dettagliate sulle ricerche effettuate attraverso il motore di ricerca, oltre a un elenco dei siti più richiesti più frequentemente.  

Rifiuto ancor più clamoroso dal momento che altri ISP avevano invece ceduto senza problemi alla richiesta.

 

La discussione tra il mondo politico e quello industriale è stata molto serrata negli ultimi mesi: in diverse occasioni questa estate il ministro della Giustizia e il direttore dell’FBI Robert S. Mueller hanno incontrato gli internet provider – Time Warner, AOL, Comcast, Google, Microsoft, Verizon Communications – che, da canto loro già conservano le informazioni per periodi però che non superano i 12 mesi.

 

Gonzales continua comunque a sostenere che le richieste del governo non intendono violare la privacy personale ma piuttosto stabilire le misure più efficaci in tema di prevenzione e repressione della pedopornografia online, fenomeno tragico e dilagante. Ma, dicono i maligni, ci sarebbe dietro l’intento di resuscitare il COPA, legge controversa per la tutela dei minori in Rete, bloccata dalla Corte Suprema proprio perché violerebbe il diritto alla libertà di espressione.

 

In ogni modo – ha dichiarato Gonzales –  quello della pedopornografia è un “problema che richiede una legge federale”.

Senza informazioni, nella fattispecie quelle in mano agli ISP, ha spiegato ancora il Ministro, “non si possono avviare i procedimenti” e dunque non si può combattere la pedofilia, né il terrorismo.

In Europa, in base alla direttiva approvata a febbraio, i dati del traffico telefonico e delle comunicazioni via Internet devono essere conservati per un periodo da  6 a 24 mesi, per dare alle autorità nazionali competenti la facoltà di avere accesso alle comunicazioni fra presunti criminali.

 

Legata solo a reati considerati ‘gravi’, la direttiva non riguarda i contenuti delle comunicazioni e prevede il diritto al risarcimento in caso di abusi per un trattamento illecito dei dati.

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