Operazione trasparenza: Gentiloni definisce il nuovo database delle frequenze televisive nazionali

di Stefania Pagliara |

Italia


Paolo Gentiloni

E’ stata presentata oggi a Roma durante una conferenza stampa congiunta dal Ministro delle Comunicazioni, Paolo Gentiloni, e dal Presidente dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, Corrado Calabrò, l’intesa raggiunta, volta alla realizzazione entro gennaio 2007 un unico Database delle frequenze televisive utilizzate in Italia.

“L’obiettivo ha dichiarato il Ministro – è quello di superare l’attuale ‘buco informativo’ che è andato configurandosi nel corso degli anni e che rende problematici gli interventi di regolazione del mercato televisivo”.

 

In base a tale accordo sarà realizzato un unico archivio dei dati – in grado di rappresentare un preciso riferimento per ogni intervento in materia di frequenze TV – ed al contempo verrà razionalizzato l’utilizzo delle risorse tecniche dei due organismi, accelerando i tempi della realizzazione dell’archivio stesso.

 

In particolare l’iniziativa consentirà di disporre di uno strumento aggiornato sulla situazione di utilizzo delle frequenze, che potrà servire alla verifica circa l’efficiente utilizzazione dello spettro radioelettrico, all’individuazione di frequenze ridondanti, ed al miglior uso delle risorse disponibili, oggi particolarmente limitate rispetto alla domanda.

 

“In questo settore – ha detto il Ministro – l’intenzione del Governo e dell’Autorità Garante delle Comunicazioni è quella di avviare una sorta di ‘operazione trasparenza’, recuperando un ritardo omai storico: l’ultimo censimento delle frequenze televisive risale al 1990 ed è la base dei dati oggi in nostro possesso. Ma è una base dati estremamente lacunosa: già nel 1990 si arrivò al censimento dopo molte vicissitudini e peripezie anche con ricorsi alla magistratura. Negli anni successivi poi si sono accumulate diverse situazioni di fatto che hanno portato il nostro paese ad avere circa 24.000 impianti frequenze contro la metà circa di paesi come la Francia e la Germania”.

 

Un archivio delle frequenze televisive attualmente esiste presso il Ministero delle Comunicazioni, ma è basato su un censimento del 1990, non più adeguato alla reale situazione dell’emittenza TV, con imprecisioni e incompletezze determinate dalle comunicazioni non sempre congruenti fatte a suo tempo dalle emittenti, dalla discontinuità nell’aggiornamento dei dati successivamente alle autorizzazioni, dalle modifiche intervenute negli impianti, dalla cessione da un operatore all’altro degli stessi. In tal senso l’aggiornamento si rende necessario considerato anche che l’avvio del digitale terrestre ha comportato un incremento delle compravendite con conseguente digitalizzazione di impianti precedentemente analogici.

 

Il compito di provvedere alla realizzazione del Database – partendo dalle informazioni attualmente in possesso del Ministero – sarà affidato ad un gruppo di lavoro congiunto tra il Ministero delle Comunicazioni e l’AGCOM. Con il gruppo di lavoro saranno impegnati su tutto il territorio nazionale gli Ispettorati della Comunicazione e la Polizia delle Comunicazioni. L’intesa soddisfa le comuni esigenze del Ministero, che istituzionalmente deve tenere un Registro Nazionale delle Frequenze e di cui il settore televisivo è parte, e dell’AGCOM, che in base alla propria Delibera n.163/6/CONS ha la necessità di costituire un Catasto Nazionale delle Frequenze, i cui dati confluiranno nel Registro degli Operatori di Comunicazione (R.O.C.).

 

“La creazione di un database delle frequenze televisive nazionali – ha proseguito Gentiloni – è un’operazione importante, un primo passo indispensabile per le azioni successive e future che ciascuno secondo le proprie competenze il Governo e l’Autorità dovranno intraprendere. Perché è a tutti evidente che solo sulla base di un’operazione trasparente che accerti lo stato della realtà siamo in grado di intervenire per razionalizzare lo spettro elettromagnetico”.

 

Aggiungendo “Se vogliamo intervenire su frequenze ridondanti, se vogliamo porci il problema anche con nuove leggi di ridurre le posizioni dominanti nella capacità trasmissiva, il punto di partenza deve essere l’accertamento della situazione realmente esistente”.

Al termine di questo censimento saremo in grado di capire qual è la distribuzione della capacità di trasmissione e quindi di poter introdurre dei tetti antitrust alla detenzione delle risorse. I limiti, che attualmente non esistono, ha continuato il ministro “potrebbero essere indicati anche prima della conclusione del censimento con una legge che poi rinvii l’applicazione al momento della conclusione dell’operazione di ricostruzione della realtà”.

Gentiloni ha poi sottolineato che “non si tratta di fare un atto politico, nel senso di fare un interesse di parte, ma di fare politica con un’operazione verità”.

 

“Tetti antitrust – ha aggiunto – esistono in tutti i paesi specie in settori così sensibili come quello tv. Alla realizzazione del database lavorerà una task force congiunta del Ministero e dell’Autorità e mi aspetto che questo gruppo di lavoro ci fornisca i criteri per la successiva manutenzione ed aggiornamento del database. Ci aspettiamo soprattutto la collaborazione dalle imprese del settore che devono vedere questa operazione di trasparenza come un’operazione che certamente può incidere su situazioni di privilegio e di non totale linearità ma che in ultima analisi va nell’interesse di tutti perchè la razionalizzazione del sistema e l’apertura di nuovi spazi è indispensabile per chiunque faccia impresa in questo settore”.

 

“Ha ragione il ministro Gentiloni, ha dichiarato Sergio Bellucci, Responsabile del dipartimento Comunicazione e Innovazione di Rifondazione Comunista.  “Le frequenze non possono essere considerate un bene privato ma, come per il demanio, considerate un bene comune sottoposto a regole e vigilanza. Certo nel nostro paese ogni volta che si tenta di affermare un principio nel campo della disciplina radiotelevisiva, scattano immediatamente i riflessi condizionati di chi difende la situazione di monopolio”. 
“L’Italia è l’unico paese avanzato a non aver adottato un piano di ripartizione delle frequenze nello spettro radiotelevisivo, aver ipotizzato una transizione al digitale lasciando le frequenze senza regole, ha aggiunto Bellucci. 
Questo ha determinato un vero e proprio accaparramento con conseguenti squilibri rispetto al trattamento di altre bande di frequenze che, invece, sono o sottoposte a regole precise o, addirittura, messe all’asta dallo Stato causando l’esborso di centinaia di miliardi come è accaduto per le licenze della telefonia UMTS. 
“Ora servono regole trasparenti
, ha concluso Bellucci, che impediscano il mantenimento degli attuali squilibri, operino per la fine dei monopoli, aprano a nuovi soggetti e all’utilizzo di nuove tecnologie, come nel caso della radiofonia digitale (DAB), facendo pagare il giusto a chi utilizza, per fare profitti, un bene comune come le frequenze”.
 

Infine, anche per il Presidente dell’Agcom Calabrò è “fondamentale conoscere la reale situazione delle frequenze televisive utilizzate, lo stato di effettiva utilizzazione degli impianti, e non per meri fini dottrinali o di pura esigenza informativa ma per poter intraprendere un processo di razionalizzazione che porti ad piano regolatore responsabile delle frequenze. Quale sarà la conseguenza? Le frequenze non utilizzate o non razionalmente utilizzate dovranno essere restituite”.

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