Antitrust: il duopolio tv Rai-Mediaset può ostacolare il passaggio al digitale

di Raffaella Natale |

Italia


Il duopolio Rai-Mediaset rischia di ostacolare lo sviluppo della tv digitale terrestre. Lo sostiene l’Autorità Garante della concorrenza e del mercato, che ha avviato un’indagine conoscitiva, con particolare riferimento alla raccolta pubblicitaria. L’Antitrust, sottolineando l’elevata concentrazione del mercato italiano che porta a una scarsa concorrenza ¿ visto che Rai e Mediaset coprivano nel 2001 una quota di mercato del 96,8% – intende verificare che questo assetto non si riproduca nel passaggio, previsto per il 2006, dallo standard analogico al digitale.

 

Nelle motivazioni della decisione, pubblicate mercoledì 18 giugno sul proprio Bollettino, l’Antitrust considera che il mercato italiano della raccolta pubblicitaria su mezzo televisivo è caratterizzato dal più elevato livello di concentrazione in Europa. A fine 2001 la quota dei primi due operatori televisivi nazionali, espressa in termini di audience-share, era pari a circa il 90%, a fronte del 74% in Francia, del 66% in Germania, del 65% in Gran Bretagna e del 54% in Spagna.

 

In questi ultimi 10 anni, secondo l’Antitrust, si è andata consolidando una struttura di mercato duopolistica, in cui la presenza di elevate barriere all’ingresso ha sostanzialmente limitato, se non impedito il dispiegarsi di una pressione concorrenziale che conducesse a un mercato meno squilibrato. L’Autorità constata come i mercati appartenenti al comparto televisivo mostrino assetti concorrenziali non soddisfacenti. Questa considerazione era già stata espresse nella segnalazione del 19 dicembre 2002 su ¿Assetto del sistema radiotelevisivo e della Rai¿. In quella sede, l’Autorità evidenziava come l’esistenza di elevate barriere all’entrata abbia ‘determinato il costituirsi di un mercato fortemente concentrato, poco dinamico e caratterizzato da un basso gradi di innovazione’ con conseguenti effetti negativi sul benessere sociale.

 

In questo contesto di mercato, osserva l’Autorità, il passaggio delle trasmissioni televisive terrestri dallo standard analogico a quello digitale – previsto per il 2006 dalla legge 66/01 ¿ costituisce un’opportunità per assicurare una maggiore apertura del settore televisivo in quanto, a parità di risorse frequenziali, consentirà un incremento della quantità di canali disponibili, aumentando in tal modo il numero di fornitori di contenuti televisivi, ossia di emittenti.

Affinché l’introduzione del nuovo standard dia i propri effetti sul processo concorrenziale del settore televisivo, determinando un incremento del numero degli operatori televisivi nazionali e una più equilibrata distribuzione delle quote di mercato, risultano di cruciale importanza le modalità e i tempi con cui il settore televisivo, e in particolare il mercato della raccolta pubblicitaria su mezzo televisivo e quello delle reti per la trasmissione del segnale televisivo, si apriranno al gioco della concorrenza. Da qui scaturisce quindi l’apertura dell’indagine conoscitiva, con particolare riferimento al mercato a monte delle reti per la trasmissione del segnale televisivo e quello a valle della raccolta pubblicitaria su mezzo televisivo e agli altri servizi connessi, tra i quali figura il mercato della rilevazione degli indici di ascolto tv.

 

Le preoccupazioni espresse dall’Antitrust vengono confermate dai dati 2001 Adex, Nielsen, secondo i quali la struttura del mercato televisivo in Italia vede la Rai con una quota di audience del 47,1% e di raccolta pubblicitaria del 31,3%, Mediaset rispettivamente 43,1% e 65,5%, La7 2% e 1,9%, altre emittenti 7,8% e 1,3% di pubblicità. l’Italia, con il 90%, è al primo posto come tasso di concentrazione nel settore della televisione in chiaro in Europa. Queste le percentuali degli altri paesi: Grecia  43%, Spagna 54%, Irlanda  56%, Austria 56%, Gran Bretagna 65%, Olanda 66%, Germania 66%, Francia 74%, Portogallo 77%, Danimarca 79%, Svezia 81%, Finlandia 82%, Norvegia 82%.

 

¿In Italia c’è maggior concentrazione di messaggi pubblicitari, soprattutto in televisione, perché è un paese in cui si legge poco, non vengono pubblicati molti quotidiani e quindi la maggior parte della pubblicità è raccolta dalle televisioni¿. Così risponde ai dati resi noti dall’Antitrust Felice Lioy, direttore generale Upa (Utenti pubblicità Associati). ¿E’ ricorrente ¿ precisa Lioy – sentire in Italia la discussione sulla presenza o meno, in televisione, di due gruppi dominanti a cui è legata inscindibilmente la raccolta pubblicitaria. In tutti i paesi europei le realtà televisive sono concentrate nelle mani di pochi operatori e poche reti, come in Germania, Francia, Spagna, Inghilterra. Questo si verifica perché la televisione è un mercato impegnativo che ha valore soprattutto a livello nazionale¿. ¿Per quanto riguarda la situazione concorrenziale venutasi a creare nel nostro paese, non credo ¿ continua Lioy – sia vero che non si possa entrare nel mercato radiotelevisivo; ci sono tanti gruppi locali o regionali che stanno avendo buoni risultati, soprattutto in occasione di eventi sportivi che le grandi reti non hanno preso in considerazione¿.