Dormono meno, si muovono meno, parlano meno, sono più ansiosi e soli. È il prezzo invisibile della vita digitale che entra troppo presto nelle case e nei giochi dei più piccoli. Ed è per questo che la Società Italiana di Pediatria dice “no” allo smartphone almeno sino a 13 anni.
Secondo i dati più recenti diffusi dalla SIP, solo 30 minuti in più al giorno di “cellulare”, nei bambini sotto i 2 anni possono raddoppiare il rischio di ritardo del linguaggio, mentre dai 3 anni in su si trasformano in una molteplice minaccia: dallo squilibrio del ritmo sonno/veglia, all’ipertensione e il sovrappeso.
Le raccomandazioni
Presentate al Senato in occasione della Giornata Mondiale del Bambino e dell’Adolescente, le raccomandazioni della Commissione sulle Dipendenze Digitali SIP indicano un percorso educativo specifico, condiviso per famiglie, scuole e pediatri.
Tra le principali indicazioni ci sono:
• Evitare l’accesso non supervisionato a Internet prima dei 13 anni per i rischi legati all’esposizione a contenuti inappropriati;
• Rinviare l’introduzione dello smartphone personale almeno fino ai 13 anni per prevenire
conseguenze sullo sviluppo cognitivo, emotivo e relazionale;
• Ritardare il più possibile l’uso dei social media, anche se consentiti per legge;
• Evitare l’uso dei dispositivi durante i pasti e prima di andare a dormire;
• Incentivare attività all’aperto, sport, lettura e gioco creativo;
• Mantenere supervisione, dialogo e strumenti di controllo costanti in tutte le fasce d’età.
Secondo la SIP, inoltre, è importante promuovere a scuola l’educazione digitale consapevole, mentre i pediatri dovrebbero valutare regolarmente le abitudini digitali dei bambini e fornire consulenza preventiva alle famiglie.
“Il cervello continua a formarsi e riorganizzarsi per tutta l’infanzia e l’adolescenza”, spiega il presidente SIP Rino Agostiniani. “Stimolazione digitale precoce e prolungata può alterare attenzione, apprendimento e regolazione emotiva. Dobbiamo restituire ai bambini tempo per annoiarsi, muoversi, giocare e dormire”.
Il presidente ha fatto poi riferimento al periodo pandemico, che ha ingigantito il problema rispetto al passato.
“L’esperienza della pandemia da COVID-19 ha aumentato l’esposizione dei minori agli schermi – spiega– con un tempo medio giornaliero cresciuto di 4–6 ore, raddoppiato rispetto ai livelli prepandemici. Questo cambiamento ha reso ancora più necessario un aggiornamento delle precedenti raccomandazioni.”
I rischi evidenziati dalla letteratura
In particolare, la revisione di oltre 6.800 studi internazionali condotta dalla SIP conferma che l’eccesso di schermi influisce su più aspetti della salute:
- Obesità: rischio fino al 67% maggiore se l’esposizione supera due ore al giorno;
- Sviluppo cognitivo: ritardi del linguaggio, attenzione e comprensione compromesse;
- Sonno: deprivazione cronica con smartphone in camera;
- Salute mentale: ansia, sintomi depressivi e bassa autostima;
- Dipendenze digitali: fino al 20% dei giovani con uso problematico dello smartphone;
- Vista: affaticamento visivo, secchezza oculare, miopia precoce;
- Cyberbullismo e violenza online: in aumento anche tra i più piccoli, con rischio triplo di ideazione suicidaria;
- Sessualità online e pornografia: esposizione precoce e comportamenti a rischio.
“Dobbiamo restituire ai bambini tempo per annoiarsi, per muoversi, per giocare e per dormire. La presenza e l’esempio degli adulti restano la prima forma di prevenzione digitale.” ha commentato Elena Bozzola, coordinatrice della Commissione Dipendenze Digitali SIP.Il messaggio è chiaro, la tecnologia resta uno strumento straordinario, ma deve entrare nella vita dei bambini al momento giusto e quando hanno la maturità per gestirla.


