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Istat-Asi: l’economia dello Spazio in Italia vale 8 miliardi di euro e dà lavoro a 23.000 addetti

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Valente (Asi): “Il contributo dell’economia dello Spazio non è valorizzato nella giusta maniera e troppo spesso è confinato in una nicchia e anche sottostimato”. I dati della ricerca realizzata dell’Agenzia spaziale italiana e dell’Istat.

Quanto vale l’economia dello Spazio del nostro Paese? La ricerca Istat-Asi

L’Italia ha finalmente messo a fuoco il vero valore della sua economia dello Spazio, un ambito che nel 2021 ha generato 8 miliardi di euro di produzione e ha dato al Paese un valore aggiunto di 2 miliardi di euro, che equivale allo 0,1 per cento del PIL. Questi non sono solo numeri, ma il ritratto di una New Space Economy in forte crescita, un sistema dove l’unione tra pubblico e privato è vista da molti come una spinta per lo sviluppo.

Uno scenario che abbiamo avuto modo di approfondire ed esaminare da vicino grazie agli interventi dei principali player del settore e dei rappresentanti delle istituzioni spaziali nazionali ed europee, durante la 2^ edizione della Conferenza internazionale “Space & Underwater. Space Economy, Submarine Cables & Cybersecurity, dedicata ai domìni Spazio e Subacqueo, promossa e organizzata dal giornale Cybersecurity Italia, testata del nostro Gruppo Supercom.

Da sinistra il presidente dell’ASI, Teodoro Valente, e il presidente dell’Istat, Francesco Maria Chelli

Questa prospettiva emerge chiaramente dall’evento “Towards a thematic account of the space economy in Italy”, che si è tenuto nell’Aula Magna dell’Istat, dove l’Istituto nazionale di statistica (Istat) e l’Agenzia spaziale italiana (Asi) hanno presentato i risultati della loro ambiziosa collaborazione. Come ha fatto notare il Presidente Istat, Francesco Maria Chelli, creare un “conto tematico” dedicato allo spazio assicura che sia in linea con le stime del PIL, superando le difficoltà di classificazione grazie alla collaborazione proficua con gli esperti dell’ASI.

Settore spaziale “pilastro” della nostra economia, importanza dei un “conto tematico” dedicato

I Conti tematici sono uno strumento essenziale per garantire sia una prospettiva di analisi integrata non sempre disponibile dalle statistiche di base sia la piena coerenza con le stime del Pil, garantendo in questo modo un’informazione di qualità e di immediata interpretazione rispetto al contributo fornito ai principali aggregati economici nazionali”, ha detto Cheli riguardo ai dati chiave sull’economia dello Spazio in Italia.

Il Presidente Asi, Teodoro Valente, ha evidenziato come calcolare con precisione il valore sia un “pilastro fondamentale” per dare il giusto risalto a questo settore cruciale per il nostro futuro, che spesso non viene compreso nella sua interezza, aiutando allo stesso tempo le politiche del governo.

La misurazione puntuale del valore della Space Economy ha un valore assoluto – ha spiegato Valente – necessario per dare il giusto risalto al contributo che il settore spaziale ha nella economia nazionale. Un valore troppo spesso confinato in una nicchia e, di conseguenza, anche sottostimato. Oggi occorre saper cogliere e far comprendere, in maniera il più ampia possibile, le interdipendenze che lo spazio ha e produce in favore di numerosi altri settori industriali e produttivi”.
Bisogna lavorare con maggiore impegno alla “definizione di metriche comuni a livello UE, per garantire comparabilità e attrarre investimenti”, ha precisato il Presidente dell’Asi.

Da sinistra: Alberto Carboni, Confindustria; Augusto Cramarossa, ASI; Davide Colombo, ISTAT; Daniele Rossi, MIMIT; Marco Brancati, Leonardo; Giovanni Savio, ISTAT

Il cuore industriale e l’impatto sul lavoro dell’economia dello Spazio

Lo studio, focalizzato sui soggetti market e non market, escludendo le voci di spesa della difesa e degli enti governativi centrali e locali, ha evidenziato che questo ambito offre impiego a poco più di 23mila persone nel segmento market.

