Iraq: i media europei di fronte agli orrori della guerra

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Torture sui soldati iracheni, decapitazione di un civile americano, resti di soldati israeliani esibiti dai palestinesi, soldati americani mutilati a Fallujah: la diffusione o la pubblicazione di immagini scioccanti ha subito un diverso trattamento dai media europei.

La maggior parte delle televisioni europee hanno mostrato marted&#236 solo le immagini iniziali del rito legato all”esecuzione del giovane civile americano, Nick Berg, 26 anni, provenienti da un sito Internet considerato come vicino ad Al Qaeda.

Le Tv europee hanno adottato una linea di civile e fermo distacco dal “richiamo della foresta” dellacomunicazione estrema o addirittura necrofila.

La trasmissione del video &#232 stata interrotta prima della decapitazione. Cos&#236 &#232 stato in Spagna, Germania, Francia, Paesi Bassi, Danimarca, Romania¿ e in tutti i Paesi non arabi.

Al contrario, in Italia qualcuno ha scelto di pubblicare quesate terribili immagini, da Il Foglio al sito Dagospia. Sono immagini che non fanno bene a chi le vede e francamente avremmo preferito che l”umana piet&#224 prevalesse su tutto.

Questa scena ricorda l¿esecuzione di un giornalista americano Daniel Pearl, assassinato dai terroristi in Pakistan nel 2002.

In quel caso le fotografie del giornalista legato, con una pistola puntata alla tempia, avevano fatto il giro del mondo, come il video che mostrava l¿esecuzione.

Prima della decapitazione di Nick Berg, le altre immagini delle torture o dei servizi sui prigionieri iracheni in mano alle forze della coalizione sono state trattate diversamente dai media europei.

In generale, i tabloid popolari non esitano a mostrare le immagini cruente.

I media spagnoli hanno riportato come loro abitudine le immagini delle torture e delle mutilazioni in Iraq e a Gaza, pubblicando le pi&#249 crude, e mandandole in onda nei telegiornali dei canali privati.

In Gran Bretagna, la stampa non subisce alcuna azione di censura per questo tipo di immagini, come invece &#232 prevista per quelle a sfondo sessuale.

Per contro in un altro Paese, la Romania, le emittenti televisive non hanno insistito sull¿argomento, relegando a un posto secondario le immagini dei prigionieri torturati in Iraq.

In Germania, le immagini delle torture sono state ampiamente pubblicate sui quotidiani e sulle riviste, in particolare su Focus.

Alcuni giornali commentano le foto. Il primo aprile, il giornale di Berlino, Berliner Zeitung ha pubblicato in prima pagina la foto dei corpi degli americani sospesi su un ponte a Fallujah, commentando: ¿Ci sono delle immagini che non si vuole vedere (¿) Queste immagini mostrano ci&#242 che succede oggi in Iraq. Mostrano anche ci&#242 che &#232 successo ieri da noi, e che potrebbe ripetersi domani, se noi non guardiamo. Non bisogna solo gettare un sguardo su queste immagini. Bisogna che rimangano impresse¿.

Sotto la foto di un prigioniere iracheno, nudo e legato a una corda, la rivista austriaca Falter scrive: “Un simbolo di umiliazione¿, aggiungendo ¿Le immagini veicolano la loro verit&#224 e in quella, c¿&#232 sempre un po¿ di ingiustizia¿.

In Finlandia e in Italia si cerca di rimanere prudenti. La legge sulla protezione dei minori, vieta di mandare in onda delle immagini che possono traumatizzare i bambini, prima delle ore 21.00.

Anche in Francia si preferisce restare prudenti. Le emittenti sono molte attente e sottoposte alla vigilanza del Conseil Superieur dell¿Audiovisuals (CSA).

In alcuni Paesi come la Polonia, si assiste a una sorta di banalizzazione delle immagini scioccanti, line adottata dopo i recenti conflitti nei Balcani, in Cecenia, e in Africa.

In Ungheria, lamenta un ricercatore del settore dei media, Zsolt Antal, “mostrare delle foto ripugnanti come quelle delle vittime in Iraq e una tendenza seguita dai media ungheresi. Dieci anni fa, queste foto non sarebbero state pubblicate. Se pubblicare queste foto avrebbe aiutato a scoprire la verit&#224 e a testimoniare gi orrori di guerra, questo avrebbe avuto un senso, ma bisogna fare la differenza tra quella che &#232 la ricerca della verit&#224 e quella dello scoop a ogni costo”.

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Raffaella Natale