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Le opposizioni attaccano, Giorgetti rivendica la prudenza della manovra
Lasciando Palazzo Madama dopo aver assistito a una parte della discussione, il Ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti si dice comunque “soddisfatto”. Quanto “tortuoso” sia stato il percorso della manovra lo dice il fatto stesso che il primo sì arriverà solo a ridosso del Natale, dopo una settimana di alti e bassi della maggioranza e l’aut aut della Lega, il suo stesso partito. Ora il capogruppo al Senato Massimiliano Romeo, che con Claudio Borghi ha battagliato sulle pensioni nella notte di giovedì, cerca di ridimensionare: “Tensioni nella Lega? Abbiamo lavorato e poi strada facendo si è cercato di correggere le cose che erano importanti. Piena fiducia in Giorgetti. Le opposizioni vogliono le dimissioni? Che continuino a sognare”. In Senato va in scena una seduta fiume, 10 ore d’interventi dei gruppi. Poco prima delle otto di sera, il titolare del Tesoro prende la parola in Aula per replicare alle critiche delle opposizioni: “L’obiezione fondamentale che ho sentito nel dibattito è l’accusa al Governo di attuare una politica di austerità. Questa politica di austerità io la traduco con il termine prudenza”.
La cautela è diventata la cifra che il Ministro rivendica: con il debito così alto, il fatto che la Bce ha spesso il programma di Quantitative Easing, i tassi aumentati “noi siamo tenuti a maturare una credibilità, una fiducia sui mercati in modo che tutti possano valutare se comprare il nostro debito”. Ecco allora le scelte sui cui il Governo si è soffermato: “gli sforzi sui lavoratori dipendenti”, “la flat tax al 5% sugli aumenti contrattuali dei lavoratori dipendenti più poveri”, “la tassazione simbolica dell’1% sui salari di produttività”. E ancora, 6 miliardi per la sanità e la previdenza complementare, “ineludibile” per avere in futuro “pensioni dignitose”. Poi la tassa sui piccoli pacchi, non “semplicemente una maggiore tassazione per i consumatori” ma un modo per contenere “l’over capacity di alcuni Paesi asiatici” e salvare i negozi. “Grazie a questo tipo di politica, l’Italia si presenta a testa alta in Europa e nel mondo”, rivendica il Ministro.
Dopo le tensioni salta la stretta sui lavoratori, la manovra verso l’approvazione
Dietrofront sulla stretta sui lavoratori sottopagati: la misura, insieme ad altre quattro, sarà stralciata dal maxiemendamento alla manovra. La scelta arriva alla fine di una lunga giornata in Senato. Nel corso della riunione della commissione Bilancio di Palazzo Madama, con il ministro dei Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani e i gruppi, si decide anche di stralciare la norma sulle porte girevoli nella Pa: la misura avrebbe ridotto da tre a un anno, il tempo per poter ricoprire un ruolo dirigenziale nel privato dopo un incarico apicale nella Pa nello stesso settore. E niente da fare anche per la misura che prevedeva, viceversa, che fosse possibile, per incarichi commissariali, straordinari o temporanei, derogare dal divieto di ricoprire ruoli nella p.a. dopo aver avuto incarichi in enti di diritto privato o finanziati dall’amministrazione stessa. Resta il nodo dello spoil sistem per le Authority, una norma che non sarebbe vista con favore neanche dal Colle. È invece saltata la norma che prevede che non basti più un ricorso davanti ad un giudice per vedersi riconoscere gli arretrati e finita nel mirino delle opposizioni: “Anticostituzionale, vergognosa, una vigliaccata”.
