Relazione Agcom: crescono pubblicità e satellite. Non si può sostare nel guado, Tv digitale e qualità dei contenuti viaggino insieme

di Raffaella Natale |

Italia


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“Nell’antica Grecia la democrazia si realizzava in piazza, nell’agorà. La televisione è l’agorà del nostro tempo (…) con la peculiarità che i cittadini non possono replicare (…) l’effetto di un’affermazione artatamente suggestiva fatta in Tv non viene facilmente cancellato da trasmissioni diverse e successive”.

Questo, uno dei passaggi salienti della Relazione annuale dell’attività dell’Agcom, presentata stamani a Montecitorio dal presidente dell’Authority, Corrado Calabrò.

Un’affermazione che riconosce il grande potere della Tv e al contempo evidenzia la necessità di un’attenta opera di supervisione, come quella realizzata dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni atta ad assicurare “l’osservanza di criteri di adeguatezza, imparzialità, obiettività, pluralismo nelle trasmissioni d’informazione e nelle ‘finestre informative’ aperte in programmi di altro tipo”.

  

Calabrò è quindi passato a illustrare l’opera dell’Agcom, fornendo dati di mercato e illustrando gli interventi regolatori da parte delle Autorità nazionali ed europee. 

  

Nel comparto delle telecomunicazioni “ormai interagente con quello audiovisivo“, come evidenzia il presidente, l’Italia viene indicata in sede europea come un Paese d’eccellenza nella promozione di servizi a innovativo contenuto tecnologico.

La Commissione europea, nel suo ultimo Rapporto sullo stato delle comunicazioni elettroniche in Europa, sottolinea il ruolo leader dell’Italia nella telefonia mobile e nell’unbundling, ed evidenzia l’importanza delle misure pro-competitive adottate dall’Autorità che hanno, tra l’altro, consentito la riduzione dei prezzi di terminazione mobile e uno sviluppo della banda larga superiore a quello della media degli altri Paesi europei.

   

Siamo  – annuncia Calabrò con soddisfazione – al primo posto in Europa per diffusione dei servizi di telefonia mobile di terza generazione (UMTS), con 10 milioni di linee attivate. L’Italia è il primo Paese nel lancio commerciale della televisione in mobilità con tecnologia DVB-H; siamo nelle prime posizioni per la televisione su computer (IPTV). Gli utilizzatori di internet, in Italia, hanno superato i 28 milioni”.

  

Ma a fronte di questi ottimi risultati, l’Agcom sottolinea che “l’Italia stenta ancora ad appropriarsi, con un grande disegno di politica industriale, di tanta innovazione“. 

E spiega: “Servono politiche di localizzazione e incentivi agli investimenti per garantire che il nostro Paese non sia solo un grande mercato di telecomunicazioni ma anche una realtà capace d’integrare tutta la filiera produttiva: tecnologia, prodotti, servizi”.

A riguardo, ha commentato Calabrò, “condividiamo toto corde“, l’impegno del Governo a sostenere le nuove tecnologie digitali, fattore indispensabile per la modernizzazione del Paese, con l’adozione di misure volte a promuovere lo sviluppo delle connessioni in banda larga e a contrastare il digital divide.

  

Per quanto riguarda il mercato dell’audiovisivo dalla Relazione emerge che il 2005 è stato un anno di crescita del settore televisivo a livello mondiale, con un valore complessivo di circa 235 miliardi di euro, in aumento del 4,6% rispetto all’anno precedente.

In tale scenario, precisa Calabrò, “la pubblicità rappresenta ancora la principale fonte di finanziamento, ma l’incremento maggiore in termini percentuali si è avuto nella televisione a pagamento“.

   

L’Italia, che registra una marcata crescita del 7,7% del mercato televisivo, non si sottrae al processo di riconfigurazione del settore dovuto alla progressiva affermazione delle piattaforme multicanale. L’andamento del mercato denota come il peso dei ricavi della raccolta pubblicitaria – pur confermandosi ancora, con una percentuale del 56,7% la principale risorsa – stia subendo una flessione (nel 2004 tale percentuale era infatti del 58,9%).

