La Giornata Parlamentare è curata da Nomos, il Centro studi parlamentari, e traccia i temi principali del giorno. Ogni mattina per i lettori di Key4biz. Per leggere tutti gli articoli della rubrica clicca qui.
Veti incrociati nella maggioranza, il terzo mandato sembra tramontare
Veti incrociati, tensioni e sospetti: dopo due settimane sembra tramontare quel terzo mandato per i governatori di cui la Lega aveva fatto una bandiera e che era rispuntato, dopo una serie di no, grazie a un’apertura del partito di Giorgia Meloni. Se è vero che la parola fine “definitiva” la metteranno soltanto i leader, che potrebbero parlarne a margine del Consiglio dei ministri, ancora uno spiraglio ci potrebbe essere. Certo è che il crescendo di distinguo sembrerebbe avere segnato un ennesimo punto di non ritorno soprattutto per il destino di Luca Zaia, che senza interventi sul limite ai mandati non si potrà più ricandidare alla guida del Veneto. Il partito di Matteo Salvini rivendica il quindicennale buongoverno e chiede continuità in Veneto. I meloniani ricordano che il peso elettorale si è di fatto capovolto e lo vorrebbero riconosciuto anche con la presidenza di una grande Regione del Nord.
Una questione, quella dei governatori, che agita la maggioranza da più di un anno e che ancora non trova una soluzione. La mossa di FdI, di aprire al terzo mandato nel contesto di un “intervento di sistema” come lo ha definito da ultimo il capogruppo alla Camera Galeazzo Bignami, poteva sbloccare la situazione. La via era stretta, soprattutto per i tempi, ma siglando un patto politico di ferro era (e forse è ancora) possibile. La trattativa peraltro, stando ai racconti di tutti partiti di maggioranza, sottotraccia ci sarebbe stata, almeno fino a due giorni fa. Poi qualcosa si è inceppato. E per il Veneto si riparte dal via, come nel gioco dell’oca. Ma se si dice addio al terzo mandato allora “si ridiscute su tutto”, dice più di un meloniano. FI che ufficialmente ha continuato a dire sempre di no, prima ha chiesto di allargare la discussione all’Irpef, poi nelle ultime 48 ore ha posto l’accento sulla necessità allora di guardare a proposte “che non sono nel programma”, leggi Ius Italiae.
E proprio l’insistenza degli azzurri a mettere mano alle regole per la cittadinanza ha fatto, formalmente, saltare il banco. Galeazzo Bignami spiega che sulla cittadinanza “non riteniamo che si possa andare avanti visto anche il forte consenso degli italiani all’attuale legge” dimostrata dal referendum. Pronta la risposta azzurra, col capogruppo alla Camera Paolo Barelli che, ricordando il “favorire l’inclusione dei migranti regolari” come uno dei punti del programma di centrodestra, è tranchant: “Per FI si mette fine alla discussione sul terzo mandato”, che nel programma non c’era affatto. Ancora più a stretto giro arriva lo stop anche da parte della Lega, alla cittadinanza da un lato, gli “scambi sono irricevibili”, ma pure al dibattito sui governatori. “Prendiamo atto con grande rammarico”, dice il responsabile enti locali Stefano Locatelli, aggiungendo che “a questo punto auspichiamo al più presto la scelta dei candidati”. Su cui dovranno, venerdì o al più tardi a inizio settimana, confrontarsi i leader.
Crosetto parla chiaro: l’Italia non entrerà in guerra contro l’Iran
Se gli Stati Uniti decideranno di entrare in guerra contro l’Iran l’Italia non lo farà. Ad assicurarlo è stato il Ministro della Difesa Guido Crosetto. “Sicuramente l’Italia non pensa di entrare in guerra con l’Iran. Non penso che ci saranno mai soldati o aerei italiani che potranno bombardare l’Iran, questo mi pare evidente e chiaro. Non solo perché è costituzionalmente impossibile ma non c’è neanche la volontà”, ha chiarito parlando a ieri sera a “Dritto e Rovescio”. Quanto alle basi aeree americane in Italia il Ministro ha spiegato che sono disciplinate da un accordo dei primi anni 50: l’intesa prevede che gli Usa “possono utilizzarle soltanto spiegando per cosa le vogliono utilizzare e soltanto dopo l’autorizzazione del Governo italiano”. Comunque, ha sottolineato il ministro, “non è stata ancora chiesta, non è stata mai chiesta questa autorizzazione”.
Sullo stesso tema è intervenuto il ministro degli Esteri Antonio Tajani: “In questa fase non abbiamo notizie di basi militari Usa in Italia coinvolte, non sappiamo cosa vorranno fare gli Stati Uniti”, ha detto rispondendo ai cronisti a Taormina. Molto difficile è la situazione degli italiani presenti attualmente in Iran: “Io consiglierei a tutti gli italiani di lasciare, di abbandonare Teheran che è la zona più pericolosa anche perché gli israeliani si muovono con molta facilità su tutto il territorio e non hanno intenzione di finire fin quando non hanno la certezza di aver tolto all’Iran la possibilità di utilizzare la bomba atomica”, ha affermato ancora Crosetto. “Già da tempo il ministro Tajani e la Farnesina avevano invitato al rientro”, ha ricordato.
“È un percorso molto difficile, di oltre 1.500 chilometri, fatto soltanto attraverso terra, quello che consente agli italiani, ad esempio, di abbandonare Teheran e di arrivare a Baku in Azerbaigian da cui possono ritornare in Italia. Per cui è complesso ma chiaramente non si può rimanere in un Paese dove la guerra può continuare anche per molto tempo e dove l’impiego delle armi diventa sempre più sofisticato, sempre più pericoloso, per cui certamente dovranno lasciare. Ciò detto bisogna lavorare costantemente perché riprenda quel tavolo che gli Stati Uniti avevano aperto. Ogni giorno che passa è un giorno che peggiora la situazione e rende più difficile tornare indietro. Per cui questa guerra va fermata al più presto anche perché qui c’è la possibilità di un’escalation per il tipo di armi che vengono usate, questa è la cosa che mi preoccupa di più”.
