Dal WSIS i primi risultati concreti del fondo di solidarietà e la denuncia contro la censura del premio Nobel per la Pace

di Alessandra Talarico |

Mondo


Shirin Ebadi

 

Il Fondo di solidarietà digitale, l’iniziativa lanciata dall’Africa e avallata dall’Onu per finanziare progetti tecnologici nei paesi in via di sviluppo, ha raccolto fino a ora 8 milioni di euro.

 

Lanciato ufficialmente quest’anno, il Fondo ha già cominciato ad avere alcune applicazioni concerete ‘sul campo’: à Banda-Aceh (Indonesia), ha contribuito a rinnovare le dotazioni informatiche municipali distrutte dallo tzunami.

 

In Africa, 7 complessi sanitari, 4 in Burkina Faso e 3 in Burundi, hanno avviato un programma di telemedicina, dedicati principalmente alle cure per l’Aids, in collaborazione con l’ospedale Georges Pompidou di Parigi.

Queste strutture sanitarie possono effettuare diagnosi a distanza e organizzare corsi di formazione.

 

“Il Fondo di solidarietà si concentra su progetti comunitari, anche se di dimensione modesta, nei settori in cui il mercato procede con fatica, come la medicina e l’educazione”, ha spiegato il presidente del Fondo, Guy-Olivier Segond.

 

Da qui a una decina d’anni, si spera che il fondo riesca a raccogliere almeno qualche decina di milioni di euro all’anno, grazie al contributo dei membri fondatori – le città di Parigi, Ginevra, Lione, Dakar, Santo Domingo – e della società civile.

 

L’iniziativa dei leader africani è stata ufficializzata esattamente un anno fa, il 17 novembre 2004, a Ginevra.

L’idea, ha spiegato Segond, è nata “dalla profonda insoddisfazione per i risultati del primo WSIS e dalla volontà di passare dalle parole ai fatti”.

 

I promotori del progetto hanno voluto far leva a nuovi attori, come i poteri locali (città, regioni, ecc.) e a nuovi meccanismi di finanziamento proprio come segno di rottura col passato.

“Questo concetto ha faticato a imporsi – ha spiegato il presidente del Senegal Abdoulaye Wade – ma alla fine è stato assorbito dalla maggior parte dei governi. Bisogna ora convincere il settore privato”.

 

Come è stato sottolineato al WSIS, in questo progetto l’Africa non deve solo ricevere, ma anche partecipare in veste di finanziatore. Il fondo si basa infatti anche sull’impegno volontario delle autorità, locali e nazionali, di imporre alle imprese un contributo minimo dell’1% del montante dei mercati pubblici relativi alle tecnologie dell’informazione.

 

Il WSIS, ospitato dalla Tunisia, è stato anche occasione per denunciare la censura di Internet e la repressione politica esercitate ancora da molti, troppi, paesi.

 

Portavoce di questa accusa, il premio Nobel per la Pace, l’iraniana Shirin Ebadi, che si è scagliata contro quei governi che, col pretesto di “proteggere la sicurezza nazionale o di lottare contro la corruzione morale o il commercio illegale”, installano filtri di accesso a Internet che impediscono alle persone di ottenere “le informazioni di cui hanno bisogno e di espandere la loro voce al di fuori dei confini nazionali”.

 

Internet è il più grande spazio pubblico che l’umanità abbia conosciuto. Un luogo dove tutti possono prendere la parola, acquisire conoscenza, produrre idee e non solo informazioni, esercitare il diritto di critica, dialogare, partecipare alla vita comune, e costruire così un mondo di cui tutti possano egualmente dirsi cittadini. Internet modifica le pratiche e gli strumenti della democrazia, consente una partecipazione piena dei cittadini alle decisioni sulla cosa pubblica, crea nuovi spazi democratici, esige la definizione di nuovi diritti universali in grado di garantire una nuova cittadinanza digitale.

 

In questi paesi, dove la repressione di coloro i quali esprimono il loro dissenso verso le autorità è prassi comune, “i difensori dei diritti umani sono stati imprigionati per il solo fatto di aver espresso la propria opinione”, ha denunciato la Ebadi, chiedendo l’immediata liberazione dei prigionieri politici e proponendo la creazione, sotto l’egida dell’Onu, di un comitato per la lotta contro la censura su Internet e la censura dei cyberdissidenti.

Questo comitato potrebbe raggruppare i rappresentanti di diverse agenzie Onu, tra cui l’ITU, l’Unesco, l’Unicef e le ONG.

 

Libertà di accesso, libertà di utilizzazione, diritto alla conoscenza, rispetto della privacy, riconoscimento di nuovi beni comuni: sono questi, secondo il senatore Fiorello Cortiana, i nuovi terreni su cui misurarsi, sono questi i principi costituzionali che consentiranno di trovare il giusto equilibrio democratico con le esigenze della sicurezza, del mercato, della proprietà intellettuale.

 

“Gli Stati democratici – dice Cortiana – devono assicurare una prospettiva diversa da quella di chi cerca di imporre nuove forme di censura. Non si può permettere che Internet divenga uno strumento per controllare meglio i milioni di persone che se ne servono, per impadronirsi di dati personali contro la volontà degli interessati, per chiudere in recinti proprietari le nuove forme della conoscenza”.

 

Affrontare il tema dei diritti, quindi, “non può prescindere né dall’aspetto tecnologico, né quello delle politiche per l’innovazione. Il confine tra tecnologia e politica è labile ma non può essere un alibi: l’uso di standard aperti e pienamente interoperabili, e una ormai necessaria revisione del vetusto diritto d’autore, ad esempio, sono leve fondamentali per garantire l’accessibilità al sapere e alle informazioni”, ha aggiunto Cortiana.