Italia

L’Istituto  Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) ha dato un forte contributo per  l’applicazione in Italia della tecnica di cattura e stoccaggio di CO2 (CCS)  in collaborazione con l’ENEL, l’ENI ed altre compagnie elettriche  ed operatori di stoccaggio (Edison, Independent Resources plc, Rezia Energia).  L’INGV è stato chiamato come organo di consulenza scientifico per individuare le  zone in cui la CO2 separata dalle emissioni di impianti elettrici a carbone può  essere iniettata all’interno di siti geologici profondi, inoltre l’INGV sta  revisionando la direttiva europea CCS insieme al Ministero dell’Ambiente.
 Sono già stati individuati diversi serbatoi naturali chiamati dai geologi  acquiferi salini profondi situati a profondità tra 800 e 3000 metri. Essi si  trovano prevalentemente nell’Adriatico settentrionale, di fronte alle coste del  Veneto, nell’Adriatico Meridionale a largo di Brindisi e nel medio Tirreno di  fronte a Civitavecchia. Anche nell’entroterra, soprattutto lungo la Fossa  Bradanica i potenziali siti di stoccaggio raggiungono le migliaia di tonnellate  di CO2 .
 Il quadro degli interventi operativi nell’ambito della piattaforma europea  ZEP (Zero Emission Platform) che prevede il primo esperimento pilota di  separazione della CO2 da un’unità della centrale a carbone di Brindisi inizierà  l’anno prossimo ed è stato illustrato nei dettagli dal ing. Giuseppe Montesano,  responsabile Ambiente dell’Enel, in un side event della conferenza mondiale sui  cambiamenti climatici in corso a Posnan dal 1 al 12 dicembre 2008.
 “E’ una delle strade fondamentali che l’Italia dovrà seguire per rientrare  nei parametri del Protocollo di Kyoto perché le condizioni geologiche dei siti  individuati lo consentono con grande sicurezza anche in zone sismiche“, dice Enzo Boschi, presidente dell’INGV. 
 Fedora Quattrocchi, responsabile dell’Unità Funzionale di geochimica dei  fluidi, stoccaggio geologico e geotermia dell’INGV alla domanda sui rischi  legati alla tecnologia energetica CCS, rassicura che il rischio è molto basso  rispetto ad altre tecnologie energetiche come ad esempio a quello dello  stoccaggio delle scorie nucleari. “L’INGV – dice Quattrocchi – ha  definito il concetto di massimo rischio legato allo stoccaggio geologico di CO2  e lo ha pubblicato sui proceedings della conferenza internazionale del  Greenhouse Gas Control Tecnology che si è tenuto a Washington il mese scorso“.
 
 
   
 