  

Grande riconoscimento, da parte del presidente Calabrò, a Sky Italia, che “si consolida nel ruolo di terzo operatore televisivo con 3,9 milioni di abbonati”.

Alle offerte satellitari si affiancano, in concorrenza, quelle a pagamento diffuse sulla nuova piattaforma digitale terrestre. 

L’Autorità evidenzia che “l’incremento degli utenti della televisione digitale terrestre  favorito inizialmente dalla politica dei contributi statali ai decoder e dalla disponibilità di contenuti premium offerti in modalità a pagamento, colloca l’Italia al secondo posto in Europa”

Negli ultimi tempi però, sottolinea Calabrò, esauriti tali effetti, la crescita ha subito un deciso rallentamento, in mancanza di un’offerta apprezzabile di nuovi programmi in chiaro.

   

Il presidente ricorda con soddisfazione che l’assetto competitivo del settore è stato vivacizzato dall’ingresso di alcuni nuovi operatori – ad esempio il Gruppo L’Espresso; il gestore mobile 3 H3G -, nonché dall’affermazione di nuove modalità di fruizione dei contenuti televisivi.

  

Anche l’assetto duopolistico del mercato, in cui gli operatori storici Rai e Mediaset, detengono complessivamente l’85% dell’audience, è stato oggetto di analisi. L’Autorità ha ravvisato una posizione di dominanza congiunta di Rai e Mediaset nel mercato delle reti analogiche, dicendo d’essere “…ora in attesa delle valutazioni della Commissione europea. In questo quadro, l’Autorità ha messo in sequenza una serie di interventi”. 

   

Calabrò passa, quindi, all’enunciazione delle tre principali iniziative promosse nell’anno decorso.

E’ stato determinato il SIC (Sistema integrato delle comunicazioni) cui, com’è noto, è riferito il tetto del 20% (10% per Telecom Italia) per la raccolta di risorse economiche da parte degli operatori, e da cui si parte per la verifica del divieto di posizioni dominanti nei singoli mercati che lo compongono. 

Non è stata un’impresa semplice – ha riferito Calabrò – stanti l’eterogeneità, la polverizzazione e l’inafferrabilità di alcune componenti del coacervo da investigare”.

“Il risultato è importante, non tanto per il valore complessivo determinato (22,144 miliardi di euro per il 2005) quanto per l’individuazione delle singole componenti, delle quali si può così apprezzare il peso relativo (in particolare della radiotelevisione e della stampa) e l’afferenza o meno di alcune attività (ad es. la cosiddetta pubblicità esterna e le iniziative di comunicazione presso il punto vendita) alle finalità di tutela del pluralismo per le quali il SIC è stato voluto dalla legge”. 

  

Come promesso nella Relazione dello scorso anno, l’Autorità ha avviato il processo di riforma della rilevazione degli ascolti televisivi (l’Auditel). Si mira così a colmare una grave lacuna del sistema, estendendo a tutte le nuove piattaforme (digitale terrestre, satellite e cavo) la rilevazione degli indici di ascolto.

La società di rilevazione dovrà inoltre assicurare la partecipazione alla propria governance dei rappresentanti di tutti i mezzi trasmissivi. L’Autorità vigilerà sull’osservanza dei criteri metodologici definiti in collaborazione con l’ISTAT e sull’applicazione del proprio atto d’indirizzo nei tempi stabiliti.

  

La terza operazione, ha riferito Calabrò, riguarda la ricognizione sistematica del patrimonio frequenziale, d’intesa col Ministero delle Comunicazioni e col controllo, rispettivamente, delle Polizia postale e delle comunicazioni e degli Ispettorati territoriali del Ministero. 

“Si tratta di un’operazione di chiarificazione a tutto campo sull’attuale, effettiva appartenenza delle frequenze e sul grado e il modo (efficiente o meno) della loro utilizzazione: una verifica fondamentale sia per la disciplina del periodo transitorio sia in ordine alla riassegnazione, al momento dello switch-off, delle frequenze ridondanti o male utilizzate, sia per riflessioni di più ampio respiro”.

