Tv digitale terrestre: il futuro non è più quello di una volta…. e se fosse peggio?

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di Raffaele Barberio

La presentazione dell¿Associazione DGTVi, costituita da Rai, Mediaset, La7 e Fondazione Bordoni per promuovere lo sviluppo della Tv digitale terrestre avrebbe potuto essere l¿occasione per fare il punto sullo stato di avanzamento di questa televisione di seconda generazione.

Ma cos&#236 non &#232 stato.

Dietro il tavolo era presente il cartello dell¿intero mondo televisivo italiano.

Non il meglio della Tv italiana, ma La Tv Italiana: ripetiamo, Rai, Mediaset e La7.

La cronaca ci dice poco. Una certa dose di descrizioni un po¿ forzatamente ideologiche della Tv digitale terrestre (inutili peraltro tra addetti ai lavori), tutte orientate a toni per la verit&#224 propagandistici.

L¿introduzione &#232 di Carlo Sartori, nella doppia veste di coordinatore dell¿associazione e di responsabile Rai del settore, che fa un riferimento alla positivit&#224 di avere intorno allo stesso tavolo i rappresentanti della Tv italiana, perch&#233 la Tv digitale terrestre non pu&#242 avere ¿¿¿uno sviluppo affidato alle forze selvagge¿¿.

Cosa voleva dire, dal momento che erano tutti l&#236? Quali forze selvagge? Aveva in mente forse Murdoch (magra consolazione se le tv analogiche fanno il digitale terrestre per difendersi dalla tv digitale satellitare)?

Riccardo Perissich, presidente di Telecom Italia Media, ha offerto qualche numero. 70 milioni di Euro investiti dal suo gruppo, con una copertura del 60% circa, per chiudere con una considerazione sibillina: ¿¿la tv digitale terrestre offre grandi possibilit&#224 ai fornitori di contenuti italiani, devono farsi avanti, se non lo faranno loro, lo faranno altri, &#232 certo, dall¿estero¿¿.

Dopo di lui Gina Nieri, consigliere di amministrazione di Mediaset, che ha tra l¿altro lanciato un monito ¿¿.contro chi vuole minimizzare ci&#242 che stiamo presentando qui, contro coloro che banalizzano una cosa cos&#236 importante come il digitale terrestre¿Oggi siamo partiti, al contrario che in passato con il piede giusto. Unire broadcaster ed associazione &#232 fondamentale¿. Concludendo che ¿¿la scadenza del 2006 appare oggi non pi&#249 irraggiungibile¿¿.

Pi&#249 ottimista di lei Flavio Cattaneo, direttore generale della Rai, secondo il quale ¿¿.oggi forse si pu&#242 ipotizzare anche di anticipare la scadenza del 2006¿¿.

Per la verit&#224 ci si aspettava un confronto aperto, con interventi ricchi di numeri e proiezioni fondate, con la possibilit&#224 per i giornalisti di porre domande: le cose che in genere si fanno in questi casi.

Ma cos&#236 non &#232 stato.

La manifestazione di nascita di un¿associazione sul digitale terrestre, sulla Tv interattiva, si &#232 rivelata come una tradizionale, analogica occasione di ascolto, senza nulla di interattivo, almeno con la platea.

Il motivo della festa ha preso il sopravvento e con esso il buffet allestito nella splendida cornice di Villa Medici.

Si &#232 riproposto, come ormai accade da mesi, un copione disarmante, con un interminabile spot a favore della Tv digitale terrestre, come se qualcuno fosse contrario alla sua affermazione o come se vi fossero in questo Paese forze economiche ed industriali potentissime e scatenate per fermare l¿avvento modernista di questa nuova locomotrice a vapore che &#232 la Tv digitale terrestre.

Dove &#232 l¿equivoco?

Tutti i presenti nella sala, tutti gli addetti ai lavori nel nostro Paese come nel resto d¿Europa, sanno che la tv digitale terrestre &#232 il futuro.

