I feed Instagram ne sono invasi. Di pubblicità, ovviamente, soprattutto di videogiochi – ormai tutti abbiamo imparato a non commuoverci di fronte alla triste sorte del re di Royal Match, destinato a soccombere sotto qualche metro di lava, o divorato da un drago, o annegato, se non riusciremo a orientare i blocchi con sufficiente velocità da salvarlo (e la mano che lo fa nella demo è insopportabilmente lenta).
Sappiamo che sarà impossibile per il povero naufrago sull’isola deserta compiere una rivoluzione industriale in trenta secondi e sgominare le orde di nemici zombie che cercano di mangiarselo, e che quel gioco dei soldati su un ponte che diventano sempre di più e conquistano armi potenti, prima di compiere qualche errore gravissimo che li rende inevitabile preda di un gigantesco zombie (ancora), non è proprio come ce lo pubblicizzano, anche se sì, ci giurano che la pubblicità è identica al gioco reale.
Ma adesso si è aggiunta una nuova variante, per. certi versi più inquietante: star miliardarie – dall’intero cast di Friends a Jennifer Lopez, ripeto, Jennifer Lopez – che si dichiarano entusiasti di questo o quel passatempo digitale, e proprio non possono fare a meno di giocarci sette ore al giorno, pure sull’aereo, fortuna che funzionano anche senza il WiFi.
Forse è la prima volta in cui, al di là dei numeri, in molti capiscono davvero quanto sia enorme questo mercato, e quanto possono pagare le case di software per avere dei testimonial già con il potere d’acquisto di un piccolo stato disposti a rendersi ridicoli in questo modo. Del resto, siamo nel momento storico in cui Jack Black fa il pieno di miliardi girando il film di Minecraft, e i meno giovani si ricorderanno quando, decenni fa, i film tratti dai videogame erano solo fallimenti annunciati (qualcuno si rammenta del Super Mario Bros con Bob Hoskins?). La situazione è decisamente cambiata, e i numeri lo certificano, come dimostrano gli ultimi report di Sensor Tower.
Il vero bersaglio? Gli over 40
E infatti Royal Kingdom, nuovo successo nel genere dei puzzle game, è il titolo che più di tutti ha saputo incarnare questa svolta. Il gioco ha registrato tra aprile e maggio 2025 un’impennata nei download (+581%) e nei ricavi (+30%) in concomitanza con l’arrivo di spot pubblicitari interpretati da Jimmy Fallon e Kevin Hart, a cui si sono poi aggiunti Jesse Tyler Ferguson, Eric Stonestreet, Lisa Kudrow e Courteney Cox.
Non si tratta solo di comparsate: questi video, confezionati con la patina delle sitcom anni Novanta, mirano al cuore nostalgico del pubblico di mezza età, che a quanto pare risponde, con buona pace di tutti coloro che sono ancora convinti si tratti solo di passatempi per teenager. I dati sulle utenze lo confermano: il 69% del pubblico è femminile, con una netta prevalenza nella fascia 35–44 anni.
Il gioco ha guadagnato ben 88 posizioni nella classifica USA, salendo fino alla 25ª posizione nel 2025. Il tutto puntando quasi esclusivamente sulla pubblicità in-app (87% dell’investimento), anche se si scopre che buona parte del suo pubblico – forse quello meno propenso a cliccare su banner in mezzo a una partita – continua a intercettare le pubblicità altrove: su Facebook (45% delle impression), Instagram (19%) e YouTube (12%). Un segnale che la strategia omnicanale, oggi, non è più un optional, nemmeno per i titoli mobile più orientati all’ad spending in-app.
A ciascun cliente il suo testimonial perfetto
Naturalmente Royal Kingdom non è il primo a scoprire il fascino dei testimonial di Hollywood. Coin Master aveva già fatto scuola nel 2020, investendo su Jennifer Lopez, Terry Crews e l’intero clan Kardashian: in un solo trimestre la spesa pubblicitaria era cresciuta del 430%, e i risultati non si erano fatti attendere, con un +43% nei download e +46% di utenti attivi giornalieri. Ancora più clamoroso il caso di Mobile Strike nel 2015, che vide un’impennata del 4300% nei download dopo la campagna con Arnold Schwarzenegger.
In tutti questi casi, il connubio tra branding e storytelling è stato calibrato con precisione millimetrica: l’ex Terminator in un gioco di guerra, i miliardari pop in un gioco dove l’accumulo di risorse e status è centrale, le star delle sitcom in un puzzle game a base di premi e colori. Il punto, però, non è solo chi si mette in posa per uno spot, ma a chi ci si rivolge, e su quali canali. I dati di profilazione oggi sono uno strumento essenziale per chi pianifica una campagna di lancio, che si tratti di un videogame o di un’offerta mobile.
Per esempio, chi cerca di cambiare operatore o ridurre i costi della propria tariffa può usare strumenti come i comparatori di SOStariffe.it per la telefonia mobile, che offrono una lettura incrociata dei bisogni, dei consumi e delle offerte attive.
E in un contesto pubblicitario sempre più basato sull’iper-targettizzazione, la capacità di capire dove si muovono gli utenti e quali contenuti attirano davvero la loro attenzione è il vero vantaggio competitivo. Anche perché, come vedremo, non sempre l’adattamento dell’IP originale basta a garantire un successo duraturo.
Elaborare una grammatica emotiva
La stessa dinamica si replica, in scala ancora maggiore, quando sono i videogiochi a diventare cinema. Nel 2025 Minecraft ha conquistato i botteghini (e i social) con un film da incassi record: +44% di spesa in-app su mobile, +36% di copie console vendute e +9% di utenti attivi. In sala, intanto, c’era chi si lanciava in coreografie virali con manciate di popcorn, abbastanza da costringere Jack Black a intervenire pubblicamente. Ma non è solo questione di meme: le trasposizioni da videogioco funzionano quando creano un ciclo virtuoso tra i diversi media.
Lo dimostrano Fallout, che ha scelto di espandere il proprio universo narrativo con una serie originale (e ha incassato un aumento storico di vendite e download), e The Last of Us, che ha optato per una trasposizione fedele ottenendo picchi di riattivazione dagli utenti esistenti. In tutti i casi, il successo è arrivato dove c’era già una comunità affezionata e un’identità ben riconoscibile.
E qui si torna a Royal Kingdom: la strategia non era solo mettere in campo celebrità, ma evocare, con le scelte di casting, una grammatica emotiva fatta di abitudini condivise, affetti da sitcom serali, senso di familiarità. In un mercato in cui la fedeltà si gioca in secondi e la spesa pubblicitaria è ormai da blockbuster, vincere significa anche saper toccare le corde giuste prima ancora che il giocatore scarichi l’app.