 

“Le frequenze – ha detto il presidente – sono una risorsa pubblica scarsa e limitata, della quale va assicurata la più efficiente utilizzazione, nell’interesse generale. E questo rimane vero pur dopo che, con meritoria azione, il Ministero delle Comunicazioni (supportato tecnicamente dall’Autorità), nella Conferenza di Ginevra dello scorso 16 giugno, è riuscito a ottenere l’assegnazione all’Italia di 3.943 frequenze, ch’è un numero maggiore di quelle che s’intendeva riconoscerci dopo decenni di incomunicabilità con l’ITU (International Telecommunication Union), ancorché minore del numero delle frequenze di fatto utilizzate (ma il passaggio alla tecnologia digitale consente una moltiplicazione per sei dell’utilizzabilità di ciascuna frequenza).

  

E proprio in riferimento alla nuova tecnologia di trasmissione radiotelevisiva, la Relazione Agcom evidenzia che il passaggio offre le premesse per un maggior pluralismo e per l’apertura del mercato a nuovi soggetti. 

“Le analisi svolte in tale mercato inducono – al momento – ad escludere la sussistenza di posizioni di dominanza nella televisione digitale, anche in virtù della sua dinamicità. Tuttavia, date le caratteristiche del sistema radiotelevisivo italiano, non è esclusa, in prospettiva, l’eventualità che anche nella nuova tecnologia possa riproporsi la configurazione di mercato duopolistico ravvisata nell’analogico”.

 

Ma quali regole devono valere per una transizione dal sistema analogico a quello digitale, che non precostituisca un’occupazione di campo quale si è verificata nell’analogico?

 

“È questa una domanda che postula una risposta non differibile – dice il presidente – dopo l’annuncio della messa in mora dell’Italia da parte della Commissione europea per violazione delle direttive comunitarie. La riflessione non può essere fatta se non a livello politico e quindi in Parlamento, trattandosi di materia riservata al legislatore primario.” 

 

Allo stato della legislazione vigente, Calabrò ricorda che l’Autorità, per il rafforzamento del pluralismo e della concorrenza, ha valorizzato l’obbligo di cessione del 40% della capacità trasmissiva a fornitori di contenuti, terzi e indipendenti. 

Per evitare accordi di comodo, l’Autorità garantirà il sistema con l’imposizione di criteri trasparenti e di orientamento al costo e con l’applicazione, per la scelta dei fornitori di contenuti, di procedure competitive presidiate dall’Autorità”. 

 

In ogni caso, nella Relazione l’Agcom sottolinea che “sarebbe errato attendere passivamente il momento dello switch-off per le iniziative da intraprendere da parte delle emittenti e per le regole da dettare”.

E a questo punto, Calabrò ricorda che “quando si decise che non erano ancora maturi i tempi per introdurre da noi la televisione a colori: l’Italia non è più salita sul treno in corsa di quella tecnologia dal quale era scesa”

Il presidente sottolinea con forza che “…non è controverso che la transizione debba essere completata in modo che sia assicurata l’universalità del servizio, ossia con una copertura del territorio nazionale tale da non privare nessuno della fruizione della televisione”.

Tuttavia  – aggiunge – c’è un periodo intermedio al quale non si può guardare con attendismo, come sta facendo la Rai. Il terreno si guadagna sul campo, non per decreto“. 

  

“Dobbiamo far sì che il periodo di transizione, caratterizzato dalla compresenza delle due tecnologie trasmissive e quindi da un uso inefficiente delle frequenze, sia il più breve possibile, assicurando il pluralismo. Non si può sostare nel guado; di ciò risentono massimamente le Tv locali, che non possono trasmettere in simulcast”.

  

Per l’Agcom è, quindi, il caso di programmare – realisticamente ma operativamente – uno switch-off progressivo, per reti e/o per aree geografiche. La guida di tale processo spetta al Governo. 

Uno dei pochi casi in cui è ammessa una politica pubblica di sostegno da parte degli Stati membri è proprio quello in cui le misure, rispettando la neutralità tecnologica, sono finalizzate alla riduzione del digital divide e all’accelerazione dello switch-off. La competizione avverrà sul piano dei contenuti”.

  

L’appello alla qualità evoca, inevitabilmente, il servizio pubblico radiotelevisivo e qui Calabrò non si risparmia.

