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Cattive notizie

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Edizioni Centro di Documentazione Giornalistica

Pubblicato: ottobre 2012

Pagine: 270

ISBN: 8885343498

Prezzo: 18,00

Prefazione di Stefano Rodotà

 

Il diritto all’informazione non è un privilegio del giornalista, ma una componente della libertà del cittadino, una garanzia della democraticità del sistema“. A scriverlo è Stefano Rodotà nella prefazione a questo libro. Ed è sicuramente così. Ma affinché ciò corrisponda poi alla realtà dei fatti occorre che il giornalismo sia scrupoloso, corretto e oltremodo rigoroso.

 

Il giornalista per il ruolo che rappresenta è oggetto di pressioni, lusinghe e tentazioni. Per questo il suo corredo di regole e responsabilità deve essere chiaro. I confini della professione ben marcati e in nessun caso mobili o confusi. “Cattive Notizie” è un libro sui principi di un corretto giornalismo e sui danni della malainformazione. Un vademecum per il giornalista che nella sua professione non vede solo il lavoro che gli dà da mangiare ma anche il piccolo quotidiano contributo alla costruzione di una società migliore.

 

Vittorio Roidi, si laurea in Giurisprudenza alla Sapienza e supera gli esami di procuratore legale, ma invece di fare l’avvocato diventa cronista, al Messaggero. Qualche anno dopo vince il concorso per radiotelecronisti della Rai (1968) e viene assunto al Giornale Radio. Inviato speciale, poi redattore capo al Gr1 diretto da Sergio Zavoli, nel 1980 si dimette dall’azienda per rientrare al Messaggero, alla guida della Cronaca di Roma. In seguito diventa editorialista e caporedattore centrale dello stesso giornale. Dal ’92 al ’96 è Presidente della Federazione nazionale della Stampa, dal 2001 al 2007 Segretario dell’Ordine nazionale dei giornalisti. Impegnato da molti anni nella Scuola di giornalismo di Urbino, tiene un corso di Etica e deontologia professionale alla Sapienza. Fra i suoi libri: “Coltelli di carta” (Newton Compton 1992), “La preghiera mattutina” (Quattro Venti 1996), “La fabbrica delle notizie” (Laterza 2001), “Il diritto dell’informazione” (Simone 2003).

 

Flavio Fabbri

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