INGV: innalzamento del livello del mare, più veloce in Europa che nel resto del mondo

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I cambiamenti climatici stanno causando nelle acque marine del continente europeo (ma anche nel resto del mondo) una serie di effetti a catena che riguardano: l’erosione costiera, il rischio di inondazioni, il cambiamento di abitudini della vita marina e finanche la pesca. Questo quadro di preoccupanti scenari – alla definizione del quale ha contribuito in maniera determinante un settore di ricerca dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, INGV – (GNOO, il gruppo Nazionale di Oceanografia Operativa), diretto dalla professoressa Nadia Pinardi, è stato delineato con grande ricchezza di particolari nell’ultimo rapporto “Impacts of Europe’s changing climate“, compilato da European Commission, European Environment Agency e World Health Organization Union.

Uno dei punti di partenza dell’analisi sugli ecosistemi marini, riguarda il tasso di aumento del livello delle acque rilevato dai satelliti artificiali che risulta ormai giunto alla media di 3.1 mm l’anno, con una crescita di ben 1,3 mm rispetto alla media calcolata sul secolo scorso.
Questo incremento, contrariamente a quella che è l’opinione comune, non risulta egualmente distribuito su tutti gli oceani della Terra, ma varia da zona a zona in funzione delle correnti oceaniche e dei variabili effetti della gravità. Nei mari europei, in particolare, l’incremento del livello è più marcato che altrove, a causa dell’accelerato scioglimento della coltre nevosa e dei ghiacciai della Groenlandia. Di conseguenza è legittimo temere per l’Europa un maggiore impatto negativo.
In particolare gli scenari elaborati per prevedere quali potrebbero essere le conseguenze di questo fenomeno indicano l’aggravarsi delle inondazioni in coincidenza dei cicloni, una più marcata esposizione delle coste all’azione erosiva delle onde, la perdita di vaste aree pianeggianti che giacciono a livello del mare, le infiltrazioni di acque salate nell’entroterra con il conseguente inquinamento delle riserve di acqua dolce.

Anche la vita marina accusa dei segni di difficile adattamento e di disordine rispetto a questa catena di effetti negativi, come è dimostrato dalle migrazioni di molte specie di pesci e di uccelli marini che cercano le condizioni termiche e ambientali più favorevoli alla loro sopravvivenza.
Ma uno degli allarmi più insistenti di questi cambiamenti che si stanno verificando a una velocità superiore a quella prevista soltanto pochi anni fa dagli specialisti del “global change“, riguarda la pesca che già ora appare in crisi in diverse aree del nostro continente. Tanto che si pensa di dovere cambiare le norme vigenti che regolamentano modalità e tempi di questa fondamentale attività economica.

Nadia Pinardi, la responsabile del dipartimento di Oceanografia dell’INGV sottolinea come tra gli autori del report figura anche il ricercatore Giovanni Coppini, precario, che ha dato un contributo fondamentale alla ricerca e che fa parte del gruppo di studiosi INGV che ha permesso di monitorare il Mar Mediterraneo per ritrovare i segnali incontrovertibili dei cambiamenti climatici.
Il contributo fornito dal nostro Istituto alla migliore conoscenza dell’ambiente marino europeo e delle trasformazioni che sta subendo in conseguenza dei cambiamenti climatici – conclude il professor Enzo Boschi, presidente dell’INGV – è la dimostrazione di come la ricerca applicata nel settore geofisico possa dare un utile contributo anche alle attività economiche e sociali“.

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