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Tv digitale terrestre in Francia. Nuovi servizi alla ricerca di un modello di business

Europa



di Vanna Araldi


Strano destino davvero, quello che caratterizza la televisione digitale terrestre francese.

A forza di stare in mare e di insistere a voler navigare, il vento comincia a soffiare a suo favore.

Negli ultimi quattro anni, essa ha alimentato dibattiti virulenti che l¿hanno vista trasformarsi da ineludibile elemento costitutivo del prossimo sistema audiovisivo nazionale, a ¿rottame¿ tecnologico destinato a perdersi, come un fiume carsico, subissato dalle mirabolanti promesse della tv che si intrufola nel filo del telefono.

Nata allegra e leggera, stava correndo il rischio di crescere troppo lentamente, con eccessivo affanno, sentenziosa ed imbrigliata da una prudenza che tanto avrebbe potuto somigliare alle raccomandazioni che si fanno ai bambini quando vanno a giocare sotto casa, esposte in termini di una paura dei pericoli ¿l&#224 fuori¿, in un PAF (Paysage Audiovisuel Fran&#231ais) che conta su sottili equilibri per mantenersi integro e vitale.

Tuttavia, la televisione digitale terrestre &#232 riuscita a trovare il suo necessario e legittimo spazio. Non si &#232 insediata nei punti di saturazione delle funzioni originarie della tv via cavo, via satellite, o via ADSL. Non ha trovato vigore in seno ad una crisi e, quindi, nel temuto esaurimento della vitalit&#224 tecnologica di un¿antitesi.

Essa ha coltivato la sua credibilit&#224 in un tempo dilatato, rispetto a quello richiesto dall¿esperienza di altri Paesi, perch&#233 il tempo ¿morto¿ di una lunga riflessione e di importanti scelte strategiche potesse, infine, rivelarsi il pi&#249 ¿vivo¿: quello necessario a metabolizzarne gli input e a permettere di separare il grano dal loglio.

La bomba TDT, in Francia, avr&#224, forse, uno scoppio ritardato, ma ben due D-Day: uno – il 1°marzo 2005 – per consentire a Monsieur e Madame tout le monde di accedere ad una ricca offerta gratuita; l¿altro – il 1°settembre 2005 – per permettere agli operatori che si giovano dell¿ascendenza elitaria dell¿offerta a pagamento, di meglio organizzare il loro business e di risolvere la problematica relativa alla distribuzione commerciale.

Come ogni innovazione che si voglia vincente e rivendichi il proposito di investire attitudini non provvisorie, la televisione digitale terrestre d¿Oltralpe, dopo aver composto in un credibile e responsabile mosaico, le tante tessere di cui si nutre la sua complessit&#224, sembra aver trovato una cauta via percorribile per definire il suo sviluppo.

Se &#232 vero che tutti i salmi finiscono in gloria e la Francia potr&#224 approfittare di un considerevole quanto propizio ritardo, per evitare di scivolare l&#224 dove hanno fallito i pionieri della TDT, non corrisponde meno a verit&#224 che in alcun altro Paese, come in questo, essa trovi i pi&#249 generosi ascari e i pi&#249 agguerriti satrapi – disposti quasi a disegnarla come una bella palla di appiccicoso moschicida – proprio tra le fila di quegli operatori storici, a cui viene riconosciuto il diritto di espletarla: TF1 e M6 in testa.

Terrorizzati dall¿idea di vedersi sottrarre una fetta consistente della torta pubblicitaria; forti di un potere tanto ingordo, quanto insicuro, questi hanno sempre agito – lungo la scia delle pi&#249 insidiose e brulicanti attivit&#224 di lobbying – allo scopo di rinviare alle calende greche, l¿avvento di altri canali privati, gratuiti e concorrenti.

Dopo aver ottenuto dal Governo Raffarin la riduzione delle ambizioni digitali terrestri del servizio pubblico; dopo aver tacciato come «marxista», l¿intero progetto TDT, sollecitati dal classico spirito di conservazione che muove tutti i ribelli, TF1 e M6 tentano ancora di gabbare ogni positivo spazio di manovra del numerico terrestre, brandendo l¿arma dell¿alta definizione (TVHD).

