Il futuro della mobilità elettrica in Italia passa anche dalle nuove regole sulla concorrenza. Con l’articolo 3 del DDL Concorrenza infatti, di cui avevamo già parlato in un precedente articolo, il legislatore intende risolvere un nodo strategico per la transizione energetica, ovvero evitare la concentrazione del mercato nella gestione delle infrastrutture di ricarica elettrica. In altre parole: colonnine sì, ma senza monopolisti.
La norma, che modifica l’art. 57 del D.L. 76/2020 (il cosiddetto “decreto semplificazioni”), introduce l’obbligo per i Comuni di articolare le procedure competitive in modo da favorire una pluralità di operatori nel servizio di ricarica. L’obiettivo è duplice: evitare distorsioni concorrenziali e contenere i costi per gli utenti finali, in un contesto in cui la domanda di mobilità elettrica è in forte espansione.
Cosa prevede l’articolo 3. Più concorrenza, meno concentrazione
Il cuore dell’articolo 3 è chiaro. Nei bandi per l’assegnazione delle aree di ricarica, i Comuni dovranno privilegiare operatori che detengano meno del 40% del totale delle infrastrutture già presenti sul territorio comunale. In caso di richieste “comparabili” tra più soggetti, la priorità andrà quindi a chi ha una quota di mercato minore, per favorire la concorrenza locale.
Una misura che recepisce le osservazioni dell’AGCM (Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato), che nella sua segnalazione al Parlamento ha espresso forti preoccupazioni circa “il rischio di situazioni di monopolio locale” nel settore della ricarica pubblica. Il pericolo, secondo l’Antitrust, è che pochi operatori possano controllare ampie porzioni di mercato, rallentando l’innovazione e gonfiando i prezzi dei servizi di ricarica.
Lo stato della rete
La norma si inserisce in un contesto di forte crescita. Secondo i dati aggiornati di Motus-E al 31 marzo 2025, in Italia si contano 65.992 punti di ricarica a uso pubblico, con un incremento del +22% rispetto all’anno precedente. Tuttavia, la distribuzione è tutt’altro che omogenea.
Secondo i dati comunicati sulla Piattaforma Unica Nazionale (PUN) del Ministero dell’Ambiete e della Sicurezza Energetica, le cinque città con più colonnine sono:
Città | Punti di ricarica |
---|---|
Roma | 5.605 |
Milano | 4.414 |
Napoli | 3.046 |
Torino | 2.903 |
Brescia | 1.867 |
In termini di densità territoriale, è Napoli a guidare con 11 punti/km², seguita da Torino e Milano (entrambe con circa 8 punti/km²). Ciò indica che, nelle aree urbane più dense, si sta sviluppando una rete di ricarica capillare, ma proprio in questi territori si rischiano le maggiori concentrazioni di operatori.
31.500 punti rapidi entro il 2030
L’articolo 3 è anche funzionale al raggiungimento dei traguardi del PNRR. La Missione 2 – Componente 2 (“Energia rinnovabile, idrogeno, rete e mobilità sostenibile”) prevede, entro il 2030, l’installazione di circa 31.500 punti di ricarica rapida pubblici per supportare un parco veicolare previsto di 6 milioni di auto elettriche.
I fondi disponibili per l’investimento 4.3 “Installazione di infrastrutture di ricarica” ammontano a 741 milioni di euro, di cui il 40% erogabile a fondo perduto. Ad oggi, sono stati aggiudicati:
- 9.966 punti rapidi da 90 kW nelle aree urbane
- 2.144 punti rapidi da 175 kW su strade extraurbane
Un risultato positivo, ma ancora distante dall’obiettivo finale, che richiederà necessariamente un mercato dinamico e aperto, come quello auspicato dall’articolo 3 del DDL.
I Comuni al centro, nuove responsabilità
La responsabilità dell’attuazione concreta ricadrà, quindi, proprio sui Comuni, che dovranno aggiornare le proprie delibere e piani di mobilità per includere:
- Criteri di pluralismo nei bandi
- Limiti alle concentrazioni di mercato
- Monitoraggio del numero di punti già autorizzati e installati
Si prevede inoltre un’armonizzazione con le pianificazioni regionali e comunali (art. 7 del Codice della strada) e un principio guida: almeno un punto di ricarica ogni 1.000 abitanti, come indicato nella normativa.
Una svolta per utenti e aziende
Il nuovo impianto normativo ha il potenziale di cambiare il volto della mobilità elettrica in Italia, rendendola più competitiva, trasparente e accessibile. Gli utenti finali potranno beneficiare di tariffe più competitive, di maggiori servizi e di una rete più affidabile, mentre le imprese avranno accesso a un mercato meno chiuso e più aperto all’innovazione.
In definitiva, l’articolo 3 non è solo una norma tecnica, bensì una leva strategica per accelerare la transizione energetica, rendendo l’infrastruttura elettrica urbana più equa, moderna e sostenibile.