La misura certo fa discutere ma non cambia il punto di vista del Ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. Le opposizioni in ogni caso partono all’attacco. Per Giuseppe Conte, quindi, è chiaro che il Governo, questa volta, per farla passare abbia, al contempo, “sfruttato il favore delle tenebre” e i litigi interni alla maggioranza. Sotto attacco finisce così ancora una volta “la magistratura che impone il rispetto dell’articolo 36 della Costituzione. Ovvero che il salario di chi lavora deve essere equo e dignitoso. È un vero e proprio colpo di mano”, le parole di Elly Schlein. A oggi, spiegano dal sindacato, se un lavoratore vince un ricorso davanti al giudice ha diritto al riconoscimento di tutti i crediti retributivi maturati prima della presentazione del ricorso e l’azienda ha il dovere di pagare le differenze. La modifica voluta dall’esecutivo non sarà introdotta nella manovra; l’ufficializzazione arriverà in mattinata con il voto della commissione Bilancio a favore dello stralcio. Poi il testo, nella sua interezza, passerà finalmente all’esame dell’Aula.
Meloni stringe e spinge per il nuovo decreto Ucraina
Dopo le scintille sulla manovra, non dovranno esserci problemi sul decreto Ucraina. Giorgia Meloni sta ancora smaltendo l’irritazione per il caos dell’altra notte in Senato e non vuole un bis sulla proroga di un anno del sostegno militare a Kiev. Ci sono i margini per qualche concessione alla Lega, con una formula che include anche aiuti destinati alla popolazione civile e si parla anche di un riferimento nel preambolo ai negoziati in corso, ma la sostanza non cambierà rispetto ai decreti che in questi quattro anni hanno permesso di inviare dodici pacchetti di rifornimenti. Non sono casuali le puntualizzazioni della premier in videocollegamento con i contingenti militari all’estero, quando ha parlato della formula latina “si vis pacem para bellum”, se vuoi la pace prepara la guerra: “Non è, come molti pensano, un messaggio bellicista. Tutt’altro, è un messaggio pragmatico, solo una forza militare credibile allontana la guerra”. Un messaggio anche per il suo Governo.
“È la forza degli eserciti e la loro credibilità lo strumento più efficace per combattere le guerre. Il dialogo, la diplomazia, le buone intenzioni certo servono ma devono poggiare su basi solide”, l’avvertimento della Meloni che, in collegamento dal Comando operativo di vertice interforze ringrazia i connazionali in divisa che in vari scenari di crisi sono “apprezzati e invocati” perché sanno “combinare capacità e umanità, forza e amore”, sanno “come combattere” e anche, “meglio di chiunque altro”, cosa “si debba fare perché non si arrivi a dover combattere”. La differenza, sottolinea, “è la capacità che abbiamo avuto di gettare quel cuore oltre l’ostacolo, che ci ha fatto resistere anche nei territori più complessi e difficili”. Non saranno però protagonisti in Ucraina, perché la linea del governo è non inviare truppe sul terreno, ma l’Italia continuerà a garantire il sostegno a Kiev.
Il decreto per la proroga della cessione di armi è atteso nell’ultimo Cdm dell’anno, il 29 dicembre, e da giorni vanno avanti i tentativi di mediazione con la Lega, da dove continua a filtrare ottimismo sulla “discontinuità” rispetto ai decreti precedenti. Dall’opposizione Enrico Borghi di Iv avverte che “gli scossoni nella maggioranza visti con la manovra continueranno con il decreto aiuti all’Ucraina: la Lega vuole introdurre un decreto trimestrale”. Quell’ipotesi è stata messa sul tavolo e rapidamente accantonata, comunque non se ne è parlato in queste ore, anche perché erano assenti Guido Crosetto (Difesa) e Antonio Tajani (Esteri) nel Cdm di ieri che ha approvato il decreto per far svolgere il referendum sulla giustizia in due giorni, domenica e lunedì (tra il 5 e il 20 marzo, o alla fine del mese, la data è ancora da stabilire).
Tajani in missione a Gibuti, export e stabilità sono le priorità
Quella compiuta dal Ministro degli Esteri Antonio Tajani in Gibuti è una missione che rappresenta in qualche modo il bilancio ideale del lavoro svolto quest’anno dalla Farnesina perché condensa perfettamente in sé il lato “politico” e quello “economico” dell’azione del Ministero, che diventerà, a partire dal 1° gennaio 2026, “Bicapite”, grazie a una riforma fortemente voluta proprio da Tajani. Per il MAECI il Mar Rosso e il Corno d’Africa rappresentano aree prioritarie della politica estera italiana, in cui la proiezione geopolitica del nostro Paese coincide con la difesa degli interessi nazionali. In parole povere: prevenzione degli scenari che potrebbero portare a un aumento dell’immigrazione irregolare nel nostro Paese, sicurezza in materia di terrorismo, difesa delle rotte commerciali e delle nostre esportazioni.
