La Cina rinuncia al proprio standard 3G? Licenze basate sulla neutralità tecnologica

di Alessandra Talarico |

Cina


TD-SCDMA

La Cina consentirà alle compagnie telefoniche locali di scegliere il proprio standard per i servizi di telefonia mobile di terza generazione, nonostante il governo stia cercando di imporre la tecnologia TD-SCDMA .

 

Sviluppato dal gruppo Datang per conto del governo di Pechino, lo standard avrebbe dovuto permettere alla Cina di affrancarsi dalle tecnologie straniere e di dare impulso alle aziende locali.

 

Lo sviluppo della tecnologia, tuttavia, prosegue a rilento e tra mille polemiche e nel corso di una visita negli Stati Uniti, i rappresentanti del governo di Pechino hanno dichiarato la volontà di basare l’assegnazione delle licenze su una base neutrale, per “assicurare che i fornitori di servizi di telecomunicazioni possano scegliere liberamente quale standard adottare”, si legge in un comunicato.

 

A breve, in ogni caso, il governo di Pechino dovrebbe rendere nota la roadmap per la creazione delle prime reti 3G del Paese.

 

Secondo una recente indagine di Pyramid Research, l’adozione dei servizi mobili di terza generazione in Cina sarà massiccia e la domanda di infrastrutture sarà forte per almeno tre anni dopo l’assegnazione delle licenze.

 

In base alle proiezioni di Pyramid, i vendor di apparecchiature di rete potranno approfittare di un mercato stimato del valore di 9 miliardi di dollari tra il 2006 e il 2009.

 

Di quest’enorme cifra, 4 miliardi saranno generati entro il 2007, sebbene gli utenti 3G rappresenteranno appena il 15% del totale fino almeno al 2010.

 

Lo standard TD-SCDMA, è uno dei tre principali standard mondiali per le comunicazioni mobili 3G adottato dalla ITU-T e dal 3GPP, assieme all’Umts e al Cdma, nonché il primo standard internazionale sviluppato in Cina nei 100 anni di storia del suo mercato delle telecomunicazioni.

 

La decisione del governo cinese di sperimentare uno standard 3G “locale”  in competizione con il WCDMA e il CDMA2000, ha scatenato però forti polemiche nei mesi scorsi.

 

La Cina, infatti, ha investito molto nello sviluppo di una tecnologia indipendente da quelle occidentali, annunciando anche che il governo si riservava il diritto di non imporre alcuna royalty sulla vendita. Una decisione che influirebbe in modo decisivo sulle scelte degli operatori che intendono investire sul gigantesco mercato locale, con 300 milioni di utenti previsti nel 2005.

 

La mossa, visti anche i ritardi nell’implementazione dello standard, è stata subito indicata come un espediente per indurre le aziende occidentali ad abbassare le loro di royalties, che nel caso di Qualcomm vanno dal 5 al 6 per cento.

 

Secondo l’agenzia Xinhuanet, la Cina potrebbe risparmiare fino a 10 miliardi di dollari grazie a minori costi di importazione e a meno spese di royalty per il 3G.  

 

I produttori di telefonini e i fornitori di componenti si sono per la maggior parte dimostrati scettici di fronte allo standard cinese, anche se nell’ultimo periodo si è registrato qualche cambiamento di fronte: la giapponese Nec, infatti, ha infatti messo in piedi una società focalizzata sul 3G per accaparrarsi una fetta dell’enorme mercato, mentre  la tedesca Siemens ha annunciato a febbraio la firma di un accordo da 100 milioni di dollari per la creazione di una joint-venture destinata allo sviluppo dello standard TD-SCDMA.

 

Anche la STMicroelectronics ha fatto sapere che sarebbe entrata nella TD-SCDMA Association, mentre Motorola ha annunciato lo scorso anno di aver avviato i primi test sulle infrastrutture destinate a supportare lo standard cinese.

 

Con oltre 400 mila utenti mobili, la Cina rappresenta attualmente il maggiore mercato mobile mondiale in termini di abbonati ai servizi.

 

Il potenziale di crescita è comunque enorme, considerando che la Cina conta circa 1,3 miliardi di abitanti, per lo più dislocati in aree non urbane, servite ancora in maniera marginale dalle reti mobili.

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