Coreografie del potere: dietro la Relazione Agcom…s’ode qualche tamburo di guerra!

di di Angelo Zaccone Teodosi (Presidente Istituto italiano per l’Industria Culturale) |

Italia


Angelo Zaccone Teodosi

Una Relazione elegante ma che annuncia sommovimenti, verrebbe da titolare: va dato atto al Presidente dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, Corrado Calabrò, di aver proposto una efficace, cortese ma puntuta, presentazione della Relazione annuale sull’attività svolta e sui programmi di lavoro.

Senza dubbio più interessanti le sue 28 pagine di presentazione, che il volume, come sempre corposo ma privo di approccio critico (con le solite fonti, e quasi ritualmente riprodotte, da Idc a Nielsen). Quest’anno, la Relazione è stata redatta senza l’apporto consulenziale esterno dell’Isimm, ma non si notano particolari differenze strutturali rispetto alle edizioni precedenti, né miglioramenti né peggioramenti.

 Lo stile di Calabrò si distingue, rispetto all’impostazione più burocratica del suo predecessore Cheli: d’altronde, va ricordato che Calabrò è sì un giurista dalla lunga carriera, ma è anche un apprezzato scrittore e poeta e abbiamo certezza che la presentazione è stata stilata proprio di suo pugno (il che non sempre accade, anche a livelli istituzionalmente così prestigiosi, in quest’Italia affollata di “ghost writer“).

Ci piace enfatizzare positivamente l’aspetto stilistico, formale, retorico della presentazione, piuttosto che quello contenutistico, comunque apprezzabile.

Per chi frequenta, da molti anni, i luoghi (pubblici) ove il potere mediale (si) rappresenta, finisce infatti talvolta per apparire più importante l’aspetto scenografico-coreografico, piuttosto che quello contenutistico.

Esiste infatti una “ritualità” del potere e delle sue rappresentazioni: nelle centinaia di convegni e seminari che abbiamo avuto chance di frequentare nel corso di quasi vent’anni di attività professionale, ritroviamo la stessa “compagnia di giro” da sempre, una sorta di simpatico “carrozzone mediatico”, nel quale i nuovi entranti sono in verità rari (ed anche questo è sintomatico della staticità conservativa dell’assetto mediale del Paese). A quel punto, talvolta, l’osservazione di alcuni “movimenti” (chi saluta chi, e come…) e di alcune dinamiche “prossemiche” (uno sguardo, un tono di voce…) assume più importanza della parola, scritta o letta o detta che sia. Una sola battuta può finire per significare di più di due pagine di testo pseudo-tecnico.

La presentazione annuale avviene nella Sala della Lupa della Camera dei Deputati, uno spazio bello e classico, ma deficitario di impianto di climatizzazione adeguata. Per cui, ogni anno, a fine luglio, si riproduce il rito di un uditorio sudato e stremato, con le copie delle relazioni utilizzate a mo’ di ventagli.

L’osservatore sano di questi eventi (cioè non abituato), si domanda: “ma come è possibile?“. Il giornalista neofita, poi, si domanda: “ma come è possibile che non si organizzi, in modo decente, una conferenza stampa, uno speaker’s corner adeguato?“.

Sudati fino all’inverosimile, Calabrò ed il Ministro Paolo Gentiloni si ritrovano sotto una selva di microfoni e telecamere, Marco Tronchetti Provera inseguito da giornalisti scalpitanti…. Il tutto, in un bagno di sudore che non risparmia i vestiti eleganti.

Una dinamica indegna di un Paese civile.

In tutto questo, Calabrò ha presentato una relazione ben scritta, elegante nel testo, e, pur con un eloquio non eccitante, l’ha talvolta arricchita di qualche battuta, rendendo il tutto meno noioso e pesante e pedante del solito. Al suo fianco, i componenti dell’Autorità, maschere silenti come nei soviet.

La novità vera è una: sintonica con il Governo di centro-sinistra, abbiamo a che fare con un’Agcom che sembra voler disotterrare l’ascia di guerra (la troverà, nascosta nei meandri delle sabbie burocratiche delle precedenti gestioni?) ed aggredire l’esistente (i soggetti “dominanti”) nel nome dei diritti dei consumatori e degli utenti. Avremo a che fare con un’Agcom che descrive lo scenario delle telecomunicazioni in modo complessivamente positivo (vantandosi degli apprezzamenti della Commissione Europea), ma che lamenta l’assenza di un piano industriale strategico per il sistema-Paese, e che concentra le invece le proprie osservazioni critiche sul sistema dei media, in particolare sulla Rai (quasi a voler suggerire al Ministro una “agenda” possibile), troppo commerciale per essere pubblica e troppo pubblica per essere commerciale, ha ironizzato Calabrò.

Punto centrale, a parer nostro: l’invito di Calabrò, alle “menti creative” del Paese, affinché si sforzino di ideare e produrre contenuti per le vecchie e soprattutto le nuove piattaforme. Altrimenti l’habitat digitale, per esempio, finirà per riprodurre l’esistente.
Ennesima “fotografia”.
Apprezzabile invito, ma, ad oggi, a quanto ci risulta, nessuno sta lavorando a nuove norme che possano stimolare questa creatività, nel cinema, nell’editoria, nell’audiovisivo.

