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CineMondo: uno sguardo al Medio Oriente, il cinema in Siria, Libano, Israele e Palestina. Roma 16-20 aprile 2011

Italia


Da sabato 16 a mercoledì 20 aprile 2011 l’Accademia di Francia a Roma presenta la prima edizione di CineMondo, rassegna cinematografica che volge lo sguardo ai paesi del Medio Oriente – in particolare per questa occasione al Libano, Siria, Israele e territori palestinesi – mostrando film e documentari in anteprima e in proiezione speciale, premiati dalla critica internazionale per la loro forza espressiva e originalità; film fantasma, presentati in molti festival, a Venezia, Berlino, Cannes, ecc. e che difficilmente troveranno una distribuzione in Italia.

In collaborazione con il Festival Internazionale del Documentario di Marsiglia – che da oltre 20 anni programma, con coraggio e grande originalità, una panoramica dell’attuale produzione documentaria del mondo – la rassegna sarà una vetrina sul cinema più recente e inedito di alcuni paesi del Medio Oriente, in un dialogo permanente e forte con le generazioni di registi e autori del passato.
Un cinema di confine, alla frontiera tra il genere documentario e la finzione che svela una vitalità e creatività innovativa, erede di una generazione di registi che si sono affermati sin dagli inizi degli anni 70′, attraversato e percosso dai conflitti armati e da una profonda riflessione sulla memoria e sull’identità che attraversa le nazioni nella loro molteplicità di lingue, etnie e credo religioso.

Registi del presente, come Monika Borgmann, Hala Alabdalla, Mohammad Ali Atassi o ancora Raed Andoni e Avi Mograbi saranno protagonisti di questa edizione e mostreranno fino a che punto il cinema sia diventato un linguaggio artistico di vitale rilevanza, anche e soprattutto in un panorama storico e culturale in continua e violenta evoluzione. La rassegna si aprirà sabato 16 aprile con un omaggio speciale al grande regista siriano Omar Amiralay, recentemente scomparso, tra i più influenti cineasti del mondo arabo.
L’altro ieri, oggi, il cinema.

Raramente una programmazione cinematografica sarà così legata all’attualità. E’ utile ribadirlo? Oggi stesso è in corso una svolta storica dalle conseguenze ancora oscure. Una cosa è certa: un’insurrezione di grande ampiezza, transnazionale e popolare, sta scuotendo le vecchie tirannie per ritrovare un sistema politico, sino ad ora, terrorizzato dalla pratica della repressione del regime. Ebbene, nel momento in cui si è immaginato questo focus sul cinema contemporaneo del Medio Oriente, su invito dell’Accademia di Francia a Roma -, che teniamo a ringraziare calorosamente – l’attualità storica non lasciava intravedere nulla se non sotto la forma di una sottile e acuta necessità di un domani.
In compenso, ognuno di questi film, affilati come la lama dell’analisi,, porta una testimonianza cruda di situazioni specifiche, contesti differenti e storie particolari. E, così come tutti gli altri, anche il cinema del Medio Oriente non potrebbe rinchiudersi in una sola categoria. Il Libano e i suoi terribili segreti sfiorati in Massaker, di Monika Borgmann e Lokman Slim, non condivide nulla con il coraggio di Zaayd Abu, seguito intensamente dal regista Ali Atassi, e ancor meno con il progetto allegorico di Ghassan Salhab. La Palestina di Raed Antoni non è quella vista da Kamal Aljafari. Se i versi di Brecht avvicinano Mograbi a Roee Rosen, la loro Israele si rivela con parole e corpi incomparabili. Allo stesso modo, il lirismo malinconico e sussurrato da Alabdala Hala ha scelto una temporalità diversa da quella di Omar Amiralay descrivendo il dolore della Siria.
Nel celebrare questa occasione di incontri, che sono quelli di un domani, vogliamo condividere con voi, pubblico italiano, la felicità di queste terre troppo ingiustamente trascurate dal cinema.

Jean-Pierre Rehm, delegato generale del FIDMarseille.

PROGRAMMA

SABATO 16 APRILE

IL DOCUMENTARIO IN SIRIA
▪ Ore 19.30
OMAGGIO A OMAR AMIRALAY
Presentazione e dibattito con la regista Hala Alabdalla

I giovani registi dei paesi arabi perdono un importante punto di riferimento: Omar Amiralay, intellettuale e regista indipendente, si é improvvisamente spento sabato 5 febbraio all’età di 67 anni.
Le sue illuminate analisi politico-economiche l’avevano costretto all’esilio, mentre la maggior parte dei suoi film soffriva la censura ed il divieto di diffusione nel suo paese.
Ritornato in Siria, continuava ad esprimere apertamente le sue idee insieme ad un gruppo di intellettuali libanesi e siriani, firmatari nel 2005 di una petizione affinché la Siria riconoscesse definitivamente l’indipendenza del Libano.
Amiralay contribuiva attivamente da anni alla formazione di giovani registi ed alla circolazione delle loro opere. Sosteneva i progetti di Aflam Marsiglia e contribuiva alle attività dell’associazione dopo essere stato l’ospite d’onore del Festival « Cinema Siriano » nel 2006.
(AFLAM Diffusion des cinema arabes, Marsiglia)

