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AI, la parola magica per vendere

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Secondo il recente report di SensorTower, nei primi sei mesi del 2025 gli utenti italiani hanno passato 254 milioni di ore all’interno di app che menzionano l’AI.

Da una parte la paura della bolla dall’altra, il settore che continua a crescere, e che premia chiunque usi “AI” o “IA” nella descrizione della propria app, anche se a sproposito, anche se di intelligenza artificiale non c’è davvero traccia. L’Italia non fa eccezione.

Secondo il recente report di SensorTower, nei primi sei mesi del 2025 gli utenti italiani hanno passato 254 milioni di ore all’interno di app che menzionano l’AI.

Solo sei mesi prima erano 144 milioni: il balzo è di quelli che si notano, e il tempo speso è solo una parte del quadro, visto che le sessioni totali hanno raggiunto quota 8,64 miliardi, praticamente raddoppiate rispetto ai 4,9 miliardi del semestre precedente.

In termini percentuali, significa una crescita del +76,4% nelle ore spese (contro il già notevole +83% della seconda metà 2024) e del +76,3% nelle sessioni (contro +54,1%). Tradotto: gli italiani non solo scaricano queste app, ma ci tornano di continuo, perché ormai sono parte integrante della loro routine digitale.

Poi c’è il mercato, che raccoglie i frutti dell’AI-mania. I download hanno toccato 18,5 milioni in sei mesi, con un +26,7% rispetto al semestre precedente. La crescita è meno esplosiva rispetto al +40,4% della seconda metà 2024, ma resta solida e mostra che la base di utenti si sta allargando a ritmo sostenuto. Il vero scossone però arriva dai ricavi: 33 milioni di dollari generati da acquisti in-app, più del doppio rispetto ai 12,7 milioni dello scorso semestre. La crescita è del +159,8%, dopo un già impressionante +82,5%.

Dal locale al globale, 7,5 miliardi di download e ricavi alle stelle

Se i numeri italiani fanno impressione, basta allargare lo sguardo per capire – non che sia una sorpresa – che siamo di fronte a un fenomeno planetario. Nel solo primo semestre del 2025, le app che menzionano l’intelligenza artificiale sono state scaricate 7,5 miliardi di volte, pari a circa il 10% di tutti i download globali. In pratica, un’app su dieci installata sul pianeta ha in qualche modo l’AI tra le proprie caratteristiche, un dato che segna un’accelerazione del +52% anno su anno.

Tale diffusione tentacolare ormai non riguarda più solo le app di produttività o i software specializzati, ma tocca praticamente ogni verticale mobile: salute e benessere, finanza personale, istruzione, intrattenimento. L’AI si infiltra ovunque. E questo vale anche in Italia, dove l’interesse non si ferma al tempo speso o ai download: cresce anche la disponibilità a spendere, con ricavi in forte aumento.

Un dato che non sorprende in un contesto in cui le persone sono sempre più attente a come usano i propri soldi e cercano strumenti per ottimizzare le spese, dal comparatore fibra o mobile come quelli di SOSTariffe.it alle app che promettono un ritorno concreto in termini di utilità quotidiana.

La mappa delle app AI: dove esplode la crescita

Dal 2015 al 2019 – non una vita fa – quando si parlava di “intelligenza artificiale” per lo smartphone si intendeva soprattutto il comportamento dei nemici o in genere dei personaggi non gestiti dal giocatore nei videogame. La geografia è cambiata in fretta, lo sappiamo. Dopo l’uscita di ChatGPT nel 2022 e la corsa del 2023, l’AI ha conquistato territori nuovi e molto più ampi. Nel primo semestre 2025, i settori che hanno accolto più app con riferimenti all’AI sono, nell’ordine, software, salute e benessere, lavoro e istruzione, lifestyle e servizi, finanza. In ciascuna di queste aree, oltre duecento nuove app hanno inserito termini come “AI”, “machine learning” o “LLM” nei titoli o nelle descrizioni.

Alcuni sotto-generi raccontano bene questa espansione: photo editing con filtri e generatori di avatar, nutrizione e diete con scanner intelligenti, language learning con conversazioni in tempo reale, test prep & studying con quiz adattivi, video editing con montaggi automatici. Categorie che fino a ieri erano di nicchia ora attirano milioni di download grazie alla promessa di funzioni smart, facili da usare e capaci di semplificare la vita quotidiana.

Le parole chiave dell’AI

Non più curiosità passeggera, dunque, ma volontà di usare davvero le nuove app per quello che sono in grado di offrire. Il settore health & wellness è tra i più dinamici, con una vera esplosione di app dedicate alla nutrizione e al monitoraggio medico (lo si vede anche dalle scelte delle aziende, come le recentissime AirPods Pro 3 di Apple in grado di monitorare il battito cardiaco o i nuovi Apple Watch che colgono i primi segni dell’ipertensione. Anche l’istruzione cresce a doppia cifra grazie a test digitali, app di studio e corsi di lingua che sfruttano l’AI per personalizzare l’esperienza.

Da qui deriva l’impatto di piccoli accorgimenti di marketing, colti dai più furbi: inserire la parola “AI” nel nome o nella descrizione porta in media un aumento immediato del +2,9% nei download nel mese successivo. Un effetto che non si esaurisce subito, visto che nei due mesi successivi la crescita media resta attorno al +4,1%. Buzzword quant’altre mai.

C’è poi da dire che la febbre dell’intelligenza artificiale si misura anche nel linguaggio con cui le app si presentano negli store. Nei primi sei mesi del 2025 il termine “AI” compare più di 100.000 volte nelle descrizioni su iOS e Google Play, e accanto a etichette generiche come “AI-powered” o “AI technology”, spiccano definizioni mirate che mettono subito in evidenza le funzionalità.

Le app di traduzione usano “AI translator”, quelle creative parlano di avatar, cartoon, tattoo, hair editor. Nel mondo fitness e nutrizione compaiono parole come scanner, calorie, ricette, food. Gli assistenti virtuali invece puntano su concetti come coaching, mentor, teacher, support. Il lessico diventa una leva strategica: chi sa scegliere i termini giusti conquista più facilmente visibilità, click e utenti attivi.

Basdta? Ovviamente no. Per gli sviluppatori la scelta è chiara: evitare di correre dietro alle tentazioni, perché prima o poi il parere degli utenti presenta il conto, e invece investire in funzioni concrete che migliorano davvero l’esperienza utente, oppure rischiare di scivolare indietro mentre i concorrenti avanzano. I dati dimostrano che l’etichetta “AI” può aiutare nei download iniziali, ma a fare la differenza è, ancora una volta, la sostanza.

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