Equo compenso: Lamperti (Anitec): ‘Provvedimento che peggiora il passato e chiude la porta al futuro’

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Volevamo attendere qualche giorno, affinché il testo del provvedimento fosse noto, prima di esprimere un giudizio – dichiara Claudio Lamperti, Vice Presidente Anitec e Presidente del Gruppo Elettronica di Consumo dell’associazione – ma rileviamo che ad oggi non è ancora, incomprensibilmente e poco trasparentemente, stato reso disponibile“.

 

Le notizie apparse sulla stampa – aggiunge Lamperti – riportano compensi basati sulla capacità di  memoria,  previsti, ad esempio, per smartphone e tablet, che quindi penalizzano maggiormente i dispositivi più performanti, mettendo una seria ipoteca sul futuro dello sviluppo del Paese. Si rinuncia così totalmente allo sforzo, più volte chiesto, di ripensare integralmente l’istituto dell’equo compenso per allinearlo con le mutate abitudini dei consumatori e con l’evoluzione della tecnologia“.

 

Come rileva il Vice Presidente Anitec, “l’aggiornamento di cui abbiamo notizia non tiene conto né dei risultati evidenziati dallo studio commissionato dal Mibact stesso, né del principio di una legge che, per quanto desueta, lega comunque l’equo compenso alla capacità di registrazione sul dispositivo di contenuti protetti da diritto d’autore. Va però rilevato che, come tutti sperimentiamo ogni giorno, la capacità di memoria e registrazione sono impiegate dall’utente finale principalmente per utilizzi diversi dalla registrazione musicale, quali produzione di fotografie e filmati, presenza  sui device di app sempre più “memory requesting” e, solo in parte ancor più residuale rispetto al passato, per la potenziale registrazione di contenuti“.

 

Non dimentichiamo inoltre – prosegue Lamperti – quello che  è il ‘peccato originale’ di questo decreto: prevedere cioè un ‘balzello sulle intenzioni’ come confermato dallo studio del Ministero, che ci dice che solamente il 13% di utenti effettuano una copia privata. Ed il rimanente 87%?

 

Il gettito derivante dallo schema pubblicato nel comunicato ministeriale supera i 150 milioni di euro annui e rappresenta il 250% del valore attuale. L’industria operante in Italia, come noto a chi conosce le dinamiche delle aziende che hanno unicamente presenze commerciali sul territorio, ha margini bassissimi sui prezzi dei device ed ogni balzello in più non potrà che aggiungersi al costo industriale del prodotto, specialmente per aumenti del 500% come quelli previsti su smartphone e tablet. “Chiediamo – conclude Lamperti – che il Governo possa porre urgente rimedio ad un provvedimento chiaramente iniquo ed antistorico”.