Rapporto Assinform 2006. L’Italia non investe in IT, ma talenti e capacità italiane possono promuovere lo sviluppo

di di Ennio Lucarelli ( Presidente Confindustria Servizi Innovativi e Tecnologici) |

Riportiamo di seguito l'intervento di Ennio Lucarelli, Presidente Aitech-Assinforn, alla presentazione del Rapporto Assinform 2006, Roma, 20 giugno 2006

Italia


Ennio Lucarelli

Saluti ai relatori, alle autorità, ai docenti, ai giornalisti e ai tanti appassionati/interessati di nuove tecnologie e di ICT, che ogni anno partecipano numerosi alla presentazione del Rapporto Assinform, ai manager ed ai colleghi imprenditori ospiti e associati; questa occasione rappresenta l’assemblea del settore.

Quest’anno le presenze sono molto importanti e numerosissime. Abbiamo avuto oltre 1500 fra conferme ed adesioni online; siamo certi che sono molti di più quelli che, nelle prossime settimane, scaricheranno i documenti disponibili sul nostro sito e navigheranno sul sito dedicato al Rapporto Assinform, in cui pubblicheremo anche gli abstract degli interventi di organizzatori ed ospiti.

E’ la prima volta che il Rapporto “Assinform” viene presentato dopo la fusione fra ANASIN ed ASSINFORM, che ha fatto nascere in casa Confindustria la grande associazione d’Information Technology, resa ancor più autorevole dall’adesione nelle sue fila di tutte le principali aziende IT italiane ed internazionali.

Grazie al Ministro Luigi Nicolais e al Sottosegretario di Stato Beatrice Magnolfi, all’Assessore alla semplificazione amministrativa del Comune di Roma Mariella Gramaglia, ai politici ed alle autorità che con la loro presenza confermano il loro impegno per la modernizzazione del Paese e la loro convinzione nella leva dell’ICT per raggiungerla.

Per la prima volta presentiamo il Rapporto in contemporanea a Roma e Milano per sottolineare un’alleanza fra le due città, che auspicavamo da tempo, che abbiamo proposto in questa occasione, e che i due Sindaci Veltroni e Moratti hanno avviato proprio nei giorni scorsi sull’importantissimo tema della candidatura unica dell’Italia alle olimpiadi 2016.
Che circostanza fortunata. Grazie, siamo convinti che questa loro decisione sarà particolarmente importante per l’Italia, per le due regioni e per l’Information Technology italiana, che trova in Roma e Milano, per ragioni diverse, un habitat di sviluppo particolarmente favorevole.

Introduzione
La conoscenza che l’Associazione ha maturato del suo settore, le tante testimonianze degli imprenditori, che partecipano allo sviluppo dell’IT in Italia ed all’estero e lo studio dei Rapporti degli ultimi anni fino al 2006 ed i commenti ai dati che ne emergono, ci portano, in apertura, a sottolineare il fatto che il tessuto imprenditoriale e professionale italiano è assolutamente idoneo allo sviluppo delle attività informatiche e innovative.
Non mancano, infatti, i talenti individuali, le capacità inventive e la creatività imprenditoriale, caratteristiche chiave per eccellere su questo terreno. Così come non mancano importanti esempi di produzioni di tecnologie, prodotti e servizi avanzati nei campi più disparati (Telefonia mobile, Spazio, Difesa, Sistemi di comando e controllo, Sicurezza, Contenuti digitali, Industrie, Banche e Terziario, Servizi ai cittadini), di scuole d’eccellenza, di progetti innovativi fra pubblico e privato, a cui va aggiunta la significativa presenza di tutti i grandi operatori internazionali dell’innovazione tecnologica.

L’European Innovation Scoreboard relativo al 2005, (classifica annuale della Commissione Europea sullo stato dell’innovazione nei diversi paesi Ue), nonostante valuti l’Italia come uno dei paesi con la perfomance sull’innovazione più bassa nell’Europa a 15, collocandolo in dodicesima posizione, sottolinea non solo che le nostre migliori perfomance emergono nella creazione di conoscenza e nelle applicazioni dell’innovazione, ma che siamo un popolo vorace di tecnologie, con una grande fame d’innovazione, soprattutto le famiglie e gli utenti finali. Consumiamo a ritmi sostenuti prodotti e servizi innovativi, mentre la domanda in Ricerca & Sviluppo, sia pubblica che privata, è in crescita costante dal 1998, anche se a tassi non troppo elevati.

