Italia
Pubblichiamo integralmente la lettera Asati, Associazione piccoli azionisti di Telecom Italia, a firma del suo presidente Franco Lombardi, inviata al Ministro dello Sviluppo Economico, Paolo Romani, al Presidente AGCOM, Corrado Calabrò, al Presidente CONSOB, Giuseppe Vegas e al Presidente AGCM, Antonio Catricalà.
 Nella nostra qualità di Associazione che rappresenta i piccoli azionisti di  Telecom Italia intendiamo sottoporre alla Vostra attenzione alcune notizie  apprese di recente dagli organi di stampa. Ci riferiamo, in particolare, al  fatto che sarebbe esplosa “ufficialmente la guerra sulle regole per le reti  NGN a banda larghissima (Next Generation Network, fibra ottica a 100 Mbit/s)“.  Sempre dagli organi di stampa abbiamo appreso che gli operatori fissi  alternativi, attraverso l’associazione ECTA, hanno chiesto alla Commissione  europea di intervenire sulla recente delibera AGCOM riguardante le nuove  regole NGN (oggetto di consultazione pubblica nazionale ed europea), in modo da  prevedere in capo a Telecom Italia:
 • l’imposizione dell’obbligo di offrire l’unbundling fisico in centrale ai  concorrenti “a prescindere dalla sua architettura di rete NGN” negando, quindi,  all’incumbent il diritto (riconosciuto peraltro dalla recente Raccomandazione  europea NGAN) di scegliere liberamente di realizzare l’architettura di rete (punto-multipunto  vs punto-punto) per lo sviluppo della propria infrastruttura di accesso in  fibra;
 • l’imposizione dell’obbligo di lanciare le offerte commerciali al dettaglio  decorsi almeno sei mesi dalla corrispondente offerta all’ingrosso per gli  operatori alternativi; 
 • il divieto di procedere alla segmentazione geografica dell’obbligo di offerta  del servizio bitstream, tenendo conto del diverso grado di concorrenzialità che  caratterizza le aree territoriali;
 • l’imposizione di permettere l’accesso in più punti alla rete di accesso  realizzata da Telecom Italia per consentire l’eventuale interconnessione agli  operatori alternativi;
 • l’assenza di ogni regola di simmetria tra infrastrutture realizzate da Telecom  Italia e quelle di altri operatori, in particolare nel cablaggio di edificio che  costituisce per sua natura un monopolio naturale;
 • l’obbligo di realizzare infrastrutture di rete – quando richieste da altri  operatori – nei casi in cui Telecom non disponesse di queste infrastrutture.
Parimenti talune dichiarazioni da parte delle massime autorità di Governo appaiono orientate ad affermare che il timore di Telecom “sia quello di perdere una posizione predominante, tipica di un incumbent” e che “per un grande gruppo come Telecom Italia che è stato il monopolista e da diversi anni è ormai privatizzato ci sia poca voglia di sentirsi coordinati da un organismo pubblico“.
 Alla luce di questo quadro di riferimento, intendiamo sottoporre all’attenzione  di codeste spettabili Autorità, nella veste di azionisti della Società e quindi  a tutela dei nostri interessi, talune considerazioni che consideriamo  imprescindibili:
 • le nuove regole NGN non possono limitare le libere scelte imprenditoriali  di una società privata, attraverso, addirittura, l’imposizione di realizzare una  specifica tipologia di architettura da adottare nello sviluppo della rete di  accesso;
 • gli investimenti di Telecom Italia devono poter essere promossi e attuati  sulla base di criteri oggettivi – quali lo sviluppo della domanda di servizi  avanzati e la scelta di opzioni tecnologiche connesse alla domanda – più  economiche ma al contempo efficienti e scalabili.
 Nel complesso, l’impianto regolamentare per le reti in fibra che si sta  prospettando rappresenta un serio disincentivo agli investimenti di Telecom  Italia e, quindi, comporta un’indebita distorsione della concorrenza a favore  degli operatori alternativi che si limiterebbero, in base alle nuove regole, a  “sfruttare” investimenti e rischi commerciali sostenuti dalla sola Telecom  Italia.
 Riguardo, poi, alle iniziative sempre in tema di NGN oggetto del Tavolo c.d.  “Romani”, in primis appare singolare che, in uno scenario economico  internazionale e nazionale ancora segnato da una profonda crisi, il Governo  decida di utilizzare la Cassa Depositi e Prestiti e cioè parte della raccolta  del risparmio postale (e, quindi, i depositi di milioni di cittadini) per  finanziare il progetto di sviluppo delle reti in fibra, anche nelle aree  territoriali caratterizzate da una concorrenza infrastrutturale.
