La nuova frontiera dell’affective computing, ovvero come un Pc può aiutarci a smettere di fumare e vivere meglio

di Alessandra Talarico |

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Può un computer aiutarci a combattere l’obesità? Può una tecnologia motivarci a sprecare meno energie? Può uno strumento di comunicazione sconfiggere un pregiudizio razziale o una dipendenza come il tabagismo o l’alcolismo?

Possono, insomma, i nuovi strumenti messi a punto dalla ricerca, aiutarci a vivere meglio?

Si sente spesso parlare di intelligenza artificiale – argomento considerato fantascienza fino a pochi anni fa – ma la nuova frontiera sembra essere invece l’emotività artificiale.

 

Prendiamo ad esempio la dipendenza da nicotina: per chi non ha il tempo o il denaro per ricorrere a uno specialista un team di ricercatori olandesi, guidati da Betsy van Dijk e coadiuvati dall’Ente olandese di lotta al tabagismo (Stivoro), ha messo a punto un coach virtuale che, avvalendosi di una suadente voce femminile offrirà consigli gratuiti ed esercizi a tutte le persone che stanno tentando di dire basta al fumo.

 

Nell’idea dei ricercatori, una chat contro il fumo è ideale per tutti quei fumatori che potrebbero provare imbarazzo a recarsi da uno specialista o semplicemente non hanno il tempo o i soldi per affrontare una cura d’urto.

“La coach virtuale, invece, è sempre lì a disposizione, anche la notte”, ha spiegato Van Dijk.

 

Protetti dall’anonimato garantito da internet, i fumatori possono dunque collegarsi al sito, formulare domande ed esprimere le proprie difficoltà nella chat box.

La coach è programmata per rispondere allo stesso modo e con le stesse espressioni facciali utilizzate dagli psicoterapisti dello Stivoro.

 

L’idea di usare una suadente voce femminile non è nuova nell’ambito di quel che viene definito ‘affective computing‘, una nuova disciplina di ricerca che si propone di realizzare computer in grado di relazionarsi con l’uomo, di riconoscere, esprimere e influenzare deliberatamente le emozioni: il MIT di Boston, ad esempio,  ha lanciato alcuni anni fa la chatbot Laura per appurare se fosse possibile, a lungo termine, instaurare una relazione sociale con un computer che utilizza qualche nozione basilare di psicologia umana.

 

Il progetto Laura, ideato da Rosalind Picard, non è che un tassello di un programma di ampio respiro che ha come obiettivo ultimo non solo quello di costruire degli assistenti virtuali che siano attivi proprio come una persona in carte e ossa – in grado quindi anche di influenzare il nostro umore attraverso l’interazione e la comunicazione – ma anche quello di dimostrare che i computer possono essere emotivamente intelligenti quindi in grado di ridurre i nostri sentimenti negativi e di farci capire in che modo le emozioni e gli affetti possono influenzare la salute umana.

 

Alla base dell’affective computing c’è infatti la convinzione che le emozioni siano fondamentali per l’esperienza umana e possano influenzare la cognizione, la percezione, le attività quotidiane come l’apprendimento, la comunicazione e anche i processi decisionali.

 

Per questo motivo, ha spiegato la Picard, “il nostro scopo è quello di rendere i computer capaci di riconoscere le emozioni, di esprimerle, di comunicarle e di avere dei meccanismi interni che siano emozionali. Ci prefiggiamo anche di dar loro la capacità tecnica di un’intelligenza emozionale, in modo da renderli in grado di utilizzare le emozioni in modo logico e intelligente”.

 

Il piano del team guidato da Betsy van Dijk, presentato alla conferenza “Persuasive Technology for Human Well-being” a Eindhoven, è quello di creare una serie di tutor virtuali per diverse occorrenze: non solo quindi per contrastare il tabagismo, ma anche per curare l’alcolismo e prevenire le fobie.

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