WSIS: risolta l’empasse sulla governance, parte tra le polemiche il Summit di Tunisi

di Alessandra Talarico |

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Ben Ali

Si è aperto oggi a Tunisi il secondo Summit mondiale sulla società dell’informazione, alla presenza di 14 mila delegati, 60 capi di stato e centinaia di ministri e capi di governo, provenienti per lo più dai Paesi poveri, e del segretario generale dell’Onu, Kofi Annan.

 

Il segretario generale dell’ITU, Yoshio Utsumi, ha sottolineato che il WSIS è il più grande summit mai organizzato dall’Onu.

Lo scopo di questa tre giorni è quello di accelerare la diffusione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione nei circa 800 mila villaggi tagliati fuori dalla cosiddetta ‘rivoluzione digitale’.

Un’operazione che richiede investimenti per circa 1 miliardo di dollari, ossia l’1% degli investimenti annuali nel settore della telefonia mobile.

“Una cifra decisamente alla nostra portata”, ha dichiarato Utsumi, sottolineando la sua soddisfazione per l’accordo sulla dibattuta questione della governance di Internet, giunto dopo intense discussioni nella tarda serata di martedì.

 

Il compromesso prevede la creazione di un forum internazionale composto da rappresentanti dei governi, della società civile e del settore privato, il cui compito sarà quello di occuparsi di questioni come la cybercriminalità e lo spam.

Resteranno così invariate le attuali funzioni dell’Icann (Internet Corporation for Assigned Names and Numbers), la società californiana incaricata della gestione, tra le tante altre cose, dei nomi di dominio, nonostante la gran parte dei Paesi partecipanti al summit avrebbero preferito la creazione di una struttura internazionale superiore all’Icann.

 

Ma, evidentemente, ha vinto il partito dello status quo, e così, nel corso del Summit, si potrà discutere di temi fondamentali per lo sviluppo dei Paesi poveri: tra questi, l’iniziativa di Nicholas Negroponte per l’alfabetizzazione digitale dei bambini del sud del mondo.

 

La prima riunione di questo nuovo forum dovrebbe avere luogo ad Atene all’inizio del 2006.

 

Il Summit di Tunisi, il secondo dopo quello tenutosi nel 2003 a Ginevra, mira a promuovere l’uso delle tecnologie ICT per accelerare lo sviluppo dei Paesi poveri.

 

La decisione di tenere il Summit a Tunisi è stata presa dal Consiglio dell’ITU, agenzia delle Nazioni Unite, nel 2001, accogliendo la richiesta del presidente tunisino Zine El Abidine Ben Ali, e ha però suscitato fin da allora numerose polemiche.

 

Diverse associazioni per la difesa dei diritti umani e della libertà di stampa hanno accusato via Web il presidente tunisino di essere a capo di un regime repressivo rimettendo in causa la legittimità della Tunisia di ospitare il WSIS.

 

Il governo tunisino “compromette le chance di successo di questo summit, continuando deliberatamente a violare i diritti umani”, ha fatto sapere l’International Fredoom of expression exchange (IFEX), una rete per la libertà di stampa che conta tra i suoi membri le maggiori ONG dei paesi sviluppati e dei paesi emergenti.

 

In una lettera indirizzata a Kofi Annan, l’IFEX ha dichiarato che la Tunisia non aveva rispettato gli impegni presi alla fine del primo WSIS di Ginevra e che non si erano riscontrate  “le condizioni minime per lo svolgimento del Summit a Tunisi”.

Fatto che “mette in gioco la stessa credibilità delle Nazioni Unite”.

 

L’IFJ (International Federation of Journalists) ha invece condannato l’attacco delle forze di sicurezza tunisine a una troupe televisiva belga impegnata a raccogliere le testimonianze delle ONG locali in occasione di un meeting organizzato a margine del WSIS.

 

L’incidente, spiega IFJ, è solo l’ultimo di una lunga serie: durante il weekend, il giornalista francese Christophe Boltanski, che si stava occupando della repressione nei confronti degli attivisti dei diritti umani, è stato aggredito in strada, mentre a settembre le autorità tunisine hanno vietato il meeting annuale del sindacato dei giornalisti tunisini e della Human Rights League.

 

La campagna delle ONG ha trovato eco anche in una dichiarazione dell’ex diplomatico keniota Ambeyi Ligabo, attualmente funzionario Onu incaricato di riferire sul rispetto dei un diritti umani, che ha chiamato la Tunisia al rispetto di un “pluralismo reale” e della libertà di stampa.

Ligabo ha ugualmente chiesto alle autorità tunisine di “rilasciare senza condizioni tutte le persone che sono state imprigionate per le loro idee politiche” e di permettere il pieno esercizio del diritto alla libertà di espressione.

 

I dirigenti occidentali, da canto loro, hanno adottato un atteggiamento diplomatico: “…ci siamo serviti del Summit per convincere il governo tunisino a prendere le adeguate misure per garantire la libertà di stampa e il rispetto dei diritti umani”, ha spiegato il delegato americano David Gross.

 

Un discorso condiviso dal rappresentante canadese che, parlando a nome dei 25 membri della Ue, degli Usa, della Nuova Zelanda e dell’Australia, ha dichiarato: “Pensiamo che il tema di questo Summit sia fondamentale per lo sviluppo di tutti i Paesi membri dell’Onu, sviluppati o meno. La libertà di espressione e di ricevere e trasmettere informazioni e idee attraverso tutti i media, sono parte integrante dei lavori del WSIS e la Tunisia deve provare che, in quanto ospite del Summit, deve difendere e favorire questi diritti”.

 

Il governo tunisino, intanto, ha respinto ogni accusa di violazione dei diritti umani e di limitazione della libertà di espressione e di stampa.

 

“La stampa tunisina è libera e pluralista e l’accesso universale a Internet è ormai cosa acquisita…la libertà di riunirsi e fondare associazioni è garantita dalla costituzione e dalla legge tunisina”, si legge in un comunicato ufficiale.

 

Il Segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, è in una posizione diplomatica molto delicata: cosciente del fatto che molti governi occidentali sostengono in privato il punto di vista delle ONG, si dice convinto che “il Summit permetterà a Tunisi di riflettere sui problemi relativi ai diritti umani e alla libertà di espressione”.