Così operando, l’iniziativa pubblica ostacolerebbe illegittimamente quella privata e proprio in quelle aree dove il Piano industriale di Telecom Italia si traguarda di fornire ad almeno il 50 per cento delle famiglie del Paese collegamenti in fibra a 100 Mbit/s entro il 2018, con un anticipo quindi di due anni rispetto all’obiettivo fissato dall’Agenda Digitale europea. È appena il caso di sottolineare come la normativa europea sugli aiuti di Stato vieti espressamente misure di sostegno pubblico nelle aree in concorrenza infrastrutturale: esse, infatti, possono essere applicate limitatamente a quelle aree caratterizzate da un “fallimento di mercato” e cioè ad aree dove il soggetto privato non troverebbe conveniente investire, a detrimento dei cittadini che si ritroverebbero discriminati, essendo privati dell’accesso a specifici servizi e infrastrutture.
Sempre in merito al Tavolo “Romani, ci appare del tutto antieconomica la decisione di imporre alla Newco la realizzazione di reti di nuova generazione con un’architettura punto-punto. Anche senza entrare nel merito della legittimità di una scelta tecnica obbligatoria, basti considerare che, a livello internazionale, si sia riscontrato come l’architettura punto-multipunto risulti del tutto più efficiente in termini di capex ed opex, più contenuti nell’ordine del 50 per cento rispetto a quella punto-punto. Altre criticità abbiamo rilevato sul versante della previsione del costo di unbundling per la fibra che, secondo il Tavolo “Romani”, dovrebbe essere addirittura equivalente a quello dell’unbundling sul rame. Anche in questo caso sono state formulate valutazioni che ci appaiono prive di fondamento economico, non tenendo in conto i costi effettivamente sostenuti, e che sono completamente disallineate rispetto alle conclusioni di numerosi benchmark internazionali.
Ciò premesso, il Tavolo “Romani” ripresenta la problematica dei limiti del controllo e della direzione pubblica nel settore delle telecomunicazioni, non più caratterizzato, vogliamo ricordarlo, dall’istituto della riserva originaria in capo allo Stato e dal regime di concessione, che avrebbero potuto giustificare l’intervento del soggetto concedente nella definizione dei piani di sviluppo della società concessionaria.
In definitiva, l’intervento neodirigistico del Tavolo “Romani”, mirato a vincolare le strategie di Telecom Italia per lo sviluppo delle reti di nuova generazione, appare illegittimo perché si pone in palese contrasto con primari valori costituzionali, in particolare per quanto concerne l’introduzione di misure fortemente limitative della libertà dell’iniziativa economica.
 Alla luce di quanto sin qui rappresentato, chiediamo alle Autorità destinatarie  della presente comunicazione di porre in essere quanto di competenza al fine di  evitare:
 • interventi neodirigistici che limitino le scelte industriali di Telecom  Italia, azienda quotata in Borsa, in termini di sviluppo delle reti NGN;
 • indebite misure di sostegno a favore degli operatori alternativi “esonerati”,  di fatto, dagli investimenti, giacché gli interventi preannunciati farebbero  ricadere integralmente in capo alla Telecom Italia l’ingente sforzo investitorio  (diversi miliardi di euro) per la realizzazione delle reti in fibra, con  immaginabili ricadute negative per gli azionisti e per gli stakeholders;
 • interventi pubblici ostativi del Piano industriale di Telecom Italia,che  avrebbero sicure conseguenze sull’ apprezzamento del valore dei titoli in Borsa,  in palese violazione della disciplina europea sugli aiuti di Stato.
 Infine quanto emerso nell’incontro di ieri al tavolo Romani ,se andasse avanti  quella proposta di fatto significherebbe espropriare la rete di accesso di TI,  asset fondamentale dell’incumbent, con pesantissime ripercussioni sugli  equilibri finanziari e economici della Societa’ . La scrivente Associazione si  riserva quindi ogni azione a sua tutela nella qualità di ente esponenziale degli  interessi dei piccoli azionisti di Telecom Italia. L’ASATI invita infine  Telecom Italia, che ci legge in copia, a intraprendere ogni iniziativa tesa alla  salvaguardia dei diritti di tutti i propri azionisti.