Al hayatt al yawmiyah fi quariah suriyah (Everyday Life in a Syrian Village)
di Omar Amiralay
Siria, 1974, 85′

Nella Siria degli anni ’70, Omar Amiralay e Saadallah Wannous ottengono l’autorizzazione per andare a filmare le conseguenze della riforma agraria in un villaggio siriano. Al loro arrivo, i contadini non si fidano di questi stranieri e del loro materiale cinematografico… Alla fine riescono ad appropriarsi del progetto, per esprimere la loro collera e rivelare le tensioni che esistono tra il discorso ufficiale e la realtà della loro vita. Tutt’oggi il film è proibito in Siria.

▪ Ore 21.30
INCONTRO CON HALA ALABDALLA
Ana Alati Tahmol Azouhour Ila Qabriha (Sono quella che porta i fiori verso la sua tomba)
di Hala Alabdalla e Ammar Albeik
Siria, 2006, 110′

La mappa del mio paese si riassume sostanzialmente ad amici e ad itinerari consigliati. Parlo di queste strade, offro i miei dubbi e le mie certezze alla ricerca di un luogo per le riprese del mio film, dopo 20 anni di attesa. I miei amici passano davanti alla mia videocamera, parlano al mio posto e alleviano così la nebbia dei miei occhi. Mi rifugio nel mare: è la mia infanzia infranta, è il mio enigma, è la tomba sacra della poesia. Ammar (co-regista) mi ha aiutato nella realizzazione e nel suo montaggio in un unico film sospeso. Un film come un puzzle in bianco e nero diventa un viaggio di andata e ritorno che racconta la prigione e l’esilio, il passato e il presente, l’amore e la morte. Un film che ci racconta l’importanza della poesia.
63° Mostra Venezia Orizzonti

DOMENICA 17 APRILE
▪ Ore 19.30
FOCUS FIDMARSEILLE, FESTIVAL INTERNAZIONALE DEL DOCUMENTARIO
Presentazione di Jean-Pierre Rehm, delegato generale del FIDMarseille
Dibattito con il regista Mohammad Ali Atassi

Fi itizar Abou Zayd (Waiting for Abou Zaayd)
di Mohammad Ali Atassi
Libano/Siria, 2010, 82′

Nasr Hamed Abou Zayd non è Godot, e l’attesa del titolo è fuorviante: questo signore infatti è presente quasi in ogni scena. Chi è? Teologo musulmano egiziano di fama internazionale, ha pubblicato dei saggi sul Corano che gli costarono la condanna per apostasia. Esilio, divorzio obbligato da sua moglie Ibtihal Younes e annullamento del matrimonio, separazione da suo figlio, queste sono le conseguenze dei suoi scritti. Ma Abou Zayd non vi ha mai rinunciato, residente a Leiden, nei Paesi Bassi, continua, sul suo cammino, a tenere conferenze con grande serenità per spiegare le sue posizioni all’interno di dibattiti pubblici e televisivi.
E’ questa dedizione particolarmente impressionante che la video camera di Mohammad Ali Atassi ha registrato per sei anni. Questo film è quindi il ritratto di un pensatore in azione e un’interessante opportunità per approfondire gli studi islamici. Ma è anche, come nella sequenza di incontri tenutisi in una sala a Beirut o nello studio di una radio a Al Jazeera, un documento di una società appassionata di dibattiti teorici. (Jean-Pierre Rehm)
FID2010 Premio Georges de Beauregard International

▪ Ore 21.30
Terra Incognita
di Ghassan Salhab
Libano, 2002, 93′
Beirut oggi, una città distrutta sette volte, e altrettante ricostruita. Città in costruzione, città mutante, come Soraya, una figura centrale del film, ma anche Leyla, Tarek, e Nadim Haidar.
Soraya è una guida turistica, che gira il paese sulle tracce delle civiltà del passato, che a volte si mescolano con la recente guerra.
Soraya che si abbandona agli amanti di passaggio e che accumula volti nuovi.
Leyla che naviga tra misticismo e ateismo.
Nadim, un architetto che reinventa la sua città, apportando una pietra per l’opera di distruzione e di ricostruzione di essa.
Tarek, appena tornato a casa, se ne domanda il perché.
Haidar, spettatore delle informazioni che ascolta alla radio, così come della sua stessa esistenza.

