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La Giornata Parlamentare. Papa Leone XIV, i messaggi di Mattarella e Meloni. Bruxelles chiede conto all’Italia sul MES. Veneto al voto a novembre

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Mattarella e Meloni danno il pieno sostegno a Papa Leone XIV su pace e diritti. Si riapre il dibattito sul Mes. L'Eurozona chiede conto all'Italia. Si apre la partita in Veneto: si vota a novembre.

La Giornata Parlamentare è curata da Nomos, il Centro studi parlamentari, e traccia i temi principali del giorno. Ogni mattina per i lettori di Key4biz. Per leggere tutti gli articoli della rubrica clicca qui.

Si riunisce il Consiglio Supremo di Difesa: ribadito il 2% sulle spese militari

“L’appartenenza all’Ue e all’Alleanza Atlantica hanno sempre segnato la collocazione della Repubblica nello scenario internazionale” e l’ambito Nato è l’unico credibile per rispondere alle “gravi situazioni di conflitto che colpiscono il nostro vicinato”. Sono le conclusioni di un lungo Consiglio Supremo di Difesa (CSD) che ha riunito ieri al Quirinale il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e la premier Giorgia Meloni accompagnata da diversi Ministri. È stata l’occasione, assolutamente formale, per ribadire insieme le linee fondamentali della politica estera italiana confermando l’incrollabile ancoraggio dell’Italia alla Nato e all’Ue, tanto che anche dal Csd è venuta la conferma che l’Italia terrà fede ai suoi impegni e porterà le spese per la Difesa al 2% del Pil, come era stato anticipato dalla presidente del Consiglio nel suo intervento al Parlamento. La riunione ha passato in rassegna tutte le principali aree di crisi, dall’Ucraina a Gaza, dalle tensioni tra India e Pakistan ai colloqui sul nucleare iraniano. Di particolare interesse sono le riflessioni sulle minacce cyber, le fake news e la conseguente necessità di “vigilanza” sulle infrastrutture nazionali che possono risultare fragili se attaccate. 

Bisogna, si legge nel comunicato diffuso dal Quirinale, “mantenere vigilanza sulla tutela delle infrastrutture critiche nazionali e nella difesa contro gli attacchi cyber e nello spazio cognitivo, che vede un crescente, insidioso e costante propagarsi di fake news; sulla sicurezza dell’ambiente sottomarino; sulla necessità di scongiurare l’occupazione e la militarizzazione dello spazio; così come ritiene decisivo il sostegno allo sviluppo delle nuove tecnologie e dell’IA”. Molto significativo risulta anche il passaggio dedicato alla crisi israelo-palestinese e in particolare alla drammatica situazione di Gaza dove si esprimono parole chiare: “In MO, l’interruzione del cessate il fuoco a Gaza suscita forte preoccupazione”, è la premessa. “I feroci attacchi terroristici di Hamas contro inermi cittadini israeliani del 7 ottobre 2023 hanno innescato una spirale d’inaudita violenza causando migliaia di vittime e una crisi umanitaria senza precedenti a Gaza, incendiando l’intera area, in un conflitto che si è esteso ben oltre il territorio palestinese e destabilizza l’intera area del Mediterraneo allargato. 

L’Italia ritiene indispensabili il pieno rispetto del diritto internazionale umanitario e della legalità internazionale, la immediata e duratura cessazione dei combattimenti, la liberazione degli ostaggi ancora crudelmente nelle mani di Hamas, il ripristino urgente da parte di Israele delle condizioni che consentano l’assistenza umanitaria alla popolazione civile di Gaza”. Conseguenziale l’apprezzamento per la mediazione omanita per i colloqui tra Washington e Teheran sul nucleare iraniano: un dialogo “significativo per contribuire alla stabilità nell’intera area mediorientale”. Infine, sul conflitto in Ucraina: “Dopo tre anni l’aggressività russa non accenna a diminuire, come dimostrano le recenti stragi di civili. Il sostegno dell’Italia per Kiev, fermo e determinato, ha l’obiettivo di una pace giusta e duratura, fondata sui principi e sui valori della Carta delle Nazioni Unite. Le garanzie di sicurezza, per essere solide e credibili, non potranno prescindere dalla cornice di unità euro-atlantica”. Parole nette e chiare che non lasciano dubbi sulla posizione dell’Italia. 

Mattarella e Meloni danno il pieno sostegno a Papa Leone XIV su pace e diritti

Le parole “speranza” e “pace” sono quelle più ricorrenti nei messaggi delle cariche dello Stato e del mondo politico indirizzati a Leone XIV, il nuovo Papa eletto ieri pomeriggio. Dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, ai presidenti di Senato e Camera, Ignazio La Russa e Lorenzo Fontana, fino alla presidente del consiglio Giorgia Meloni tutti hanno espresso sentimenti di gioia, evidentemente colpiti anche dalle parole di Leone nel suo primo discorso. “In questo momento storico, in cui tanta parte del mondo è sconvolta da conflitti inumani dove sono soprattutto gli innocenti a soffrire le conseguenze più dure di tanta barbarie” ha scritto Mattarella “desidero assicurarle l’impegno della Repubblica Italiana a perseguire sempre più solidi rapporti con la Santa Sede per continuare a promuovere una visione del mondo e della convivenza tra i popoli fondata sulla pace, sulla garanzia dei diritti inviolabili e della dignità e la libertà per tutte le persone, quella pace che Vostra Santità ha evocato con forza nel Suo primo messaggio dalla loggia di San Pietro e che è la speranza dell’umanità intera”. 