“La Rai versa in angustie” ma, aggiunge, “non può scivolare giù per la china di un’offerta di minore qualità. Altre televisioni – e in particolare la BBC – offrono esempi interessanti di trasmissioni di qualità, sia generaliste che di nicchia; e le nicchie, talora, sono cenacoli”.

Calabrò precisa: “Alla ristrettezza delle risorse provenienti dal canone, non correlato all’andamento economico, fa riscontro l’ibridismo della sua struttura: troppo servizio pubblico per l’appetibilità commerciale; troppo commerciale per una produzione di qualità. Il tutto ingabbiato in un reticolo di norme a metà strada tra il pubblico e il privato (a volte dettate direttamente dalla legge) che ne imbrigliano l’operatività imprenditoriale“.

 

E per il presidente diventa quindi necessaria la separazione della contabilità, che rappresenta “un deciso passo avanti sul piano della trasparenza, finalizzato a una più funzionale riorganizzazione; la quale non può più essere rinviata”.

  

A queste critiche al servizio pubblico, a margine della presentazione della Relazione, il Ministro delle Comunicazioni, Paolo Gentiloni, ha commentato che si tratta di “…valutazioni dell’Autorità sulle quali il Governo certamente ha un atteggiamento di rispettosa presa d’atto”.

“‘Con l’Autorità – ha aggiunto il ministro – stiamo lavorando sul contratto di servizio e speriamo che anche attraverso questo si arrivi a raggiungere quegli obiettivi di migliore qualità del servizio pubblico che sono condivisi da tutti gli italiani”.

 

Gentiloni annuncia poi che entro i primi di agosto il Governo varerà con un Decreto la “Cabina di regia” che governerà la transizione da qui al 2012, data ormai probabile per il passaggio definitivo dalla Tv analogica al digitale terrestre. 

In questo senso, afferma il Ministro, “c’è una grande sintonia tra il Governo e i contenuti della relazione dell’Autorità delle comunicazioni”. 

Il feeling “deriva dal fatto che l’Autorità parla di regole che vanno in direzione dell’aumento della concorrenza e del pluralismo. E dimostra, dati alla mano, che queste regole, nei casi in cui sono state applicate, hanno favorito il consumatore finale, l’utente, in ultima analisi il cittadino”.

“La nostra impostazione – ha aggiunto – mi sembra sia stata pienamente riflessa dalle parole di Calabrò sulla necessità di puntare sui contenuti e di elaborare un piano coordinato, con la regia del governo, per gestire il periodo di transizione verso lo switch-off. È proprio quello che faremo, varando con un decreto, entro i primi di agosto, una cabina di regia di cui discuteremo con tutti gli operatori interessati e che sarà il luogo per governare la transizione da qui al 2012″.

  

Giuseppe Giulietti, deputato dell’Ulivo, ha commentato: “Propongo al Governo che si valuti l’ipotesi di recepire letteralmente le indicazioni contenute nella relazione di Calabrò in un Decreto legge”. 

“Quella tenuta dal presidente dell’Authority, Corrado Calabrò – dice Giulietti – è stata una relazione molto attenta all’interesse generale e alla libertà dei mercati. In particolare si è soffermato su un tema, l’Italia ha un mercato piccolo e chiuso nel settore delle comunicazioni e dell’audiovisivo e nella nuova tecnologia digitale c’è nuovamente una posizione dominante di Mediaset e Rai che già si era configurata nella Tv tradizionale. Il Garante ha inoltre detto che la segnalazione fatta ieri dell’Unione Europea è fondata e chiede al Parlamento di intervenire con urgenza affinché non si formi una posizione dominante che già c’è , lesiva di tutti gli altri operatori e soprattutto dei cittadini consumatori. A questo punto io ritengo che ci siano i requisiti dell’urgenza per impedire con un Decreto legge una distorsione del mercato in progressivo peggioramento”.

