Le aziende delle rinnovabili non stanno più a guardare. Dopo mesi di segnali ostili da parte del Presidente Donald Trump, è arrivato, infatti, lo scontro diretto. Coinvolte anche due grandi compagnie europee: Ørsted, colosso danese dell’energia eolica, e la tedesca Skyborn Renewables, che hanno fatto causa all’amministrazione americana per lo stop imposto al maxi-progetto Revolution Wind, già completato all’80% e destinato a diventare il più grande parco eolico offshore del New England.
Revolution Wind, 65 turbine per 704 MW di energia pulita
Il Dipartimento dell’Interno di Trump, nello specifico il Bureau of Ocean Energy Management (BOEM), ha bloccato i lavori lo scorso 22 agosto, nonostante il progetto avesse ricevuto nel 2023 tutte le autorizzazioni federali e statali, con l’entrata in funzione prevista per il 2026. Revolution Wind conta 65 turbine capaci di generare 704 megawatt di energia pulita, sufficienti ad alimentare oltre 350.000 abitazioni tra Connecticut e Rhode Island.
Rischio miliardario da 6 miliardi di dollari
Ma lo stop rischia di trasformarsi in un disastro economico: le aziende parlano di oltre 5 miliardi di dollari già investiti e di danni superiori al miliardo in caso di cancellazione definitiva. “Ora, senza alcuna giustificazione, Trump vuole mandare il progetto in malora, rimandare i lavoratori a casa e gravare le famiglie del Connecticut con milioni di dollari in più di costi energetici”, ha denunciato il procuratore generale del Connecticut, William Tong. “Questo tipo di governo erratico e sconsiderato è palesemente illegale, e stiamo facendo causa per fermarlo.”
Anche il Rhode Island ha annunciato azioni legali contro la Casa Bianca, sostenendo che l’ordine di sospensione viola leggi federali e procedure amministrative. Non a caso, il Dipartimento della Difesa aveva già dato il via libera al progetto, smentendo le preoccupazioni sollevate da Trump in materia di sicurezza nazionale.
La decisione ha scatenato polemiche a catena. Sindacati, amministrazioni locali e sostenitori delle rinnovabili avvertono che lo stop scoraggerà gli investimenti in tutto il Paese e metterà a rischio circa 1.000 posti di lavoro solo nell’area del New England. Anche ISO New England, il gestore della rete elettrica, ha lanciato l’allarme affermando che ritardare Revolution Wind significa aumentare i rischi per l’affidabilità del sistema.
La difesa della Casa Bianca
Dal canto suo, la Casa Bianca difende la linea dura. La portavoce Taylor Rogers ha replicato alle accuse che sotto l’amministrazione Biden, i progetti di eolico offshore avrebbero ricevuto un “trattamento ingiusto e preferenziale”, mentre il resto del settore energetico sarebbe stato “ostacolato da regolamentazioni gravose”.
Rogers ha ricordato che già dal primo giorno di mandato Donald Trump aveva firmato un ordine esecutivo che imponeva alle agenzie federali di rivedere concessioni e procedure di autorizzazione dei parchi eolici, valutandone l’impatto rispetto alla crescente domanda energetica nazionale, ai costi per i consumatori, alla vita marina, alle correnti oceaniche e ai modelli dei venti.
“Il presidente Trump – ha concluso – ha posto fine alla guerra di Joe Biden contro l’energia americana e ha rilanciato la supremazia energetica degli Stati Uniti per proteggere la nostra sicurezza economica e nazionale.“
Sebbene la battaglia legale sia appena iniziata, il messaggio che arriva è chiaro. L’eolico offshore è diventato terreno di scontro politico, economico e ambientale. E il futuro del Revolution Wind, appena a un passo dal traguardo, rischia di trasformarsi in un banco di prova per il destino delle rinnovabili negli Stati Uniti.