Eppure il nostro Paese si trova da tempo ai margini del processo internazionale di produzione e di sviluppo della tecnologia, in particolare dell’Information Technology (Prima slide).
L’Italia pensa, ricerca, qualche volta inventa, ma poi si ferma. Non produce innovazione, compra e applica quella prodotta dagli altri. Il rosso costante della bilancia dei pagamenti dell’IT ne è un testimonianza evidente. Nel 2005 il deficit è stato di 718 miliardi di euro, con un peggioramento del 38% rispetto all’anno precedente e sempre crescente negli ultimi 3 anni. L’Italia è, dunque, un grande importatore di tecnologie e servizi informatici, con scarsa presenza sui mercati internazionali.

Perché questo blocco, perché non andiamo avanti nel processo che dalle nuove idee porta fino ai prodotti e alle soluzioni innovative?
E’ una domanda questa che non possiamo più permetterci di eludere, di fronte al nuovo ciclo di espansione dell’economia mondiale, ripartito proprio grazie all’uso intensivo dell’innovazione tecnologica.
Ed è una domanda le cui risposte si trovano nelle enormi difficoltà: a modernizzare il Paese – dalla Pubblica Amministrazione agli ordini professionali, dalle infrastrutture all’università, dalle imprese a tutto il sistema formativo; a liberarlo dai mercati protetti e dai corporativismi, dalle rendite di posizione che indeboliscono le imprese e che rappresentano scorciatoie tentatrici per evitare di doversi confrontare con i mercati internazionali.

La Domanda

Il Rapporto Assinform bene evidenzia il fatto che oggi la domanda mondiale dell’ICT cresce a ritmi più sostenuti dell’economia mondiale e il suo motore (anche nelle stesse TLC) è proprio l’IT (Seconda slide).
Il nuovo ciclo di espansione è spinto da massicci investimenti in IT, da parte delle imprese statunitensi e giapponesi alla ricerca di maggior competitività, da parte delle Pubbliche Amministrazioni dei paesi del nord Europa impegnate a migliorare i servizi al cittadino e le perfomance del welfare e, a ritmi ancor più accelerati, dalla corsa allo sviluppo dei paesi asiatici, con in prima fila Cina e India. Questi ultimi, oltre ad essere paesi fortemente consumatori di nuove tecnologie, stanno diventando sistemi economici leader nella produzione di tecnologie e servizi ICT.

La stretta relazione fra investimenti in IT e crescita del PIL è evidente. Al contrario in Italia la crescita dell’IT è molto modesta ed abbiamo un PIL quasi fermo. Dopo un 2004 in sia pur lieve diminuzione (-0,4%), la nostra Information Technology ha registrato nel 2005 un lieve incremento dello 0,9%; il trend 2006 presenta un +1,2%: è qualcosa, ma è ancora troppo poco, a fronte di un mercato IT che negli Usa cresce al ritmo del 5%, in Europa del 3,5% e in Cina siamo addirittura sull’ordine del 20%!

Ecco cosa dice il Rapporto Assinform: l’Italia non si sviluppa e la sua economia non cresce, perché non innova, non investe in IT, non chiede soluzioni a misura delle proprie imprese e pubbliche amministrazioni, a partire da ciò che di meglio si trova nell’offerta internazionale.
Siamo agli ultimi posti mondiali per investimenti fissi, con un’area euro che nel 2005 ha visto salire i suoi investimenti del 2,1%, mentre i nostri sono precipitati a -0,6%.

E la Commissione Europea incalza: scarsa qualità della formazione universitaria e della formazione continua, bassi livelli di cooperazione fra i soggetti interessati all’innovazione, difficoltà del venture capital e, soprattutto, i bassi livelli d’investimenti in IT da parte delle imprese e della pubblica amministrazione, ben al di sotto della media europea, sono alla base della debolezza innovativa del nostro Paese.Ora ci troviamo di fronte a una paventata manovra di finanza pubblica tra i 20.000 e i 40.000 miliardi di euro, oltre alla possibile ascesa dei tassi d’interesse.

