Le implicazioni economiche della Tv Digitale Terrestre

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Italia



di Gianni Celata

Direttore Distretto Audiovisivo e Ict

Chiedendo preliminarmente scusa a Sir John Maynard Keynes per l¿abuso del titolo di uno dei suoi maggiori e drammatici contributi alla scienza economica, l¿introduzione della televisione Digitale Terrestre rappresenta una tale novit&#224 da imporre l¿uscita dalle querelle politiche di brevissimo periodo per provare ad immaginare uno scenario di medio periodo.

Difatti, prescindendo da quella sorta di terno al lotto rappresentato dall¿indovinare la data in cui avverr&#224 lo switch-off, e cio&#232 il passaggio completo di tutto il broadcasting analogico al digitale, non c¿&#232 dubbio che questa tecnologia, per marxiana forza di cose, trasciner&#224 notevoli cambiamenti.

Il primo e forse il pi&#249 importante &#232 costituito da quella sorta di moltiplicazione dei pani e dei pesci che il digitale trasferisce alle frequenze televisive disponibili. La capacit&#224 di compressione del segnale permessa dal digitale permetter&#224, ferma rimanendo l¿ampiezza di banda di frequenza disponibile, di passare da una situazione di scarsezza di frequenze, ad un¿abbondanza delle stesse. La Legge Gasparri assegna la loro propriet&#224 agli attuali concessionari, confermando quindi la loro rendita di posizione. Altri Paesi si sono comportati diversamente, ma non &#232 questo il punto che ci interessa in questo contesto, anche se &#232 di assoluta rilevanza politica. E¿ interessante invece annotare come, essendo comunque obbligati ad affittare il 40% dei canali resi disponibili nei multiplex, si creer&#224 una serie di nuovi soggetti che incominceranno ad operare nell¿industria televisiva. In passato, lo scontro tra latifondisti e affittatoli &#232 sempre precipitato nelle riforme agrarie. C¿&#232 una oggettivit&#224 e una quota di determinismo nelle vicende socio economiche da far prevedere che ci&#242 avverr&#224 anche in questo caso. A ci&#242 concorrer&#224 la stessa Legge Gasparri, per la determinazione politica con cui &#232 stata approvata, che render&#224 plausibile, a differenza che nel passato, una soluzione che cambi radicalmente l¿attuale assetto di mercato. In questo contesto, c¿&#232 poi da considerare la quota di mercato gi&#224 acquisita dai canali satellitari; quella de La7, quando si decider&#224 davvero a scendere in campo; quella delle televisioni locali, a cui la stessa Legge Gasparri d&#224 maggiori possibilit&#224 di copertura del territorio nazionale, se si decideranno ad investire adeguatamente. Tutto ci&#242 ci porta a prevedere che la tecnologia digitale comporter&#224 un mutamento dell¿assetto del mercato televisivo. Per cui da un duopolio dell¿offerta si passer&#224 alla concorrenza monopolistica e dal duopsonio della domanda di contenuti, effetto distorsivo dell¿attuale mercato televisivo a torto incredibilmente sottovalutato da tutte le parti in causa, si passer&#224 alla concorrenza.

Il secondo cambiamento, che &#232 gi&#224 in atto, &#232 costituito dalla concorrenza tra canali satellitari e canali digitali terrestri. Lo scontro sar&#224 duro, perch&#233 il digitale libera il numero dei canali mentre il tempo libero del consumatore finale &#232 destinato a non aumentare. N&#233 &#232 possibile ipotizzare che il gi&#224 alto consumo procapite di televisione italiano possa ulteriormente crescere. Anzi, per tutta una serie di ragioni socio-demografiche &#232 destinato a scendere. Di conseguenza, il tempo libero destinato dal consumatore finale alla fruizione televisiva diventer&#224 un aspro terreno di scontro tra contenuti proposti dalle varie televisioni, la cui capacit&#224 di offerta &#232 moltiplicata dal digitale che, a loro volta, dovranno competere sempre pi&#249 con l¿home video, i videogiochi, Internet, l¿editoria, ecc., oltre che con consumi di outdoor entertainment pi&#249 tradizionali come il cinema, il teatro, la ristorazione, i viaggi, ecc.