Il motore di tutta la filiera è l’ambito produttivo primario, quello dell’upstream, che da solo produce 4,1 miliardi di euro e crea un valore aggiunto di 1,3 miliardi. Questa parte assorbe circa 14mila lavoratori e ha la sua base solida nel manifatturiero, dove si concentra il 76% delle attività, dando lavoro a oltre 10mila individui. 

Il resto del business spaziale è invece dominato dai servizi di mercato (downstream).
Contemporaneamente, la parte non market, che comprende l’attività di indagine spaziale svolta da enti pubblici come l’ASI, contribuisce con 353 milioni di euro di valore aggiunto e dà lavoro a circa 2,2mila persone.

L’importanza del mercato estero e degli investimenti nello Spazio

L’economia spaziale italiana non è soltanto un affare di produzione interna, ma è profondamente connessa al resto del mondo. Le vendite all’estero raggiungono i 2,1 miliardi di euro (di cui 1,8 miliardi relativi all’upstream), in confronto a 1,6 miliardi di acquisti dall’estero. 

Questo scambio è quasi interamente mosso dai colossi multinazionali, che da soli generano 1,5 miliardi di euro di importazioni e quasi 2 miliardi di euro di esportazioni.

Sono le grandi realtà aziendali e i gruppi internazionali a fare da protagonisti: le aziende facenti parte di gruppi internazionali producono il 90 per cento del valore aggiunto di tutto il settore spaziale (1,8 miliardi di euro) e impiegano 20,5mila dipendenti. 

Da sinistra: Emanuele Pallotti, ISTAT; Federico Sallusti, ISTAT; Giovanni Savio, ISTAT; Fabienne Montaigne, Eurostat; Luis Galiano Bastarica, JRC

Più in generale, le aziende più grandi (con 250 dipendenti o più) sono responsabili di quasi l’80% del valore aggiunto complessivo del comparto (1,5 miliardi di euro), offrendo lavoro a circa 17,8mila persone.

La tendenza a investire è chiara e proiettata al futuro. Le aziende dell’economia dello Spazio hanno impegnato circa 0,8 miliardi di euro in beni materiali, ma le energie strategiche sono concentrate sulla ricerca e sviluppo (R&S), con 0,6 miliardi di euro spesi in investimenti interni.

Lo Spazio garantisce occupazione di alto livello

Questi investimenti si traducono in posti di lavoro di gran pregio. L’ambito spaziale, soprattutto nell’upstream, si presenta come un ambiente ad alta specializzazione e produttività.

Le compagnie del settore spaziale vantano una resa lavorativa che supera del 65% quella delle aziende normali (oltre 84.000 euro per ogni impiegato contro poco più di 51.000). 
Questa bravura operativa è affiancata da una gran voglia di innovare: le aziende che operano a monte, in effetti, hanno una tendenza all’investimento in ricerca e sviluppo molto più alta rispetto al resto del comparto industriale (11,9% del valore aggiunto invece del 7,2%).

Un’impostazione che porta vantaggi chiari anche ai lavoratori: gli stipendi medi per chi lavora nel settore a monte (41.000 euro a testa) superano del 55% quelli trovati nelle altre società (21.000 euro).

Inoltre, il tipo di impiego è molto focalizzato su personale esperto: ben il 32,3% degli assunti nel settore a monte ha un titolo di studio superiore (laurea o simile), contro il 16,2% nel resto dell’economia. Per concludere, usare contratti stabili è la regola, con i contratti a termine che toccano appena il 3,7% nelle aziende spaziali a monte, rispetto al 16,6% nel resto del contesto economico.

Le rilevazioni Istat-Asi servono solo a ribadire quanto sia importante l’Italia nello scenario spaziale mondiale, mostrando un comparto sviluppato, aperto all’estero e con un valore economico davvero elevato, pronto ad affrontare le lotte per restare competitivo che il mercato globale della Space economy impone.

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