E¿ un futuro inevitabile ed auspicabile in tempi pi&#249 ravvicinati di quanto le ordinarie dinamiche economiche, sociali, demografiche consentano.

La stessa Unione Europea, per intervento del Commissario Erkki Liikanen, ha pubblicato nello scorso mese di settembre una Comunicazione sulla televisione per il passaggio dalla modalit&#224 trasmissiva analogica a quella digitale, un atto di particolare rilevanza in cui viene indicato ci&#242 che i singoli Paesi devono evitare e il sostegno che la UE si impegna a dare agli Stati membri per accompagnare nel modo pi&#249 corretto il processo di switch-over ed arrivare preparati e senza errori al momento dello switch-off, corretto per il rispetto delle regole del mercato, per l¿adozione di tecnologie trasparenti e per il pieno rispetto delle prerogative dei cittadini-consumatori.

Quindi deve essere chiaro che nessuno pu&#242 ragionevolmente dichiararsi contrario ad un passaggio che &#232 cos&#236 portatore di sviluppo.

Uno dei pi&#249 importanti aspetti della nuova tv &#232 non a caso l¿interoperabilit&#224.

Ma non nel senso che con lo stesso decoder si possono ricevere le offerte dell¿uno o dell¿altro broadcaster.

Bens&#236 nel senso che la rete televisiva interagir&#224, anzi interoperer&#224, con la rete di telefonia fissa, di telefonia mobile GSM e 3G, con la rete Internet.

Ci&#242 che si dischiude in prospettiva davanti i nostri occhi &#232 una grande e unica rete che ingloba tutte le altre.

In una parola: il mondo nelle proprie mani.

Una prospettiva straordinaria che tutti aspettiamo.

E allora la cosa che occorre non fare &#232 proprio lo spot ininterrotto, come da mesi sta avvenendo.

La Tv digitale terrestre non &#232 solo terribilmente invitante.

E¿ anche terribilmente seria ed impegnativa.

Tanto che tutti in Europa stanno ragionando sulle modalit&#224 migliori per procedere, adottando innanzitutto strumenti di grande flessibilit&#224 e riservandosi di effettuare in corsa tutte le iniziative modificatorie che si renderanno necessarie.

Si tratta di un passaggio o di una migrazione i cui percorsi nazionali si modificano di volta in volta in base alle acquisizioni che si possono via via registrare e considerare come acquisite.

La Gran Bretagna, che sul digitale terrestre ha promulgato una legge nel lontano 1996, che ha avuto una sperimentazione dal 1998, con un lancio di mercato nello stesso anno (peraltro con risultati eufemisticamente poco incoraggianti) aveva qualche anno fa indicato nel 2006 l¿anno dello switch-off. Ma ha poi ripiegato su uno slittamento al 2010-2012.

La logica dello slittamento ha orientato tutti gli altri Paesi che a data 2003 avevano gi&#224 dei bouquet in onda: dalla Svezia alla Germania, dalla Spagna alla Finlandia. Forse quest¿ultimo Paese potrebbe rispettare l¿obiettivo che si &#232 dato del 2006, ma anche in questo caso l¿incertezza &#232 tanta.

Tutti gli altri Paesi hanno date di switch-off dilatate nel tempo: dal 2015 della ricca Svizzera al 2010 del Portogallo, dal 2012 dell¿Austria al 2010 dell¿Irlanda (oggi presidente di turno dell¿UE).

Ora, l¿Italia, come tutti gli altri Paesi della UE ha consegnato lo scorso 31 dicembre 2003, come imposto dalla Commissione europea, il Piano di Sviluppo Nazionale per la Tv Digitale Terrestre.
Perch&#233 quel documento, che &#232 stato presentato singolarmente da tutti i Paesie che &#232 stato diffuso presso le rispettive opinioni pubbliche nazionali, mentre invece, nel nostro caso, il documento italiano non ha avuto alcuna diffusione, pur in questa gran messe di iniziative pubbliche ed istituzionali sul digitale Terrestre? Secretato o considerato inutile?
Nessuno sembra aver traccia di tale documento che all¿estero &#232 stato oggetto di adeguata pubblicizzazione. Speriamo che si possa discutere e possa contribuire al dibattito sul futuro del settore.

