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La comunicazione pubblica locale

REPORT

Di Provincia di Milano

Pubblicato: 2012

Pagine: 204

Prezzo: 15,00

 

Incentivare la buona comunicazione sul territorio, dando visibilità ai migliori progetti di amministrazioni pubbliche e associazioni no-profit, è da sempre l’obiettivo del Premio Comunicami. In questa sesta edizione ci si è spinti oltre, volendo stimolare una riflessione sullo stato della comunicazione nelle Amministrazioni Pubbliche locali, anche alla luce degli ultimi interventi legislativi, del ruolo che la tecnologia ricopre per il futuro, e in termini d’inclusione del cittadino nella vita pubblica.

 

Lo studio, curato da Alessandro Papini e Angelo De Vivo, edito da Guerrini e Associati Editore, si apre con la presentazione di Guido Podestà, presidente della Provincia di Milano, ente organizzatore del Premio Comunicami e include saggi altre che dello stesso Papini e di De Vivo, di Stefano Rolando, Fiorella De Cindio e Guido Di Fraia.

 

Un volume agile che oltre a raccogliere i vincitori del Premio Comunicami, vuole spingere alla riflessione, ponendo interrogativi, piuttosto che dando risposte.

 

 “Tutto è comunicazione pubblica. Con il rischio che, alla fine, niente sia comunicazione pubblica. Così come nella storia tutto poteva essere propaganda e poi dissolversi per ciclo esaurito.

Questo il paradosso di una materia (al tempo stesso disciplina e professione) che vanta in Europa circa 400 mila operatori, tra addetti ad attività comunicative e relazionali nelle istituzioni (internazionali, nazionali e locali), nelle aziende di servizio pubblico e negli ambiti professionali che operano sostanzialmente per committenza pubblica.

 

Europcom è, da due anni, l’appuntamento annuale a Bruxelles di questa rete (quest’anno 600 partecipanti) convocato dalle istituzioni comunitarie per fare il punto dell’evoluzione professionale. Mentre il Club of Venice è il più ristretto coordinamento dei responsabili della comunicazione governativa e delle stesse istituzioni comunitarie (quest’anno a Venezia con 75 partecipanti).

Cito questi due riferimenti perché in entrambi i casi, appunto nelle ultime occasioni, è risuonato un dato, poi confermato, che vuole che il 65% degli operatori in Europa agisca senza sostanziale connessione con gli ambiti decisionali del proprio ente di appartenenza. Il lavoro invece del 35% viene considerato “connesso”. Il che vuol dire che per due terzi il “mestiere” è fondamentalmente quello di “confezionatori”, mentre per un abbondante terzo si tratta di un mestiere più strategico, una leva gestionale importante fatta di ascolto e ritorno organizzativo e non solo di trasmissione… Maggiormente è credibile l’istituzione – ovvero sorretta da un verificato grado di reputazione sociale – migliore è il lavoro dei suoi comunicatori nel senso moderno accennato.

 

Da questo punto di vista, in generale, le istituzioni del territorio hanno in questo periodo più chances di quelle nazionali, ma ciò non vale per tutto il territorio perché di frequente è vero esattamente il contrario; così come l’area dei servizi ha un percepito più funzionale che politico favorendo quindi una percezione di ruolo più connesso agli interessi degli utenti.

Tutto è però in evoluzione. La crescita delle dinamiche in rete stanno a poco poco modificando vecchi schemi e vecchie intermediazioni. L’interattività cresce (non sempre gestita in tutte le sue potenzialità) e gli stessi prodotti tradizionali della comunicazione (la pubblicità, le affissioni, l’editoria, eccetera) conoscono un’evoluzione straordinaria – così come per la comunicazione commerciale – che comporta nuovi format e nuovi linguaggi.

 

In generale – guardando comunque alle amministrazioni che “fanno” (una parte resta in sonno ovvero legata ancora alla “cultura del silenzio e del segreto” che, prima della legge 241/1990 era una cultura amministrativa legittima) – è possibile inventariare una scala di funzioni molto ampia. Utilizzabile per capire se l’istituzione, grande o piccola che sia, centrale o territoriale, si è radicata su funzioni elementari, cioè di applicazione basica delle normative in essere; oppure se ha sviluppato un pensiero strategico più ampio lavorando su nuovi bisogni e nuove opportunità che la materia consente di accogliere e servire.“, Stefano Rolando.

 

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