Giudici sulla Open Arms: spettava alla Spagna dare il porto. Salvini attacca
L’Italia, e quindi l’allora Ministro dell’Interno Matteo Salvini, non erano obbligati ad assegnare il porto sicuro (Pos) alla Open Arms, la nave spagnola che aveva soccorso un centinaio di migranti in mare ad agosto del 2019, perché toccava alla Spagna farlo. In poche righe i giudici del tribunale di Palermo che, a dicembre, assolsero il leader della Lega dai reati di rifiuto di atti d’ufficio e sequestro di persona per aver illegittimamente, secondo l’accusa, impedito lo sbarco ai profughi, chiudono un caso lungo 5 anni (di cui 3 di processo) e carico di polemiche politiche. Una premessa, quella scritta nelle motivazioni del verdetto depositate ieri, che rende inutile secondo il collegio approfondire ogni ulteriore argomentazioni di difesa e accusa (la Procura aveva chiesto la condanna del segretario del Carroccio a 6 anni).
A stretto giro, dopo la notizia del deposito, arriva il commento di Matteo Salvini: “I giudici hanno confermato che difendere l’Italia non è reato, rilevando l’ostinazione e l’arroganza di Open Arms che ha fatto di tutto per venire in Italia, scartando tutte le altre alternative che erano più logiche e naturali. La soddisfazione per la decisione dei giudici di Palermo non cancella l’amarezza per un processo lungo e che è costato migliaia di euro ai contribuenti italiani: è il risultato dell’odio politico della sinistra contro di me”. In realtà il collegio non parla di difesa dei confini e mette al centro del ragionamento che porta all’assoluzione dell’ex ministro solo l’assenza dell’obbligo di assegnazione del Pos. Ma la considerazione che fa cadere le accuse è destinata a far discutere, specie alla luce della decisione delle Sezioni Unite della Cassazione che sul caso analogo della nave Diciotti aveva riconosciuto il diritto al risarcimento dei migranti trattenuti illegalmente. La Procura fa sapere che deciderà sull’eventuale appello dopo aver letto le motivazioni, ma è inevitabile che il ricorso ci sarà.
Conte chiama in piazza i progressisti Ue contro il riarmo
Appello di Giuseppe Conte ai progressisti europei per dire no al riarmo. L’appuntamento è il 24 giugno alle 14.00 alla sede del Parlamento olandese a L’Aia, proprio alla vigilia del vertice Nato. La lettera del leader pentastellato viene pubblicata online da diverse testate. L’invito è a un primo confronto pubblico per “scegliere da che parte stare” e l’obiettivo è quello, si spiega dalle parti di Campo Marzio, di tastare il terreno per un coordinamento tra forze politiche europee che si oppongono alle politiche di riarmo in questo momento storico. “Mi rivolgo dunque a tutti i rappresentanti politici europei contrari a questa folle corsa al riarmo, che sono convinti che il momento di agire è ora”. All’appello hanno già aderito diversi esponenti europei, oltre una dozzina; tra gli altri, Zoe Konstantoupolou, leader primo partito opposizione Grecia ed ex portavoce di Tsipras, la sinistra spagnola di Sumar, gli olandesi di Sp e Fabio De Masi del Bsw, molti esponenti di Left, compresa la co-presidente Manon Aubry, che dovrebbe mandare un video di supporto.
L’iniziativa non raccoglie al momento altrettanto sostegno dalle parti degli alleati italiani. Tra i pentastellati si puntualizza, a scanso di equivoci, che non si tratta di una iniziativa anti-Nato o per un’uscita dalla Nato. C’è una critica, semmai, si spiega, al destinare ingenti quantità di denaro sulla difesa in un momento in cui si imporrebbero invece investimenti su sanità, welfare e spesa sociale. Ma tra i Dem ci s’interroga sull’opportunità di una iniziativa di forte contrasto alla linea dell’Alleanza atlantica sul riarmo alla vigilia di un vertice cruciale in un crocevia così delicato per lo scenario internazionale, e questo anche dopo lo scontro in Ue dei giorni scorsi sui fondi del Pnrr che ha provocato l’irritazione dei Dem per le prese di posizione dei pentastellati. Pur definendo “legittima e utile” l’iniziativa del presidente pentastellato, i leader di Avs fanno sapere che proseguiranno con le loro iniziative su questo fronte in Italia.
“Ogni iniziativa” che va contro il riarmo, evidenzia Nicola Fratoianni, “è benvenuta. Ed è per questo che sabato 21 giugno saremo in piazza a Roma con centinaia di associazioni e movimenti del nostro Paese e con migliaia di persone per riconfermare la nostra scelta, dalla parte della pace, del dialogo”. Sulla stessa linea Angelo Bonelli: “La proposta di Conte è una legittima e utile iniziativa del M5S. Noi come AVS abbiamo organizzato in queste ultime settimane altre iniziative contro il riarmo e continueremo anche la prossima settimana. Intanto saremo fortemente presenti sabato a Roma per dire no al riarmo che ora non è più convenzionale ma con la guerra in corso porta ad un’accelerazione alla corsa e alla proliferazione delle armi nucleari”. Domani i progressisti tornano in piazza contro il Piano di Riarmo Ue. Ci saranno Giuseppe Conte, Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni e una delegazione del Pd. La segretaria Pd, Elly Schlein, non ci sarà.