Un piccolo dettaglio ci ha colpito, e lo riteniamo sintomatico. Calabrò ha fatto propria una espressione, che ha attribuito a Fellini: “un’emozione non si interrompe“. Il Presidente si è riferito specificamente alla limitazione del numero di spot nelle partite di calcio ed alla limitazione degli sbalzi sonori negli spot televisivi, ma il senso della citazione va oltre. Calabrò ricorda, certamente, peraltro, che quella frase divenne un pugnace slogan (di battaglia, giustappunto) di Veltroni ed altri esponenti del Pci-Pds, nello scontro (epocale) sulla interruzione pubblicitaria del film cinematografici teletrasmessi (ricordiamo ancora lo scomparso critico cinematografico del Partito Socialista, Lino Miccichè, in una affollata assemblea, che strappò la tessera del suo partito per aderire al Pci, piangendo per il trauma…): “non si spezza una storia, non si interrompe un’emozione“.  

Fu quello slogan ad incendiare le sedute parlamentari, ai tempi della legge Mammì (1990), sintetizzando l‘emendamento finalizzato a limitare l’inserimento pubblicitario solo tra un tempo e l’altro dei film.

Insomma, Calabrò cita graziosamente uno slogan partitico, sul quale – se volessimo giocare con la retorica – l’Italia si è divisa a metà (e crediamo ancora lo sia: ricordiamo i referendum in argomento…). Si tratta di una piccola caduta di stile, per un presidente “super-partes”? Piuttosto crediamo che si tratti di un segnale esplicito di sintonia tra Agcom ed Esecutivo… Non a caso, il Ministro Gentiloni ha commentato la relazione sostenendo che “la sintonia deriva dal fatto che l’Autorità parla di regole che vanno nella direzione della qualità e del pluralismo, e dimostra che le regole, quando vengono applicate, vanno in direzione della tutela degli interessi del cittadino consumatore“.

Nello stesso giorno, il Ministro Gentiloni ha annunciato che il provvedimento per la riforma della vendita dei diritti tv sul calcio potrebbe andare domani al Consiglio dei ministri: “E’ possibile ma oggi sono ancora in corso riunioni tecniche per mettere a punto il provvedimento“. Rispetto all’ipotesi che si torni alla vendita collettiva dei diritti, il Ministro si è detto possibilista.

A margine della presentazione, Gentiloni ha ribadito l’intenzione del Governo di modificare la legge Gasparri , rispondendo così anche alla procedura di infrazione che la Ue ha aperto nei confronti dell’Italia: “La procedura prevede che i governi che la ricevono abbiano 60 giorni di tempo per rispondere“. Tempi che il governo intende rispettare, agendo anche sul “piano politico”.

Il Ministro ha detto chiaramente che il Governo intende “presentare presto un disegno di legge di modifica della Gasparri che va nella direzione espressa dall’Autorità“.

Il Presidente di Mediaset, Fedele Confalonieri ha ribadito la posizione dell’azienda sulla bocciatura della Commissione Europea sulla legge Gasparri: “Si sono tutti scandalizzati, ma la decisione di Bruxelles non riguarda la Gasparri. Riguarda invece il trading delle frequenze, che era già stato consentito dalla legge 66/2001 approvata dal governo Amato“.

E’ un problema grosso“, comunque, ha commentato Calabrò, l’avvio della procedura d’infrazione: “Se fossi il legislatore, mi preoccuperei“.

La Commissione di Bruxelles, ha sottolineato il Garante, “ha avuto un approccio garbato, ‘soft’, che lascia spazio a repliche e considerazioni. La lettera di messa in mora, però, riguarda tutto il sistema televisivo italiano, come è stato definito dalla legge 66/2001 del governo Amato e dalla successiva legge Gasparri. Bisogna ora vedere come il Parlamento valuterà le osservazioni della Commissione europea. Come Autorità garante, possiamo fornire il nostro contributo tecnico, oltre a fare il possibile per migliorare il mercato. Le decisioni finali spettano al Parlamento“.

L’estate si avvicina, ma, come ha scritto/letto il Presidente Calabrò: “no, non è ancora tempo di vacanze per il regolatore (regulatory holidays, n.d.r.). Una efficace battuta, un esplicito doppio senso. I modi saranno senza dubbio “soft”, eleganti e cortesi e garbati (alla Gianni Letta ?!?), ma i segnali che l’Autorità ed il Governo continuano a lanciare sembrano discretamente bellicosi: si assisterà realmente, nei prossimi mesi, ad una “rivoluzione” dell’assetto del sistema mediale italiano?

Manteniamo un enorme scetticismo (esperienziale: quante cronache di rivoluzioni annunciate abbiamo visto morire, nella camaleontica Italia?!?), ma staremo a vedere.

Un dato per tutti: pur animata dalle migliori intenzioni, un’Agcom così com’è (così com’è stata, dalla istituzione) si rivelerà nella materiale incapacità/impossibilità di “regolare”, essendo priva di risorse economiche, professionali, tecniche, adeguate alla “mission” che pure gli è stata imposta, da anni, dalla legge istitutiva.

Calabrò è stato squisito: ha addirittura ringraziato gli operatori del settore, che contribuiscono – ex lege – al finanziamento dell’Autorità, ma crediamo che la decisione di dotare Agcom di risorse adeguate debba essere assunta, presto e con coraggio, dall’Esecutivo. Altrimenti, ci troveremo di fronte ad un ennesimo (bel) canto di pie intenzioni.

(ha collaborato Adriana Migliucci)

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