Insomma la Tv digitale terrestre &#232 una cosa molto importante, impegnativa, dispendiosa.

Ed &#232 anche per questo che all¿estero si chiedono che cosa abbiamo noi italiani. Perch&#233 maneggiamo quest¿argomento con tale palese superficialit&#224, ritenendo che il raggiungimento della data del 2006 sia una prova di carattere o un obbligo di legge o un banco di prova per l¿onore del Paese.

Nulla di tutto ci&#242.

Lo switch-off implica tre cose: la copertura del segnale (che &#232 un parametro sciocco, alla portata di scelte meramente tecniche e poco investimento, cio&#232 non rappresenta alcun risultato strutturale), la presenza di decoder in tutte le abitazioni, l¿offerta di programmi e, ancor di pi&#249, di servizi, capaci di invogliare l¿uso della nuova Tv.

Oggi a Villa Medici si &#232 parlato solo di percentuali di copertura, con generici quanto entusiastici riferimenti a grandi quantit&#224 di programmi disponibili, ma per ridurre il tutto a programmi tradizionali diffusi in digitale o la partecipazione alla trasmissione del solito quiz scemo.

Certo i programmi ci saranno, ma nessuno fa previsioni.

Nessuno ci dice quanto investe.

Nessuno ci dice quali possono essere le resistenze del pubblico.

Perch&#233 il cartello dalla Tv italiana c¿era tutto, oggi, ma mancava il soggetto pi&#249 importante e determinante: il consumatore.

Chi convincer&#224 tutti a dotarsi di decoder?

C¿&#232 da mettere in conto una resistenza di nicchia difficilmente piegabile e con un rischio grande come una casa.

Lo switch-off &#232 possibile se tutti si doteranno di televisori digitali idonei alla ricezione del digitale terrestre.

Ma sappiamo che questo non avverr&#224.

L¿alternativa &#232 che chi non cambier&#224 televisore si doti di decoder, mantenendo il televisore analogico.

Ma sappiamo che ci saranno le nicchie di resistenza, nicchie forse anche pi&#249 consistenti del previsto. E non sar&#224 possibile convincerli per decreto. Non si tratta di obbligare il cittadino all¿adozione di una marmitta catalitica per la salvaguardia dell¿ambiente, per cui posso obbligarne l¿adozione e sanzionarne la violazione.

Si tratta di una libera scelta per un servizio che deve essere, oltre che apparire, convincente e appetibile.

Quindi lo switch-off difficilmente sar&#224 possibile nelle modalit&#224 che ci sentiamo dire da mesi.

E non dimentichiamo che la Rai, sorretta dal canone, ha un obbligo innanzitutto morale di servizio universale.

Infine la scadenza del 2006.

E¿ indicato in una legge del 2001 approvata dal precedente governo, in un momento in cui le previsioni di sviluppo del settore erano altre. Un errore che hanno fatto tutti o quasi i Paesi europei. Quella legge ha altre superficialit&#224 ed altre anomalie.

In un Paese civile le leggi si rispettano, se non sono rispettabili vanno modificate.

Il governo ha cambiato numerosi profili giuridici, ha cambiato leggi, ha fatto decreti su materie gi&#224 definite in precedenza, indicando strade nuove.

E¿ nelle prerogative di un governo.

Il governo ha invertito la rotta in cento altri casi, si fermi, oggi, rifletta come si fa nel resto d¿Europa, per individuare una via italiana alla Tv digitale terrestre che non sia quella muscolare di oggi che rischia di distruggere il futuro della Tv digitale terrestre in questo Paese.