il documento

Pil Ue stimato a +1,4% nel 2025/2026 nelle ‘Previsioni d’autunno’, ma pesa il fattore tech Usa

di |

L’economia Ue continua a crescere, ma la possibile rivalutazione dei rischi nel settore tecnologico statunitense potrebbe minare la fiducia degli investitori e rendere più costose le condizioni di finanziamento, influenzando innovazione, capitali e prospettive di sviluppo.

Le previsioni d’autunno 2025 di Bruxelles: il ‘repricing’ del rischio tech Usa minaccia fiducia e finanziamenti

Le Previsioni economiche d’autunno della Commissione europea raccontano un’Europa che, nonostante tutto, continua a muoversi nella giusta direzione. L’economia cresce, l’inflazione scende e, almeno sulla carta, il quadro generale appare stabile. Per il 2025 e il 2026 si prevede una crescita del Pil dell’1,4%, che dovrebbe salire leggermente nel 2027. Non sono numeri che rincuorano o tranquillizzano, ma indicano una tenuta importante in un contesto globale ricco di incertezze.

Tuttavia, dietro questo clima di relativa serenità c’è un fattore che potrebbe incrinare la fiducia degli investitori e complicare la situazione finanziaria europea. Una voce messa a latere del documento, a cui si presta un’attenzione minima: la possibile ridefinizione dei prezzi dei rischi” nel settore tecnologico statunitense. È un concetto che può sembrare tecnico e di secondaria importanza, ma in realtà indica qualcosa di molto semplice, molto concreto e molto rilevante in termini economici.

Che cosa significa “ridefinizione dei prezzi dei rischi

Per anni, le grandi aziende tecnologiche americane o Big Tech — quelle che tutti conosciamo, da Apple a Nvidia, passando per Google, Meta e Amazon — hanno rappresentato una certezza per i mercati. Sono cresciute a ritmi rapidissimi, hanno accumulato profitti giganteschi e conquistato posizioni dominanti in settori strategici come l’intelligenza artificiale, il cloud, i semiconduttori.

Questa storia di successo ha spinto gli investitori a valutarle spesso a prezzi altissimi, basati più sull’aspettativa di futuri guadagni che sulla realtà economica del momento. Finché tutto va bene, nessuno si preoccupa. Ma basta un segnale di rallentamento — un utile trimestrale deludente, una nuova regolamentazione, costi che aumentano, un mercato che inizia a saturarsi — per far scattare dei dubbi.

Ecco cos’è la “ridefinizione dei prezzi dei rischi”: il mercato che, improvvisamente, si chiede se non abbia pagato troppo per quei titoli. Quando succede, le vendite si moltiplicano, le quotazioni scendono e la volatilità aumenta. È un movimento quasi automatico, che spesso coinvolge non solo le Big Tech ma tutto il settore tecnologico.

Perché questo potrebbe diventare un problema anche per l’Europa

A prima vista, sembra una questione che riguarda Wall Street. In realtà l’effetto domino può arrivare velocemente anche in Europa, per diversi motivi.

Il primo riguarda il clima generale dei mercati. Il settore tecnologico americano è diventato un punto di riferimento globale: se si indebolisce, gli investitori tendono a diventare più prudenti ovunque. Il risultato è un calo della fiducia che può tradursi in minori investimenti, condizioni di finanziamento più rigide e una maggiore incertezza.

A settembre, le sette principali società tecnologiche statunitensi (Nvidia, Microsoft, Apple, Alphabet, Amazon, Meta e Tesla) avevano una capitalizzazione di mercato totale di 20,8 trilioni di dollari (17.700 miliardi di euro), eclissando la produzione economica totale dell’Ue di 19,4 miliardi di dollari (16.500 miliardi di euro). La sola Nvidia, ora l’azienda di maggior valore al mondo, vanta una valutazione di mercato di circa 4,3 triliardi di dollari (3,9 triliardi di euro), equivalente al Pil della Germania, la più grande economia europea.

Il secondo motivo è più pratico: molti capitali che alimentano l’innovazione in Europa arrivano dagli Stati Uniti. Se i fondi americani entrano in modalità “difensiva”, cioè diventano più cauti, tagliano per primi gli investimenti all’estero. E il settore tecnologico europeo è spesso il più colpito, perché richiede finanziamenti costanti e perché è ancora lontano dai livelli di forza e dimensione del suo omologo statunitense.

Infine, c’è un aspetto ancora più strutturale: l’Europa dipende profondamente dalla tecnologia americana. Usa piattaforme americane, chip progettati negli Usa, infrastrutture digitali controllate da attori Usa. Questo significa che ogni scossone negli Stati Uniti arriva da noi amplificato.

Quando un titolo americano vacilla, l’intero mercato trema

Un esempio recente lo abbiamo visto con le oscillazioni di Nvidia. Pur essendo solo una delle tante aziende quotate negli Stati Uniti, il suo peso sull’indice Nasdaq e sull’S&P 500 è talmente grande che una sua flessione si trasmette immediatamente all’intero mercato. E quando il mercato americano si muove, quello europeo segue quasi sempre a ruota.

Questa concentrazione estrema — pochi titoli che tirano tutto il carro — rende il sistema globale più fragile. Ed è proprio questa fragilità che la Commissione europea segnala come uno dei principali rischi sul breve periodo.

Che cosa significa per la crescita europea

Un repricing del tech americano non porterebbe solo qualche giorno di turbolenza in Borsa. Potrebbe frenare la crescita dell’Europa in diversi modi: riducendo la liquidità disponibile per le aziende europee; rallentando gli investimenti in innovazione, ricerca e sviluppo; pesando sulla domanda internazionale verso i prodotti europei; aumentando l’incertezza per startup e imprese tecnologiche emergenti.

Non è un caso che nel commento alle Previsioni, Valdis Dombrovskis, Commissario per l’Economia e la produttività e per l’Attuazione e la semplificazione, ha dichiarato: “Anche in un contesto sfavorevole, l’economia dell’UE ha continuato a crescere. Ora, dato il difficile contesto esterno, l’UE deve intraprendere un’azione risoluta per sbloccare la crescita interna. Ciò significa accelerare il nostro lavoro sull’agenda per la competitività, anche semplificando la regolamentazione, completando il mercato unico e promuovendo l’innovazione”.

Gli economisti ricordano che l’Europa parte già in svantaggio rispetto agli Stati Uniti in tema di investimenti digitali, capacità produttiva e dinamismo aziendale. Un contesto finanziario più instabile rischierebbe di accentuare ancora di più questo divario.

La Commissione europea dipinge un quadro economico sostanzialmente positivo e questo è un segnale importante. Tuttavia, invita anche a leggere con attenzione i segnali che arrivano da oltreoceano. Il settore tecnologico americano, che negli ultimi anni ha spinto in alto i mercati globali, potrebbe diventare un punto di fragilità. Ciò che manca all’Europa, in maniera sempre più chiara ed evidente è un livello di indipendenza tecnologica più elevato dell’attuale e certo la condizione politica attuale nei rapporti tra Washington e Bruxelles purtroppo non aiuta, spingendo anzi nel verso opposto.

Leggi le altre notizie sull’home page di Key4biz