Ma per non smarrire il senso delle proporzioni e la serenit&#224 dell¿equilibrio; per non correre il rischio di demonizzare, lasciandolo inserito nei propri programmi, troppo a lungo scritto a matita, l¿irreversibile fenomeno della TDT; o, molto pi&#249 semplicemente, per ¿salvare capra e cavoli¿, il Consiglio Superiore dell¿Audiovisivo (CSA) propone un itinerario e fissa impegni che rendono conto di come la variante primaria del ¿buon senso¿ propria di un¿istituzione di garanzia, possa ritrovarsi nel senso del limite che traduce un sano compromesso.

Cos&#236, mentre l¿Autorit&#224 francese dispone che la televisione numerica terrestre purch&#233 venga attivata, lo sia facendo ricorso alla gi&#224 superata norma di compressione Mpeg-2, accettando il rischio che da virtuoso, il progetto TDT diventi anacronistico; il Governo s¿impegna ad attivare una missione di studio finalizzata a promuovere un costruttivo confronto tra i meriti di questa e la pi&#249 promettente norma Mpeg-4 che, ahinoi, non riuscirebbe ad essere operativa prima della fine del 2005.

Sugli schermi dei loro vecchi televisori analogici; coadiuvati da un set-top-box che dovrebbe richiedere la ragionevole spesa di circa 100 &#128 confortati dalla mancata necessit&#224 di sostituire l¿antenna di sempre, il 35% dei francesi, fra nove mesi, potr&#224 far passeggiare la propria curiosit&#224, nel ¿grande mercato delle pulci¿ offerto da 15 canali free. E quando l¿Esagono vanter&#224 una copertura digitale del 50% della popolazione – vale a dire, secondo il calendario delle previsioni, a settembre 2005 – l¿offerta di base gratuita e tanto attraente quanto i programmi tirati su da un portariviste da parrucchiere, si potr&#224 arricchire di altri 15 canali ¿premium¿ e, in quanto tali, pay, tirati gi&#249 – questa volta per un pubblico agiato/privilegiato/esigente – da una buona e sufficientemente esclusiva libreria borghese.

Mentre nessun dubbio di logicit&#224, opportunit&#224 e ragionevolezza conquista i mediocri livelli cognitivi, nel comprendere la fondatezza di una partenza a due velocit&#224 – posto che gli operatori che modulano la loro offerta sui programmi a pagamento necessitano di un margine di flessibilit&#224 supplementare, per gestire, ad esempio, fra le altre, il sistema di controllo dell¿accesso condizionato – non poche perplessit&#224 assalgono allorch&#233 l¿opzione accolta mette in tutta evidenza che, difficilmente, un telespettatore dotatosi di decoder a marzo, affronter&#224 lo sforzo di un secondo acquisto, a distanza di sei mesi.

Forse, la costanza di un ¿tirocinio progressivo¿ che dovrebbe guadagnare l¿80-85% della popolazione, entro il 2007, consentir&#224 di spegnere l¿analogico entro cinque anni dal lancio della TDT – secondo quanto disposto dal pacchetto di regolamentazione per le comunicazioni elettroniche, appena ratificato dalla Francia – ma non riuscir&#224 ad evitare di tracciare un discriminante solco tra gli ¿haves¿ e gli ¿haves not¿ che divarica, con significativi strappi socio-culturali, gli utenti pay dagli utenti free: negli orizzonti che apre il prezzo di un abbonamento e gli introiti che fa realizzare, vi &#232 incluso il prezzo da pagare per consentire, all¿astratta idea della tv digitale terrestre, di adattarsi nella pratica applicazione di un compromesso che le possa permettere – gi&#224 che si muove dal porto – di non esaurirsi troppo presto – come &#232 avvenuto altrove – solo in qualche giorno di allegro cabotaggio.


&#169 2004 key4biz.it

Per approfondimenti, leggi:

Aspettando la TDT. Convergence oblige: gli operatori tv francesi appesi al telefono


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