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Si complica il caso Ipse. Gli altri operatori si pronunciano contro eventuali deroghe

Italia



Ancora nulla di fatto sulla vicenda di Ipse2000 e sulle questioni connesse alla scadenza degli obblighi di copertura per le reti Umts e alle conseguenti sanzioni per gli operatori inadempienti.

 

La situazione, già delicata, rischia dunque di complicarsi ulteriormente, alla luce delle richieste avanzate da Ipse 2000 e alle proteste degli altri operatori.

Il quinto gestore mobile italiano, ha infatti ribadito la sua intenzione di cedere i diritti d’uso delle frequenze in suo possesso, senza però specificare se ha trovato o no un compratore.

 

A renderlo noto sarebbe una nota del Ministero diffusa da Reuters, in cui si precisa che l’operatore mobile intenderebbe avvalersi della possibilità di cedere a terzi le frequenze acquistate con la licenza, ma non ha riferito l’eventuale beneficiario né le modalità di cessione per attivare le procedure conseguenti.

Potrebbe dunque profilarsi un nuovo caso Blu, con Tim chiamata ad acquisire la titolarità delle azioni Ipse per poi procedere al break up delle frequenze e dei dipendenti tra gli altri gestori.

Ma il caso è ancora più rilevante dato che ¿ come precisato dalla spagnola Telefonica che controlla il 45% dell’operatore ¿ Ipse ha registrato nel 2003 perdite per 2,3 miliardi. Più del doppio di quelle accumulate da Blu.

 

Finora, inoltre, nessuno degli altri operatori italiani ha avanzato l’intenzione di acquisire le licenze, giudicando eccessivo il prezzo richiesto dalla società, che si aggira intorno ai tre miliardi di euro.

 

c’è poi da attendere il verdetto dell’Unione europea, a cui Ipse si era rivolto dopo che il governo italiano rifiutò la richiesta di poter restituire le frequenze aggiuntive che aveva ricevuto al momento dell’acquisto della licenza UMTS.

 

l’operatore aveva infatti chiesto – nel novembre 2002 –  di poter restituire i 5 Mhz aggiuntivi per liberarsi dall’obbligo di pagamento delle restanti 8 rate annuali (per un valore complessivo di 826 milioni di euro), ma il governo ha respinto la richiesta.

 

Da qui il ricorso a Bruxelles, il cui verdetto blocca di fatto la vendita delle licenze.

 

A questo punto, sembra dunque sempre più difficile applicare le soluzione ventilate qualche giorno fa, ossia permettere a Ipse di mantenere la proprietà delle frequenze fino a quando non verrà trovato un acquirente e, nel frattempo, concedere agli altri operatori un periodo di ‘grazia’, evitando multe e sanzioni.

Oppure concedere a Ipse la possibilità di affittare le stazioni radio base di H3G, l’unico operatore che ha soddisfatto gli obblighi di copertura, per dimostrare di aver raggiunto una copertura sufficiente ed evitare penalizzazioni.

 

Già alcuni giorni fa, infatti, l’amministratore delegato di H3G, Canning Fok, aveva chiesto al governo di far rispettare le regole stabilite al momento dell’assegnazione delle licenze, per evitare di far apparire l’Italia come un Paese troppo ¿lascivo¿ e di conseguenza scoraggiare gli investitori stranieri.

Anche Tim e Vodafone si sono opposti a tale linea, minacciando ricorsi.

 

In base agli obblighi stabiliti dalle licenze, i gestori che entro il 30 giugno non hanno assicurato la copertura di rete nei capoluoghi di regione rischiano sanzioni che vanno da una multa proporzionale al numero di antenne che mancano per raggiungere la copertura obbligatoria, alla sospensione o alla revoca della licenza.

 

H3G, presente in Italia con il marchio 3, ha investito circa 7 miliardi di euro per lanciare i servizi di terza generazione nel nostro Paese ed è l’unico operatore ad aver rispettato gli obblighi di copertura.

 

Tim e Vodafone, da canto loro, hanno coperto ciascuno il 30% circa della popolazione e dichiarano di essere a posto con i termini della licenza, ma potrebbero incorrere nelle sanzioni ministeriali a causa delle difficoltà a posare le infrastrutture in alcune città.

 

A rischio anche Wind che difficilmente riuscirà a rispettare i vincoli stabiliti al momento dell’acquisto delle licenze: ad aprile l’operatore aveva coperto solo 15 capoluoghi su 21, facendo ¿ forse ¿ troppo affidamento su un eventuale condono.

 

Gli operatori hanno ora tre mesi di tempo per presentare alle autorità la documentazione che dimostra i livelli di copertura raggiunti al 30 giugno.

 

90 giorni di fuoco, in cui si potrebbero decidere molte cose sul futuro dell’Umts italiano.

 

© 2004 Key4biz.it

Alessandra Talarico

 

 

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