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Dazi, il Commissario Sefcovic vede nero. Per la Francia bazooka contro le Big Tech

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Crisi transatlantica, a Bruxelles la riunione dei ministri europei del Commercio. Per il Commissario Ue Maroš Šefčovič siamo ai ferri corti con Washington e molti, tra cui la Francia, chiedono misure dure, come il bazooka contro le Big Tech. Pronto pacchetto di misure da 72 miliardi di euro. L'Italia ha molto da perdere e Tajani vola negli USA.

Dazi, falchi e colombe: Bruxelles dovrà decidere come trattare con i metodi bruschi di Trump

È di fatto guerra commerciale tra Stati Uniti e Unione europea. A dirlo è il commissario europeo per il Commercio, Maroš Šefčovič, giunto a Bruxelles per i colloqui con i ministri europei. I negoziati tra le due sponde nordatlantiche sembravano andare per il verso giusto, ma poi il Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha di nuovo alzato l’asticella, annunciando all’improvviso dazi al 30% sull’import dall’Europa.

Secondo il commissario Šefčovič, un’aliquota del 30% (o più) avrebbe un impatto enorme, rendendo di fatto “quasi impossibili gli scambi commerciali tra Unione europea e Stati Uniti”, che valgono qualcosa come 4,6 miliardi di euro al giorno.

Un pacchetto di misure UE da 72 miliardi di euro e il bazooka puntato sulle Big Tech

Bruxelles aveva già deciso di congelare fino al 1° agosto ogni contromisura, compresi dazi per 21 miliardi di euro sui prodotti americani, ma a questo punto si fanno sentire anche le voci dei ‘falchi’ europei, con i piani nel cassetto per contromisure molto più consistenti, stimate in 72 miliardi di euro sulle importazioni dagli Stati Uniti nel vecchio continente, secondo quanto riportato dalla Reuters.

Le contromisure, inizialmente valutate in 95 miliardi di euro e poi limate, riguardano un mix di beni industriali, prodotti agroalimentari di alta gamma, dal bourbon del Kentucky alle aragoste del Maine, passando per agrumi, cosmetici e moda. La lista è in fase avanzata di approvazione da parte degli Stati Ue.

Colpire le Big Tech

L’arma probabilmente più pesante che davvero spaventa Washington è l’ipotesi che l’Ue vada a colpire i servizi digitali, dove le Big Tech Usa dominano. Di volta in volta si parla di accise digitali su pubblicità o intermediazioni, di una digital service tax comunitaria (esiste già in diversi Paesi).

Le grandi piattaforme online americane però temono soprattutto che Bruxelles applichi fino alle estreme conseguenze le recenti riforme del Digital Service Act e Digital Markets Act, arrivando ad imporre obblighi su trasparenza, concorrenza e moderazione dei contenuti e, in caso di violazioni, colpendo con sanzioni fino al 10% del fatturato globale annuo o l’esclusione dal mercato europeo.

Lo scudo europeo dell’anti-coercizione

C’è poi l’altra arma più efficace in mano dell’Europa, il Meccanismo anti-coercizione (Aci, “Anti-Coercion Instrument“).

Una misura pesante, già invocata più volte da Parigi come lo scudo definitivo che l’Unione può e deve alzare sull’Atlantico a difesa dei propri interessi.

Questo strumento, già operativo dal 2023, consente all’Ue di difendere la propria autonomia strategica e reagire a pressioni economiche esterne con misure rapide e proporzionate: dazi ovviamente, ma anche restrizioni su investimenti e servizi, esclusione da appalti pubblici, perfino la revoca di diritti di proprietà intellettuale.

Francia e Danimarca vedono nero e chiedono di prepararsi alla guerra commerciale

Poi c’è la Francia di Emmanuel Macron e del suo ministro del Commercio Laurent Saint-Martin, che chiede un’Europa “pronta” per davvero a mettere in campo il celebre bazooka, cioè lo strumento anti-coercizione per consentire all’Unione di affrontare i Paesi che ostacolano gli scambi commerciali nel tentativo di influenzare le decisioni di politica interna all’Unione stessa.

Se vogliamo dimostrare la nostra capacità di reazione – ha precisato Saint-Martin – è su questo che oggi dobbiamo accelerare”.

 Sullo stesso piano le dichiarazioni del ministro degli Esteri danese, Lars Lokke Rasmussen, che nel ribadire la trita affermazione di comodo “bisogna essere pronti ad utilizzare tutti gli strumenti a nostra disposizione”, chiarisce anche il concetto chiave che “se si vuole la pace, bisogna prepararsi alla guerra. E credo che è a questo punto che siamo arrivati”.

Italia terzo esportatore europeo verso gli USA (e per questo ha paura)

È chiaro che i negoziati devono andare avanti, come chiedono molti Paesi europei, tra cui l’Italia, ma è altrettanto evidente che Washington sta mettendo in campo una strategia a dir poco scorretta, che molto assomiglia a quella dei gangster, tanto che testate internazionali di livello hanno già coniato al definizione di “mafia diplomacy” parlando del modo di fare del Presidente e la sua amministrazione.

In una nota di Palazzo Chigi si legge: “Il Governo è in stretto contatto con la Commissione europea e con tutti gli attori impegnati nella trattativa sui dazi. Una guerra commerciale interna all’Occidente ci renderebbe tutti più deboli di fronte alle sfide globali che insieme affrontiamo. L’Europa ha la forza economica e finanziaria per far valere le proprie ragioni e ottenere un accordo equo e di buon senso. L’Italia farà la sua parte. Come sempre“.

Si comprende da queste parole quanto l’Italia abbia da perdere in caso di guerra commerciale aperta con gli Stati Uniti e quanto il nostro Paese abbia paura. Ma anche per l’Unione europea decidere come e cosa rispondere non è cosa semplice. nel 2024 gli scambi tra USA e UE hanno raggiunto quota 1,68 trilioni di euro (quasi 2.000 miliardi di dollari).

Proprio per questo, il Vice Presidente del Consiglio e Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Antonio Tajani, vola a Washington per incontrare Autorità istituzionali statunitensi, esponenti della comunità imprenditoriale e rappresentanti della collettività italo-americana.

L’Italia risulta essere il terzo Paese europeo (dopo Germania e Irlanda) che esporta di più negli Stati uniti, per un valore stimato da Eurostat in 65 miliardi di euro nel 2024.
Secondo l’Ufficio studi della Cgia, i dazi doganali al 30% voluti dall’amministrazione Trump potrebbero innescare una serie di effetti diretti sulle esportazioni italiane, ma anche indiretti, come l’ulteriore apprezzamento dell’euro, un aumento dell’incertezza dei mercati finanziari e un incremento del costo di molte materie prime, in grado di provocare un danno economico al nostro sistema produttivo fino a 35 miliardi di euro all’anno

Il surplus commerciale europeo a 198 miliardi di euro ne 2024

Stando ai dati forniti da Eurostat, lo scorso anno, l’Ue ha registrato un surplus commerciale con gli Stati Uniti di 50 miliardi di euro, considerando sia i beni che i servizi. Ciò rappresentava meno del 3% del commercio totale UE-USA.

Per quanto riguarda gli scambi di merci, l’UE ha registrato un surplus di 198 miliardi di euro, mentre per quanto riguarda gli scambi di servizi, l’UE ha registrato un deficit di quasi 148 miliardi di euro.

Da questo punto di vista, le economie dell’Unione Europea e degli Stati Uniti si completano molto bene.

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