Il terzo cambiamento riguarda la disponibilit&#224 di risorse: se la moltiplicazione &#232 possibile per le frequenze, assai pi&#249 complessa si presenta per la risorsa finanziaria pubblicitaria. La DTT, infatti, a differenza delle pay tv satellitare, scontando la delusione del Digitale Terrestre inglese e assumendo il modello di business di RAI e Mediaset, sar&#224 da subito free-on-air, quindi pagata dalla pubblicit&#224. La legge Gasparri ha operato per rendere molto alta la quota a favore della televisione ma la spesa per pubblicit&#224 ha una sua limitatezza fisica nelle disponibilit&#224 delle aziende, nel suo rapporto con il PIL, ecc., che &#232 difficile sovvertire.

Si presenter&#224 quindi una situazione di disparit&#224 tra canali da riempire e risorse pubblicitarie disponibili per ora di trasmissione. Questa sproporzione dar&#224 probabilmente luogo ad un quarto cambiamento che riguarder&#224 il tipo di televisione che verr&#224 offerta. Sar&#224 una televisione divisa tra contenuti costosi di pochi canali e contenuti poveri di tutti gli altri? Oppure assisteremo ad una proletarizzazione del mezzo televisivo? In ogni caso, si pu&#242 prevedere un impoverimento medio dei budget che comporter&#224 un ridimensionamento della spesa prevista per i cast ed una struttura salariale del settore lontana dai livelli attuali. Si creeranno quindi nuovi posti di lavoro, a fronte delle tante ore in pi&#249 di trasmissione da coprire, ma a livelli retributivi inferiori. Una strada, per altri versi, gi&#224 percorsa dal settore dei periodici e dei quotidiani. La televisione ha un chance in pi&#249 rispetto a questi ultimi, ha la possibilit&#224 di internazionalizzarsi, di offrire i propri contenuti anche sul mercato globale. Le premesse, stando ai prodotti televisivi attuali, non sono buone, ma la necessit&#224 pu&#242 far miracoli.

Questo scenario va completato con alcune osservazioni di merito. La prima riguarda la soglia di acquisto del decoder che dovrebbe o potrebbe scoraggiare la diffusione del DTT. Si pu&#242 osservare, sulla base della diffusione della telefonia mobile, che il costo del device &#232 irrilevante rispetto all¿utilit&#224 che si assegna al suo possesso. Se i canali digitali terrestri offriranno una qualit&#224 televisiva comparabile a quella dei canali satellitari, la loro gratuit&#224 accelerer&#224 notevolmente la diffusione dei decoder, con o senza contributo statale.

Questa osservazione ne solleva ahim&#232! una di politica industriale. Se avverr&#224 nel DTT ci&#242 che &#232 avvenuto nella telefonia mobile, ci troveremo nella deprecabile situazione di un Paese che rappresenta il pi&#249 largo mercato di consumo senza avere nel settore alcuna capacit&#224 di ricerca e sviluppo, tecnologica e produttiva.

Una prospettiva davvero deprimente.

La stessa che negli anni 70 defin&#236 alcuni sistemi imprenditoriali sudamericani come borguesia compradora, senza capacit&#224 di innovazione e di investimento.

Riusciranno i nostri eroi, riuscir&#224 la politica, il capitale, il management, l¿opinione pubblica pi&#249 consapevole di questo Paese ad invertire questa rotta? Per adesso non ci sono segni di resipiscenza, per il futuro¿¿¿¿.. la risposta alla prossima puntata.

Gianni Celata ha avuto il contributo attivo e partecipato degli studenti del Corso di Economia dell¿Informazione e della Comunicazione.

Si ringrazia Mediazone, la rivista del Dipartimento di Sociologia e Comunicazione dell¿Universit&#224 di Roma ¿La Sapienza¿.

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