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Scatta la voglia di acquisizioni. China Mobile punta a Millicom, mentre il governo si prepara al 3G

Cina


Le tlc cinesi si allungano all’Europa, se fossero vere le indiscrezioni secondo cui China Mobile, il maggiore operatore mondiale di telefonia cellulare per numero di utenti, è vicino al raggiungimento di accordo del valore di 5,3 miliardi di dollari per l’acquisizione della rivale lussemburghese Millicom International Cellular.

 

Per ereditare i suoi 10 milioni di abbonati sparsi in 16 paesi – dal Sud America, all’Africa e all’Asia – China Mobile sarebbe pronta a offrire 48 dollari per ogni azione della società, dopo che ad aprile era stata rifiutata un’altra offerta da 4 miliardi di dollari.

Secondo le indiscrezioni, inoltre il gruppo sarebbe pronto a mantenere l’indipendenza di Millicom, che potrà così continuare a essere quotata al Nasdaq.

 

Se l’operazione andasse in porto, si tratterebbe della più grande acquisizione mai effettuata da una compagnia cinese all’estero, a conferma della grande voglia di espansione che sta cogliendo anche le compagnie tlc cinesi.

 

Il settore delle tlc in Cina – letteralmente esploso negli ultimi 10 anni ed attualmente il secondo al mondo dopo gli Stati Uniti – ha generato nel 2005 profitti per 71,9 miliardi di dollari, segnando una crescita dell’11,7% su base annua.

 

Alla fine dello scorso anno, gli utenti delle linee fisse erano 350 milioni, 374 milioni quelli mobili, per una penetrazione, rispettivamente, del 26,7% e 28,5%.

 

Raggiunti questi picchi, nei prossimi anni la crescita dovrebbe decelerare, con 440 milioni di line fisse previste nel 2010, pari a una crescita del 4,7% e a una penetrazione del 32,5%.

 

Trend simile anche per i servizi mobili, con un numero di utenti previsti in crescita del 9,7% per raggiungere quota 593 milioni alla fine del 2010, pari a una penetrazione del 43,9%.

 

Il numero complessivo di linee (fisse e mobili) dovrebbe superare quota 1 miliardo alla fine del 2009.

 

Liberalizzato nel 2001, il mercato delle telecomunicazioni cinese è stato gradualmente ristrutturato nel corso degli ultimi anni: il monopolio statale (attraverso China Telecom) è terminato nel 1994, quando il Consiglio di Stato ha dato il via alla creazione di China Mobile e China Unicom.

La ‘demonopolizzazione’ del settore ha compiuto un ulteriore passo nel 2002 con l’analogo scorporo di una parte delle attività di rete fissa di China Telecom in una nuova società, China Network Communication Group.

 

Le riforme hanno portato nuova linfa al settore e guidato la sua straordinaria espansione. La struttura competitiva, tuttavia, ha bisogno di un’ulteriore ottimizzazione alla luce di un ancora insufficiente livello di competizione tra i sei player del mercato.

 

A più di 10 anni dal frazionamento di China Telecom e dall’introduzione della competizione nel settore fisso, l’ex monopolista controlla ancora la fetta maggiore del mercato, mentre China Netcom e China TieTong raccolgono le briciole.

 

Allo stesso modo, China Mobile controlla i due terzi del mercato mobile, mantenendo dunque, un ampio vantaggio sull’unica rivale China Unicom, che a sua volta potrebbe anche essere spartita tra i due operatori di rete fissa, China Telecom e China Netcom prima della concessione delle licenze 3G che dovrebbe avvenire – dopo diversi rinvii e tante polemiche – entro la fine di quest’anno.

 

Altre indiscrezioni parlano di una possibile fusione tra China Netcom e China Unicom e dell’assegnazione, alla nuova entità, di due licenze di terza generazione.

 

La strada da fare, insomma, è ancora lunga e i piani per un totale rinnovamento del settore potrebbero anche portare alla fusione, entro 5 anni, dei tre maggiori network di comunicazione: Internet, telecom e broadcasting, così come previsto dall’11° programma quinquennale (2006-2010) del governo, ancora in corso d’opera.

 

La fusione, nelle intenzioni delle autorità, permetterà di ottimizzare la struttura dell’industria telecom cinese e di facilitare l’aggiornamento e la riforma delle reti, ma ha già incontrato molte resistenze sia tra gli addetti ai lavori che nell’opinione pubblica.

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