LUNEDI 18 APRILE
IL CINEMA DOCUMENTARIO IN MEDIO ORIENTE
▪ Ore 19.30
Massaker
di Monika Borgmann e Lokman Slim e Hermann Theissen
Germania, Libano, Francia, Svizzera, 2004, 99′

Nel 1982, le immagini del massacro nei campi profughi palestinesi in Libano hanno scosso il mondo. La maggior parte dei colpevoli facevano parte delle Forze libanesi, una milizia cristiana. Che cosa spinge gli uomini a commettere tali atrocità?
Sei di loro si confidano. Il film analizza il contenuto e l’estetica del fenomeno della violenza collettiva da un punto di vista psicopolitico. (Andrea Wenzek )
FID2005 Prix Premier – Menzione speciale
Berlinale 2005 – Panorama

TAVOLA ROTONDA
Con: Monika Borgmann (regista), Jean Pierre Rehm (FIDMarseille), Simone Sibilio (co-curatore di Telling and Broadcasting Mediterranean Stories, A Study on Documentary Film RAI ZONE 2010) e Alessandro Signetto (consigliere di Doc/it)
Moderano: Alessandra Paradisi (COPEAM – Conferenza Permanente dell’Audiovisivo Mediterraneo) e Francesca Bolognesi (Responsabile delle attività cinematografiche di Villa Medici).

MARTEDÌ 19 APRILE
DIASPORE CINEMATOGRAFICHE
▪ Ore 19.30
Alsateh (Le toit)
di Kamal Aljafari
Palestina, 2006, 63′

Un uomo ritorna nella terra natale dei suoi genitori, prima Palestina, oggi Israele. Catturato dai contorni frammentati di vite e da luoghi infranti, è alla ricerca di un luogo e di una narrazione coerente. Tessendo i brandelli del suo passato da adolescente, allora incarcerato, intraprende un viaggio, non tanto alla ricerca della sua memoria, ma alla conquista del presente, una sorta di passato vivente. Ambientato all’interno della storia incompiuta della sua famiglia, lontano dalle strategie spettacolari del giornalismo, da inchieste giornalistiche presumibilmente veriste, lontano dalla ricerca delle cause e dalla loro logica di vittimizzazione, non troverete nulla di aneddotico in questo film. L’aneddoto caso mai diventa qui allegoria e permette al film di seguire i sentieri e il ritmo della meditazione, di porre un muro distrutto in parallelo con un muro in costruzione. Manifesto politico e formale, ciò che ci rivela Kamal Aljafari, è più che il solo significato attribuito alla mancanza di un tetto, è l’architettura propria dell’identità, ai luoghi e ai passati ancora presenti. (Jean-Pierre Rehm)
FID2006 Prix Son
Incontro con il pubblico

▪ Ore 21.30
Z32
di Avi Mograbi
Francia, Israele, 2008, 81′

Un ex soldato israeliano ha partecipato ad una missione di rappresaglia in cui sono stati uccisi due poliziotti palestinesi. In seguito cerca il perdono per quello che ha fatto, ma la sua ragazza non pensa che possa essere così semplice, e solleva quindi alcune questioni che non è in grado di affrontare. Il soldato testimonia volontariamente davanti alla videocamera la sua esperienza, ma la sua identità non viene rivelata. Il regista, pur cercando la soluzione appropriata per preservare l’identità del soldato, sottolinea alcune questioni importanti sulla sua condotta politica e artistica.
65a Mostra Venezia – Orizzont

MERCOLEDÌ 20 APRILE
▪ Ore 19.30
Fix me
di Raed Andoni
Palestina, 2009, 98′

Raed ha mal di testa. In senso letterale e in senso figurato. Questo gli impedisce di lavorare e decide di farsi curare. Così si reca al reparto psichiatrico dell’ospedale di Ramallah. Sì, Raed è palestinese e vive in Cisgiordania. Il suo medico gli promette di guarire in venti incontri. Raed è inoltre un regista. Lo studio psichiatrico è separato dalla stanza adiacente mediante uno specchio che normalmente viene utilizzato per la formazione dei tirocinanti. Consentirà a Raed di riprendere passo per passo la sua terapia e allo spettatore di penetrare nella psiche di questo strano personaggio, una sorta di cugino palestinese di Woody Allen, volto a scoprire il suo mondo.

▪ Ore 21.30
The confessions (Les confessions)
di Roee Rosen
Israele, 2008, 60′

Rifacendosi alla tradizione di Sant’Agostino e di Jean-Jacques Rousseau, ci vengono promesse le confessioni di Roee Rosen, artista israeliano. L’autobiografia, come le analisi scientifiche hanno confermato, implica un patto con il destinatario, un contratto implicito di fiducia, che consenta al confessato di nascondersi dietro le sue rivelazioni, per sfoggiare alla fine tutti i tipi di maschera. E’ la strategia utilizzata qui, visto che il soggetto maschile viene sostituito successivamente con l’immagine di tre donne di fronte alla telecamera. Duchamp già si travestiva in Rrose Selavy. Ma qui c’è più che l’allusione esplicita dadaista. Queste donne, lavoratrici immigrate in Israele, ciascuna proveniente da un paese diverso, hanno a fatica imparato l’ebraico e altrettanto difficilmente decifrato il gobbo posto di fronte a loro. Oltrepassati quindi i limiti angusti del confessionale. Ciò che le loro parole, le loro coreografie appena accennate rivelano, supera l’esperienza della semplice intimità e i suoi piccoli segreti. Un trio in trappola, un trio maldestro che prende il posto di Roee Rosen, esprime in ventriloco delle pazzie troppo grandi per non essere condivise. (Jean-Pierre Rehm)
FID2008 Prix Georges de Beauregard International – Menzione speciale

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