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La Giornata Parlamentare. Giustizia, ok definitivo alla riforma. Caso Almasri, chiarimenti su Bartolozzi

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Terzo ok alla riforma della giustizia, poi bagarre su Gaza in Aula. Caso Almasri, giunta approva richiesta di chiarimenti su Bartolozzi. Rafforzata la protezione per Meloni, Tajani e Salvini.

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Terzo ok alla riforma della giustizia, poi bagarre su Gaza in Aula

La Camera dei deputati ha dato il via libera definitivo alla separazione delle carriere dei magistrati, con un voto di 243 favorevoli e 109 contrari, portando così la riforma a un passo dall’ultimo passaggio in Senato. Questa è la terza lettura del disegno di legge costituzionale che prevede la netta separazione tra le carriere di magistrati requirenti e giudicanti, introducendo anche un doppio Consiglio Superiore della Magistratura (CSM) estratto a sorte e un’Alta Corte disciplinare. La riforma, che segna un punto fondamentale per il governo, non è però stata accolta senza polemiche. La maggioranza, dopo aver celebrato il traguardo con applausi e stretti di mano, ha vissuto il momento con evidente soddisfazione, considerando il voto un segno della determinazione del governo nell’affrontare il sistema giudiziario. Antonio Tajaniministro degli Esteri e vicepremier, ha parlato di “una riforma storica”, sottolineando che si tratta di una battaglia che ha radici profonde nel pensiero garantista di Giuliano Vassalli e nel lavoro del presidente Berlusconi negli anni passati.

Tuttavia, la sinistra e le opposizioni hanno duramente contestato l’approvazione della riforma, ritenendola un attacco al sistema giuridico e alle istituzioni democratiche. I deputati di centrosinistra hanno infatti espresso forte dissenso, parlando di una “resa dei conti” con i magistrati, accusando il governo di voler sottomettere la giustizia al potere politico. L’Anm (Associazione Nazionale Magistrati) ha parlato di “pericolo per l’equilibrio tra i poteri” e ha annunciato un impegno continuo per sensibilizzare i cittadini sui rischi di questa riforma, che potrebbe, a loro dire, “danneggiare i diritti dei cittadini”. Il Movimento 5 Stelle ha definito la riforma una “vendetta politica”, rispondendo con durezza al governo, accusandolo di volere il controllo della giustizia per fini elettorali e di partito.

La polemica ha preso una piega più accesa quando, durante i lavori, alcuni parlamentari di opposizione si sono avvicinati ai banchi del governo, generando una bagarre verbale. I deputati hanno denunciato un uso della maggioranza che minaccia l’autonomia della magistratura e il corretto funzionamento della separazione dei poteri, elementi fondamentali della Costituzione italiana. La reazione è stata forte, e gli scranni dell’Aula si sono trasformati in un ring dove gli insulti e le accuse si sono susseguite. La tensione ha costretto il presidente della Camera, Lorenzo Fontana, a sospendere brevemente i lavori per calmare la situazione, mentre la seduta è stata interrotta e riconvocata.

Nel frattempo, il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha approfittato del caos per commentare la sua approvazione della riforma con una battuta ironica: “Per chi ritiene che io sia dedito all’alcolismo, vado a festeggiare questa bellissima giornata con uno spritz”, suscitando nuove polemiche. Nonostante l’ironia, Nordio ha insistito nel dire che la riforma non è “una vendetta contro i magistrati”, ma un passo necessario per un sistema più trasparente ed efficiente. Tuttavia, l’approvazione della riforma ha avuto luogo in un clima di crescente polarizzazione tra governo e opposizione, con la possibilità che questa tensione influenzi anche il referendum previsto per la primavera del 2026, che, se i numeri non dovessero cambiare, potrebbe rappresentare l’ultimo passo per rendere la riforma costituzionale effettiva. L’attenzione si sposterà ora al Senato, dove la riforma affronterà l’ultimo passaggio formale prima del referendum. Ma le opposizioni, in particolare quelle di M5s e Pd, si preparano a lanciare la campagna per fermare la riforma, sperando in una mobilitazione popolare che li aiuti a salvaguardare l’indipendenza della magistratura e a difendere i diritti fondamentali dei cittadini.

Nel frattempo, la questione di Gaza ha continuato a infiammare l’Aula, mettendo a dura prova la coesione della maggioranza e ponendo l’esecutivo di fronte alla necessità di rispondere alle richieste di un pronunciamento ufficiale in Parlamento sulla posizione dell’Italia. Le opposizioni, infatti, non si sono accontentate delle informative e hanno chiesto un voto per stabilire la posizione ufficiale dell’Italia rispetto alla situazione a Gaza, minacciando di non riprendere i lavori fino a quando non sarà convocato un voto su questo tema.