Gli investimenti pubblici in IT (3.000 mln di )

La spesa pubblica centrale (1.650 mln di )
Signor Ministro, avanti con una finanza pubblica del risparmio e del rigore, ma non si tagli sugli investimenti! Al contrario, la spesa pubblica per gli investimenti va potenziata il più possibile: è una spesa produttiva, generatrice di sviluppo, soprattutto quella in informatica e nelle soluzioni/applicazioni che facilitano la produttività e l’efficienza delle organizzazioni e dei servizi.

Un approfondimento condotto dalla nostra Associazione evidenzia che siamo agli ultimi posti in Europa, con un rapporto tra spesa IT della Pa e il Pil, che ci colloca in 15° posizione. A questo si aggiunge il fatto, grave, che, la Finanziaria 2006, sui capitoli relativi all’informatica nella Pubblica Amministrazione Centrale, prevede una netta diminuzione rispetto al 2005, che per le spese correnti è del 30 % e per gli investimenti il decremento è ancora maggiore, dell’ordine 39%.

Già oggi la nostra Pa spende 51,3 euro in informatica per abitante, rispetto ai 147 euro spesi dall’amministrazione pubblica del Regno Unito per ogni suddito britannico, ai 96 euro dell’Olanda, agli 86 euro della Francia, ai 72 della Germania, ai 63 dell’Irlanda fino ai 56 euro spesi dalla Spagna (con un trend di crescita nel 2005 del 6%). Quale sarà la qualità delle procedure e servizi pubblici dopo un’ulteriore diminuzione dell’apporto tecnologico?

Si capisce che è più semplice tagliare la spesa per investimenti che quella corrente, ma sappiamo tutti che è quest’ultima il maggior aggregato fuori controllo, quella dove il processo di razionalizzazione non è mai riuscito a incidere in modo significativo. Non solo la Pubblica Amministrazione italiana spende poco e male in tecnologie informatiche, ma la frammentazione e la duplicazione delle spese, il continuo ritardo che segna i tempi dei grandi progetti, l’incertezza sulle risorse destinate – cui si aggiunge il fenomeno endemico del grave ritardo nei tempi di pagamento delle commesse, con il rischio di tagliare fuori le piccole e medie imprese dell’IT, troppo “deboli” da un punto di vista finanziario – non consentono di valorizzare né in termini di qualità di risultati, né in termini di sviluppo tecnologico, l’impiego dei già scarsi fondi disponibili.

La domanda pubblica locale (1.350 mln di ) e il fenomeno crescente dell’in house, soprattutto a livello locale (650 mln di )
Allo stesso tempo, come dato quasi paradossale, una parte sempre più rilevante della spesa pubblica in IT è assorbita dalla stessa PA. Una recente indagine di AITech-Assinform ha messo in evidenza come le aziende d’IT a capitale pubblico con “contratti in house” arrivino oggi a coprire il 46% della domanda pubblica a livello locale e il 20% della domanda dell’Amministrazione Centrale.

E’ questa la via per il risparmio e lo sviluppo? Quella, cioè, di destinare ingenti risorse pubbliche alla creazione di un consistente segmento di mercato protetto generato dal ricorso esponenziale all’affidamento in house a società pubbliche costituite ad hoc?
Pur rendendoci conto delle diverse storie e condizioni che caratterizzano tali iniziative, crediamo di no.

Sono molti gli autorevoli esponenti istituzionali, che già nel passato si sono impegnati con convinzione sul fronte delle liberalizzazioni e della concorrenza e che oggi ci confortano in questa convinzione: il Governatore Draghi, il Presidente Catricalà, il Presidente ed i ministri competenti sulla materia dell’attuale Governo, parte dell’opposizione politica.

Questo nodo va sciolto. Non auspichiamo la creazione di barriere tra pubblico e privato, ma lo stabilirsi di un quadro di cooperazione basato sul disegno netto dei diversi ruoli, responsabilità e competenze.
Ben speriamo, ma guarderemo ai risultati, come spesso afferma il Presidente Montezemolo, che oggi ci ospita.

