INGV: calotte polari a rischio scioglimento entro il 2100

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L’analisi di carote di sedimenti prelevate al di sotto della piattaforma di ghiaccio galleggiante del mare di Ross (Ross Ice Shelf), in Antartide, ha portato un numeroso gruppo di ricercatori del progetto ANDRILL (ANtarctic geological DRILLing), fra i quali Fabio Florindo (coordinatore del progetto), Massimo Pompilio e Leonardo Sagnotti dell’INGV a interessanti scoperte sull’evoluzione della calotta occidentale dell’Antartide (West Antarctic Ice Sheet) in un intervallo che va da 5 a 3 milioni di anni fa, quanto la temperatura media del nostro pianeta ed il contenuto di CO2 in atmosfera erano più alte delle condizioni attuali.

I risultati hanno messo in luce per la prima volta una calotta polare estremamente dinamica, le cui fluttuazioni sono avvenute seguendo la periodicità di un parametro dell’orbita terrestre (variazione ciclica dell’inclinazione dell’asse terrestre). La calotta polare occidentale è periodicamente collassata e, nella regione del Mare di Ross, la piattaforma di ghiaccio galleggiante, oggi estesa come la Francia, e’ andata progressivamente ritirandosi fino a dare spazio a condizioni di mare aperto.
I dati raccolti da questa ricerca sono estremamente importanti per avere un’idea di quello che potrebbe accadere nei prossimi decenni in conseguenza dell’aumento incontrollato delle emissioni di gas serra in atmosfera.

Al ricercatore Fabio Florindo, facciamo alcune domande:

Quanto era profonda la trivellazione attraverso cui avete raccolto le carote di sedimenti ? “Abbiamo perforato circa 1300 m di sedimenti dopo avere attraversato con le aste di perforazione 85 metri di ghiaccio del Ross Ice Shelf e 850 metri di acqua“.

Perche’ studiate i sedimenti e non le carote di ghiaccio? “A differenza delle perforazioni di carote di ghiaccio (ad esempio quelle prese nell’ambito del progetto EPICA – European Project for Ice Coring in Antarctica) che hanno permesso di estendere le conoscenze sul clima della Terra fino a circa un milione di anni fa, con lo studio di sedimenti possiamo spingerci indietro di diverse decine di milioni di anni, quando ancora non esistevano delle calotte di ghiaccio in Antartide. Programmi di ricerca come ANDRILL sono allora estremamente importanti specie per le incertezze sul comportamento futuro delle calotte polari dell’Antartide in questa fase di riscaldamento globale. I dati acquisiti sono estremamente importanti per comprendere la dinamica delle antiche calotte polari e del ghiaccio marino stagionale, nonché per la verifica dei modelli matematici sull’evoluzione del clima a scala planetaria“.

La ricerca pubblicata oggi su Nature è di grande attualità scientifica, perché potrebbe dare utili informazioni sulle possibili conseguenze nel caso di un’ ulteriore aumento delle temperature medie globali.
Al professor Enzo Boschi, presidente dell’INGV abbiamo chiesto:
Ritiene possibile che un fenomeno analogo a quello da voi descritto di collasso della calotta occidentale possa verificarsi di nuovo, se le temperature aumentassero di 3°C? “Certamente si. Negli ultimi anni è salito alla ribalta dell’informazione di massa il problema del progressivo riscaldamento del nostro Pianeta legato all’emissione indiscriminata di gas serra nell’atmosfera. Nel corso del XX secolo il riscaldamento è stato di circa 0.7°C, ma una delle proiezioni dell’IPCC-2007 è che nel 2100 la temperatura sarà analoga a quella presente sulla Terra prima della formazione di una calotta di ghiaccio in Antartide. In quest’ottica, è importante tenere sotto controllo gli effetti di questo riscaldamento ai poli poiché l’Artide e l’Antartide, le regioni più fredde del Pianeta, sono quelle che risentono maggiormente delle variazioni climatiche. A titolo di esempio, basti pensare a quello che è accaduto nel febbraio del 2002 alla piattaforma di ghiaccio del Larsen B (Penisola Antartica) a causa del riscaldamento globale. Questa piattaforma che aveva una estensione di ben 3.250 chilometri quadrati e uno spessore di 220 metri, si è disintegrata nel giro di 30 giorni!“.

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