Caso Almasri, giunta approva richiesta di chiarimenti su Bartolozzi

La Giunta per le autorizzazioni alla Camera ha approvato la richiesta di chiarimenti sulla posizione di Giusi Bartolozzi, capo di gabinetto del Ministero della Giustizia, nel caso Almasri, scatenando forti polemiche tra le opposizioni. PdM5s e Iv non hanno partecipato al voto, accusando la maggioranza di voler insabbiare la vicenda e impedire che la giustizia faccia il suo corso. Antonella Forattini (Pd) ha definito l’atteggiamento del governo come “complice”, ritenendo che l’esecutivo stia cercando di proteggere chi, all’interno delle istituzioni, potrebbe avere in mano documenti compromettenti.

La protesta riguarda il ruolo di Bartolozzi, accusato di aver gestito in modo opaco la liberazione di Abdelhadi Almasri, un criminale condannato per omicidi e torture. La politica delle clausole di salvaguardia imposte dal governo e il tentativo di proteggere i funzionari coinvolti alimentano il clima di sfiducia. Enrico Borghi (Italia Viva) ha suggerito che il governo teme che la vicenda possa esplodere, con Bartolozzi che rischia di tirare giù anche il ministro Nordio, mettendo a rischio la stabilità dell’intero esecutivo.

Nel frattempo, il governo ha cercato di difendersi con Alfredo Mantovanosottosegretario alla Presidenza del Consiglio, che ha dichiarato in merito al caso Almasri: «Non ci sono segreti di Stato su questa vicenda» e ha ribadito la volontà di limitare l’uso degli strumenti eccezionali dell’intelligence solo in casi realmente indispensabili. Mantovano ha aggiunto che l’Italia non adotterà mai pratiche di sorveglianza indiscriminata come quelle di Paesi con standard democratici inferiori. Le sue dichiarazioni sembrano un tentativo di distogliere l’attenzione dalle accuse di opacità sulla gestione del caso Almasri, ma non hanno placato le critiche dell’opposizione.

La situazione è destinata a rimanere sotto i riflettori politici, con la pressione crescente sulle garanzie di trasparenza e responsabilità da parte del governo. L’ipotesi di una copertura politica continua a tenere banco, con i deputati dell’opposizione che chiedono chiarimenti su come sono stati gestiti i documenti e le decisioni che hanno portato alla liberazione di un criminale condannato.

Rafforzata la protezione per Meloni, Tajani e Salvini: il clima non è dei migliori

Il livello di sicurezza per i vicepremier Antonio Tajani e Matteo Salvini è stato innalzato in seguito ai crescenti rischi legati alla situazione politica internazionale, come confermato dallo stesso Tajani durante una conversazione con i giornalisti al Senato. “Il clima non è dei migliori”, ha dichiarato, esortando a “abbassare i toni” per evitare ulteriori escalation. 

La decisione arriva dopo l’omicidio di Charlie Kirk negli Stati Uniti e la crescente tensione internazionale, con il governo che ha ritenuto necessario potenziare le misure di sicurezza per proteggere le principali figure politiche. La protezione di Giorgia Meloni era già ai massimi livelli e non è stata modificata.

Elezioni in Veneto il 23 e 24 novembre. L’Antimafia “scova” tre impresentabili

Il governatore Luca Zaia ha finalmente annunciato la data delle elezioni regionali in Veneto, che si terranno il 23 e 24 novembre, insieme a Puglia e Campania, con un election day che chiuderà una tornata elettorale che si avvierà il 28 settembre in Valle d’Aosta e nelle Marche. A pochi mesi dal voto, la Commissione antimafia ha avviato il monitoraggio delle liste dei candidati per individuare gli impresentabili, ovvero coloro che hanno pendenze giudiziarie per reati contro la pubblica amministrazione.

I primi a finire nella lista nera sono stati Paolo Bernardi, candidato con la Lega in Valle d’Aosta, Jessica Marcozzi (Marche, Ppe-Forza Italia) e Armando Bruni (Marche, Liste civiche). Tutti coinvolti in procedimenti per bancarotta fraudolenta. Nonostante la segnalazione, le liste non sono vincolate dalla Commissione, quindi i partiti possono comunque accettare tali candidati.

Nel frattempo, l’ex sindaco di Riace Mimmo Lucano ha perso il ricorso contro la sua esclusione dalla corsa per il consiglio regionale in Calabria a causa della condanna per falso nel processo “Xenia”.

Con la campagna elettorale alle porte, il centrodestra deve ancora ufficializzare il suo candidato, mentre il centrosinistra schiera Giovanni Manildo, che ha commentato: «Il Veneto ha bisogno di cambiare». Zaia, da parte sua, ha auspicato una campagna elettorale improntata a un «confronto civile e costruttivo».

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