 

Sergio Bellucci, Responsabile dipartimento comunicazione e innovazione di Rifondazione Comunista, asserisce: “Ora serve il coraggio di seguire le indicazioni che vengono dall’Europa. La Relazione del presidente Calabrò ha sottolineato alcuni nodi del sistema della comunicazione italiana, ma questi nodi è arrivato il momento di affrontarli politicamente. La maggioranza – ha proseguito Bellucci – deve prendere ispirazione dal documento programmatico presentato ai cittadini per le elezioni e, assumendo con convinzione l’assunto che la comunicazione è un bene comune, prospettare la rottura di monopoli e la moltiplicazione delle possibilità per il pluralismo informativo e comunicativo“.

 

Appare soddisfatto della Relazione, l’ex Ministro delle Comunicazioni, Maurizio Gasparri, autore della controversa legge 112 che riforma il sistema radioTv.

Capisco – ha detto Gasparri – la smania omicida della sinistra che non vede l’ora di fare piazza pulita di tutte le cose giuste fatte dal Governo di centrodestra, ma ostinarsi a interpretare a modo proprio la relazione annuale dell’Authority è irrispettoso del lavoro del Garante“. 

“La relazione del presidente Calabrò è chiara quando sottolinea che la Legge di riforma del sistema radiotelevisivo ha sancito l’avvio di un grande processo di modernizzazione”. 

  

Nella Relazione, commenta l’ex Ministro, “si evidenzia giustamente un insufficiente sforzo della Rai che negli ultimi tempi sta venendo meno al proprio dovere di locomotiva del processo di transizione. Calabrò evidenzia anche la possibilità di aiuti pubblici non incompatibili con le regole europee se destinati a favorire una più rapida diffusione territoriale della televisione digitale terrestre”. 

Chi dovesse insomma “attaccare con intenti restauratori le norme vigenti – avverte Gasparri – compirebbe un gravissimo errore, contrario agli interessi di una nazione come l’Italia che grazie all’impegno degli anni passati ha conquistato una posizione di eccellenza che non deve perdere affatto”.  

E’ per questo che, nonostante tutti gli attacchi subiti – dice Gasparri – la Legge resta un caposaldo destinato a resistere alle critiche”.

“Il documento, d’altra parte, evidenzia con chiarezza tutte le novità subentrate con l’approvazione della riforma: nel mercato – afferma Gasparri – ci sono nuovi operatori televisivi, gli operatori principali hanno l’obbligo di cedere il 40% della capacità trasmissiva nel digitale terrestre, il che dall’Authority viene considerata una grande opportunità, e inoltre è indicata, come io stesso da Ministro ho più volte sottolineato, come assoluta la necessità di operare con rapidità il passaggio dalla televisione analogica a quella digitale terrestre“.

“Il dibattito in atto – ha concluso Gasparri – sulla base delle sollecitazioni dell’Unione europea, non può e non deve mettere in discussione un grande progresso tecnologico che anche l’Autorità per le Comunicazioni invita a realizzare con celerità”.

  

A dare man forte all’ex Ministro Gasparri arriva il presidente di Mediaset, Fedele Confalonieri, che ribadisce la posizione dell’azienda sulla lettera di messa in mora inviata dalla Commissione Ue al Governo italiano per i rischi che il duopolio Rai-Mediaset possa trasferirsi anche nel nuovo mercato del digitale terrestre.

“Si sono tutti scandalizzati – ha commentato Confalonieri – ma la procedura dell’Unione Europea non riguarda la Legge Gasparri, bensì il passato”

“Hanno detto che ci tolgono la pubblicità – ha detto – ma in realtà l’iniziativa europea riguarda il trading delle frequenze, che era già previsto nella Legge 66 del 2001, varata all’epoca del Governo di centrosinistra guidato da Amato”.

 

Molto soddisfatto è apparso Tullio Camiglieri, responsabile della comunicazione di Sky Italia, che ha raccolto gli apprezzamenti del presidente Calabrò, quando ha attribuito alla piattaforma satellitare un ruolo da terza forza nel mercato televisivo italiano,

“Un bel risultato – ha sottolineato – un bel riconoscimento dopo tre anni di presenza in Italia”.

Su questo aspetto, Camiglieri precisa: “Siamo un’offerta complementare e non concorrente alla Tv in chiaro: diciamo che siamo la realtà più importante nel panorama della Tv a pagamento”.

  

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