Signor Ministro, come Lei ben sa, la domanda pubblica qualificata di servizi innovativi rappresenta uno dei più importanti strumenti d’innovazione delle moderne economie. Essa, infatti, costituisce uno stimolo potente per lo sviluppo di un’offerta qualificata e competitiva che, data la difficile situazione della finanza pubblica, non andrebbe assolutamente sprecata come fattore di rilancio dell’economia italiana.

Gli investimenti delle imprese in IT (15.500 mln di )
Telecomunicazioni e spazio aumentano i loro investimenti IT più degli altri (+3%), seguiti da Distribuzione + Terziario (+2% medio), e da Banche + Assicurazioni (quasi +0,6%).
Quanto succede fa ben sperare, ma i margini di miglioramento sono enormi in considerazione del recupero di competitività che tutti i grandi erogatori di servizi debbono affrontare.

Un altro malato che richiede cure IT ad hoc è l’industria: -1,7% di spesa nell’IT nel 2005.
I rimedi debbono prendere atto che le grandi industrie diminuiscono, i distretti industriali cambiano, i brand globali italiani sono richiesti sui mercati internazionali, ma non si sono ancora adattatati in maniera diffusa alla globalizzazione, i nuovi modelli di business richiedono prodotti e servizi sempre più integrati fra di loro per aumentare il valore e la competitività dell’offerta complessiva.

IT in favore dei cittadini italiani (900 mln di )

Nuovi servizi, welfare, salute, sicurezza, risparmio energetico rappresentano nuove opportunità per il settore IT, in cui pubblico e privato hanno obiettivi comuni da raggiungere, con una domanda ancora piccola, ma con il maggiore trend di crescita (+6,3% nel 2005, ancora in aumento rispetto al 2004). In queste aree va ricercata la compartecipazione economica e finanziaria di capitali pubblici e privati.

Risorse umane, qualità professionale e ricerca nell’IT

Rappresentano i fattori che più di ogni altro possono dare qualità e competenza scientifica ad ogni impegno d’impresa, ricercando nuove sinergie e una collaborazione più stretta con l’università.
Ringrazio le due principali associazioni dei docenti italiani d’informatica , il GII ed il GRIN, nelle persone dei loro Presidenti professori Aniello Cimatile ed Enrico Nardelli, per
la loro condivisa convinzione di quanto sia importante una stretta collaborazione tra mondo universitario ed imprese dell’Information Technology e per le iniziative concretamente avviate, delle quali presto presenteremo i principali risultati.

Il primo obiettivo, che ispira questo lavoro congiunto, è riconducibile alla valorizzazione del capitale umano e della professionalità di chi opera nell’IT attraverso la costituzione di standard condivisi di mercato.
Valorizzazione che passa attraverso la formazione universitaria, affinché sia sempre più focalizzata sulle dinamiche ed evoluzioni della tecnologia e del mercato.

La definizione in ambito europeo dei modelli di descrizione, classificazione e riconoscimento delle competenze e dei profili dei professionisti dell’IT, con la conseguente e necessaria capacità di certificarle – lavoro cui l’Italia e le nostre associazioni hanno dato un forte contributo – ha facilitato, in Italia, una intensa collaborazione tra accademie ed imprese aderenti ad Aitech-Assinform nella condivisione di competenze e profili professionali all’interno dei percorsi universitari.

Altre tappe importanti per l’IT italiano sono date dall’avvio di ricerche comuni fra università e imprese per far nascere applicazioni sviluppate in Italia nell’informatica, un’industria capace di valorizzare al meglio il nostro patrimonio di conoscenze proiettandolo nel mercato dell’innovazione.

L’ IT che si sviluppa in Italia

Noi imprenditori che operiamo in Italia dobbiamo avere l’ambizione e il coraggio di partecipare allo sviluppo tecnologico internazionale con nostri prodotti e tecnologie. Di questo si tratta: di non autolimitarsi, di non accettare alcuna marginalità, di uscire dalla logica subalterna e di pensare alla possibilità di una rinascita culturale, di una crescita economica e di competitività (Terza slide).

