Il mercato dei contenuti televisivi – II PARTE

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Le nuove catene del valore

Prodotto e diritto di sfruttamento acquisiti sono distinguibili, oltre che per i requisiti prima indicati, anche per il trattamento che richiedono per la messa in onda.

Natura e contenuti di alcuni programmi esigono, infatti, interventi di semplice adattamento alla tipologia di spettatori di volta in volta interessati. La fiction nel suo complesso, ad esempio, rappresenta un prodotto compiuto per il quale, nel caso in cui provenga dall¿estero, si deve solo intervenire, volendo semplificare i termini, sulla banda audio per il doppiaggio. Nel caso degli eventi sportivi, &#232 sufficiente l¿intermediazione editoriale ed informativa, ovvero l¿interfaccia, del giornalista per la telecronaca e la presenza di eventuali ospiti.

In altri casi, lo sforzo produttivo per la trasmissione del programma &#232 ben maggiore. Se guardiamo alla nuova ondata dei format, ci&#242 che si acquista &#232 semplicemente l¿idea, quasi sempre gi&#224 sperimentata altrove, nonch&#233 alcuni suggerimenti che il venditore esprime (quando non sono addirittura clausole contrattuali) e che sono relativi alla formula migliore per la messa in onda, ivi compreso, in alcuni casi, il profilo del conduttore suggerito. Tuttavia, un format mantiene pressoch&#233 inalterata l¿esigenza e lo sforzo di interventi produttivi per la realizzazione concreta del programma finito. Si tratta di una considerazione di non poco conto perch&#233 pone l¿attenzione sul modo in cui sta cambiando il rapporto tra attivit&#224 commerciale ed attivit&#224 produttivo-industriale.

Se si guarda agli inizi dei servizi pubblici televisivi europei, la programmazione era sempre fondata sulla tripartizione della programmazione nella formula ¿informare/divertire/istruire¿, legittimata dalle responsabilit&#224 morali e sociali che scaturivano anche dal sistema di finanziamento attraverso il canone. Sul piano industriale, il modello operativo adottato era basato sulle fasi funzionali ideazione-produzione-diffusione che consentivano ai broadcaster dell¿epoca di approvvigionarsi dei programmi necessari a coprire l¿offerta quotidiana (in una prima fase addirittura contenuta in un solo canale), utilizzando prevalentemente distinte strutture interne.

Con gli anni Ottanta, a questa prima generazione di broadcaster pubblici se ne affianca un¿altra, quella costituita da broadcaster commerciali, finanziati dalla pubblicit&#224, in un contesto di mercato fondato su un¿offerta multicanale.

L¿esigenza di posizionarsi in un nuovo mercato, la scarsa struttura industriale, la esplosione di una nuova domanda del pubblico, spinge i new comer a non appesantirsi con strutture produttive pesanti ed a fare un massiccio ricorso all¿acquisto esterno di programmi. I nuovi broadcaster, in qualche modo, ¿esternalizzano¿ l¿attivit&#224 ideativit&#224/produttiva, dotandosi di strutture industriali flessibili, in grado di soddisfare direttamente una quota largamente minoritaria di programmi.

Con la svolta degli anni Novanta, ad essi fanno seguito i broadcaster di terza generazione, promotori di un offerta tematica, targettizzata, finanziata da abbonamento o pay-per-view. Ideazione e produzione vengono definitivamente esternalizzate e l¿intero meccanismo di approvvigionamento si riconfigura secondo una nuova organizzazione industriale e commerciale. Lo scenario di flusso multiplo di canali si arricchisce con la nuova modalit&#224 on-demand. Non deve perci&#242 sorprendere se la catena del valore del mercato televisivo ha sub&#236to trasformazioni rapide e in qualche caso strutturali.

Detentori di diritti, produttori di contenuti, distributori di diritti, confezionatori di programmi (i packager), network, e, infine, i fornitori di accessi, rappresentano gli attori principali di uno scenario in continua evoluzione, caratterizzato da una forte spinta competitiva, da profondi processi di digitalizzazione e da una storica presenza di offerta americana, particolarmente rilevante in alcuni generi di fiction. A ci&#242, va aggiunta un¿ulteriore considerazione.

Il nuovo modello industriale appare, ancor prima di assestarsi, sottoposto ad una nuova riconfigurazione imposta dal successo della televisione satellitare e dallo sviluppo dei consumi on line, mentre all¿orizzonte si intravede un nuovo ruolo, quello dei cosiddetti aggregatori, ovvero i portali televisivi.

Attualmente, i broadcaster europei sembrano impegnati nell¿incremento dei prodotti di produzione interna o, comunque, commissionati, anche se i programmi acquisiti dal mercato dei contenuti rimangono ancora centrali nelle programmazioni perfino dei broadcaster europei pi&#249 ricchi o appartenenti ai maggiori gruppi.

Tuttavia, il quadro &#232 meno stabile di quanto possa apparire a prima vista.

In tutta Europa, infatti, i programmi di prima serata importati sono significativamente diminuiti nel corso degli ultimi anni. Nei mercati con maggior livello di competizione, determinata dall¿aumento dell¿offerta dei nuovi canali, ci&#242 si &#232 reso necessario per dare una personalit&#224 riconoscibile alle singole reti.

Il cambiamento che si intravede nel mercato europeo &#232 determinato innanzitutto dal crescente stato di maturit&#224 del business della televisione commerciale, secondo un percorso condiviso su scala continentale, che tende cio&#232 ormai ad interessare tutti i paesi europei. Sotto questo profilo, va segnalato che, accanto a mercati nazionali consolidati come Gran Bretagna, Germania, Italia e Francia, vi sono paesi dove la televisione commerciale costituisce un¿acquisizione pi&#249 recente (nei paesi scandinavi nasce agli inizi degli anni Novanta, mentre Svizzera e Austria hanno distribuito le prime autorizzazioni solo di recente e nell¿Europa dell¿est, che si &#232 rivelato un importante mercato per la televisione satellitare, la televisione commerciale trova possibilit&#224 di crescita e affermazione solo dopo le note vicende politiche registrate tra la fine degli anni Ottanta e l¿inizio degli anni Novanta).

Il dato pur nella sua essenzialit&#224 non &#232 irrilevante, se si considera che i broadcaster commerciali sono sempre stati, nella loro prima fase di attivit&#224, maggiormente dipendenti dai programmi acquistati. Non appena il loro mercato di riferimento diventa pi&#249 maturo, i programmi realizzati in proprio diventano pi&#249 importanti: il pubblico si aspetta infatti prodotti sempre pi&#249 targettizati e riconoscibili in chiave locale esprimendo una nuova domanda a cui i broadcaster, che nel frattempo hanno acquisito una posizione di mercato pi&#249 certa ed una capacit&#224 maggiore di investimenti, possono rispondere positivamente.

In questo contesto, in Europa si manifestano alcune macrotendenze.

Vi &#232, innanzitutto, una indubbia diminuzione delle collocazioni in primetime di programmi acquistati, con conseguente spostamento delle soap americane nelle fasce orarie diurne della programmazione, con preferenza per il primo pomeriggio. Nonostante il diminuito interesse in prodotti acquistati per il prime-time, il mercato per i fornitori di programmi, sia americani che europei, cresce fortemente. Un generale incremento nella produzione di programmi in proprio o commissionati da parte dei principali broadcaster &#232 infatti attenuato e diluito dall¿incremento delle ore di trasmissione e dall¿aumento dell¿offerta (nel numero dei canali).

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