Non a caso Tajani ha visitato due luoghi simbolo della difesa dei nostri interessi: in primis la fregata missilistica della Marina Militare “Antonio Marceglia”, asset principale della missione dell’Ue “Aspides” che dal febbraio 2024 veglia in particolare sulla sicurezza del delicato stretto di Bab al Mandabminacciato dai razzi e dai droni dei ribelli Houthi, e da cui passa, attraverso il Mar Rosso e il Canale di Suez, il 14% del commercio mondiale e il 30% dei flussi di container; in secundis la Bmis, la base militare italiana che dal 2012 fornisce supporto logistico alle operazioni militari nazionali nell’area del Corno d’Africa, Golfo di Aden, Oceano Indiano e che addestra il personale locale e della vicina Somalia. “Senza la vostra presenza” ha detto Tajani all’equipaggio della Marceglia “avremmo avuto dei danni economici enormi, perché durante gli attacchi degli Houthi moltissime navi mercantili sarebbero state costrette a fare la circumnavigazione dell’Africa” facendo “aumentare immensamente i costi assicurativi, con rischi enormi per le vite umane e per i prodotti commerciali che l’Italia esporta verso Oriente, Estremo Oriente e Indo Pacifico.
Avrebbe avuto anche un danno enorme il nostro sistema portuale”, ha aggiunto Tajani sottolineando come, grazie alla missione, “sono invece transitati indenni 476 mercantili”. “Per noi è importante la stabilità in questa parte del mondo. L’Africa, come sapete, per l’Italia rappresenta una priorità, una priorità geopolitica, una priorità per impedire che ci siano flussi migratori che non siamo in grado poi di controllare per colpa dei trafficanti di esseri umani, quindi la nostra presenza nel continente africano da questa parte è strategica”. Quindi interessi commerciali, ma anche squisitamente politici, tant’è che il vicepremier ha anche incontrato il ministro degli Esteri Abdokader Houssein Omar e il Presidente della Repubblica del Gibuti Ismail Omar Guelleh, cui ha confermato l’interesse a rafforzare i rapporti bilaterali e la collaborazione per la sicurezza.
Al Senato
Dopo che ieri il Governo ha posto la questione di fiducia, l’Assemblea del Senato tornerà a riunirsi alle 10 per l’approvazione in prima lettura del ddl Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2026 e bilancio pluriennale per il triennio 2026-2028.
Per quanto riguarda le Commissioni, la Affari Costituzionali svolgerà audizioni sul ddl per la delega al Governo in materia di determinazione dei LEP. La Giustizia dibatterà sul ddl in materia di violenza sessuale e di libera manifestazione del consenso. La Politiche dell’Ue dibatterà sulla proposta di Regolamento del Parlamento e del Consiglio Europeo sulle accise sul Fondo Europeo per la competitività.Alle 8.30 la Bilancio si riunirà per licenziare il maxiemendamento che sarà esaminato dall’aula e proseguirà l’esame dello schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di tributi regionali e locali e di federalismo fiscale regionale.
La Ambiente si confronterà sullo schema di Dlgs relativo alle batterie e ai rifiuti di batterie e sullo schema di DPR sugli interventi esclusi dall’autorizzazione paesaggistica. Infine, dibatterà sulla nomina del Presidente dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale-ISPRA. La Attività Produttive si confronterà sul decreto-legge per la continuità operativa degli stabilimenti ex ILVA e sulla proposta di Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio europeo sull’attuazione della clausola di salvaguardia bilaterale dell’accordo di partenariato UE-Mercosur.
Alla Camera
L’Assemblea della Camera tornerà a riunirsi domenica 28 dicembre alle 16 per l’esame del ddl Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2026 e bilancio pluriennale per il triennio 2026-2028.