In tutte le aree prima delineate, l’informatica che si sviluppa in Italia, sia nazionale che internazionale, ha grandi opportunità da cogliere, che rappresentano occasioni di rilancio sia in Italia e per l’Italia sui mercati esterni.
E’ vero che abbiamo perso molti treni dello sviluppo tecnologico, e questi non vanno rincorsi.
Bisogna riconoscere che il nostro paese ha subito distacchi nel settore hi-tech difficilmente colmabili, per superare i quali occorrerebbero tempi lunghi e ingenti risorse (pensiamo all’hardware, ma pensiamo anche al software di base e agli attuali strumenti per l’IT).

Abbiamo, invece, la possibilità di salire su treni dell’innovazione che ancora non hanno esaurito la loro corsa, o che addirittura aprono nuovi scenari, ieri impensabili: i grandi sistemi di comando, controllo e logistica da applicare alla protezione civile, alla gestione dei grandi eventi, alle emergenze, alla mobilità, alla sicurezza; i grandi sistemi per migliorare l’efficienza dello Stato, dalla interoperabilità delle grandi banche dati alla privacy e ai servizi ai cittadini; la tutela e la valorizzazione delle risorse del Paese: ambiente, energia, turismo, storia e cultura.
Nel 2005 queste opportunità hanno rappresentato i due terzi della domanda nazionale e valori equivalenti della domanda internazionale dei paesi più evoluti.

Il rapporto Assinform indica che esiste qualcosa di molto interessante e concreto a questo riguardo: nei servizi professionali dell’IT, nel software applicativo, nello hardware specialistico i mercati italiani ed esteri offrono ampi spazi di manovra. Questi sono alcuni dei treni sui quali le imprese italiane possono salire subito ed esprimere eccellenza e capacità competitive. Sono anche i treni che ci permetteranno di offrire risposte qualificate e innovative ai problemi di modernizzazione del Paese.

Servizi, tecnologie e software applicativo sono prodotti tecnologici che incorporano più di altri conoscenza, creatività ed esperienza, quelle qualità, cioè, che la stessa comunità internazionale ci riconosce come patrimonio di livello straordinario.
Ma per questo dobbiamo attrezzarci, abbiamo delle debolezze strutturali da superare. Il settore è troppo frazionato:
25.000 società di capitali (con mediamente 10 addetti), mentre l’80% del fatturato e un terzo della forza lavoro sono concentrati nelle mani delle prime 200 grandi imprese. Con questo assetto non si va lontano.

E’ indispensabile fare salti di qualità organizzativi e promuovere la crescita dimensionale delle nostre imprese; ma tutto ciò verrà, se riusciremo ad ampliare gli orizzonti di mercato dell’IT italiano.

Conclusioni

  1. In Italia esistono i talenti e le capacità necessarie per partecipare allo sviluppo dell’IT mondiale;

  2. Investire in IT serve a far crescere e migliorare il Paese ed è necessario per non aumentare il ritardo con gli altri paesi europei;

  3. Ampliare la concorrenza in IT nel Paese è una condizione strutturale indispensabile per aumentare la competitività delle imprese e per ottenere servizi e prodotti migliori;

  4. Il ruolo della domanda pubblica va valorizzato per stimolare l’innovazione nel Paese e la crescita di un offerta qualificata di nuove tecnologie

  5. La politica industriale di sostegno all’innovazione tecnologica va orientata a favorire la triangolazione fra Pmi, imprese IT e università

  6. Il miglioramento dei servizi ai cittadini italiani può essere perseguito con impegni congiunti pubblico – privato, attraverso regole certe che distinguano ruoli e responsabilità;

  7. Puntare su qualità delle risorse umane e della ricerca attraverso una collaborazione stretta fra università ed imprese.

Con questi indirizzi siamo fermamente convinti che sia possibile favorire una crescita importante dell’IT italiana, che sarà così in grado di risolvere e superare limiti antichi, ma dei quali ormai siamo ben coscienti, e costituirà un’importante risorsa economica e tecnologica per lo sviluppo del Paese.

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