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni in una lettera inviata al Pontefice ha sottolineato che “l’Italia ha un legame indissolubile col Vicario di Cristo”, legame senza il quale “non si potrebbero comprendere l’identità, la storia e la cultura della nostra Nazione”. “La nostra casa si fonda sulla sintesi straordinaria tra fede e ragione”, ha aggiunto evocando un concetto caro a papa Ratzinger, per poi sottolineare le parole odierne di Leone sulla pace: “Pace di cui il mondo ha disperato bisogno e che Lei, dalla Loggia della Benedizioni, ha invocato più volte, richiamando l’incessante e instancabile azione portata avanti dal compianto Papa Francesco”. Meloni conclude la lettera assicurando “il proprio “affetto filiale” al Papa. Anche il vicepremier e leader di Fi Antonio Tajani ha sottolineato le parole di pace del papa: “Ringraziamo Dio per aver dato un nuovo Vescovo a Roma e una nuova guida alla Chiesa Cattolica. Pregherò per lui, vicario di Cristo e successore di Pietro”. Matteo Salvini, vicepremier e leader della Lega, ha confessato di essere “emozionato e commosso”: “Pace disarmata e disarmante ha invocato il Santo Padre, benedicendo centinaia di migliaia di fedeli. Buona missione Papa Leone XIV!” ha aggiunto il leader della Lega. 

Si apre la partita in Veneto: si vota a novembre

La decisione del Consiglio di Stato sulle elezioni in Veneto piomba nell’arena politica dando uno scossone agli equilibri nel centrodestra già alle prese con la discussione sulla legge elettorale. La Regione del Nord-Est andrà al voto entro il 20 novembre, al più tardi il 23. La sentenza con cui il Consiglio esprime il parere chiesto dal Veneto sulla normativa per le prossime elezioni non lascia dubbi: “Il quinquennio di carica terminerà nei corrispondenti giorni di settembre 2025 e le elezioni dovranno quindi avere luogo entro i sessanta giorni successivi”. Si apre così la partita interna alla coalizione di governo, chiamata a trovare un compromesso sul candidato alla Presidenza. 

La strada parte in salita, con almeno due concorrenti: da una parte, la Lega che non vuole rinunciare alla Regione governata da Luca Zaia, dall’altra, Fratelli d’Italia che rivendica il peso specifico del consenso raccolto nelle ultime tornate elettorali e intende spingere per un candidato di bandiera. Le distanze potranno essere affrontate solo ai massimi livelli, in un confronto a tre tra la premier Giorgia Meloni e i vicepremier Antonio Tajani e Matteo Salvini. E non è escluso che la presidente del Consiglio possa avviare un dialogo diretto con lo stesso Zaia, governatore uscente che gode di un ampio consenso sul territorio. In ogni caso, la corsa è ufficialmente iniziata, e con ritmi già sostenuti, che deludono gli auspici di chi, almeno in casa Lega, sperava in un voto nel 2026, all’indomani delle Olimpiadi. C’è l’opportunità di mettere sul tavolo del confronto interno al centrodestra anche la scelta del governatore lombardo. 

Sulla legge elettorale le Lega sembra perplessa e frena

Resta ancora tutta da giocare la partita in maggioranza sulla legge elettorale, tema che la premier Giorgia Meloni non ha evitato nel question time in Aula al Senato, aprendo sull’introduzione delle preferenze. E la reazione della Lega non si è fatta attendere; secondo i retroscena di alcuni quotidiani, Matteo Salvini ai suoi fedelissimi avrebbe spiegato che la nuova legge elettorale che ha in mente FdI “non va bene”: “Se si vuole costruire un sistema che ci danneggia, allora per noi l’attuale legge va benissimo”. A prima mattina, però, arriva la nota con cui la Lega smentisce categoricamente le dichiarazioni riportate dai giornali: i virgolettati attribuiti al segretario, fanno sapere da via Bellerio, “sono totalmente falsi, Salvini non si è mai espresso sulla legge elettorale”. Più tardi, è il capogruppo della Lega alla Camera Maurizio Molinari a dare la linea, che comunque suona come una frenata rispetto alle ipotesi circolate nelle ultime ore nelle fila di FdI Fi: “Per noi la legge elettorale che c’è adesso va più che bene”, spiega il deputato leghista. 

Parole che lasciano intendere che la Lega non guarda con particolare interesse alle proposte arrivate su un proporzionale con premio di maggioranza sulla base del modello delle Regioni, ipotesi sostenuta nei giorni scorsi da Alberto Balboni di FdI e sulla quale sono arrivati apprezzamenti da Fi, che comunque ha invitato a evitare fughe in avanti. Il capogruppo della Lega interviene anche sul sistema delle preferenze: “La proposta di reintrodurre le preferenze con i capi lista bloccati mi sa un po’ di presa in giro, un’operazione di maquillage. Sicuramente la preferenza porta ad avere un legame maggiore col territorio, ma porta anche a concentrarsi di più soltanto su aspetti localistici-territoriali rispetto al lavoro di un parlamentare, per non parlare poi di quello che è legato agli eventuali voti di scambio”. Sulle preferenze le posizioni non sono ancora consolidate, né tra le forze di opposizione, né in maggioranza, dove circola anche l’idea di liste corte, con quattro o cinque candidati, che renderebbe superfluo il sistema delle preferenze. Molinari, intanto, tiene a precisare che una proposta di legge elettorale ancora non c’è, né tanto meno un tavolo di maggioranza sul tema. Guardando al futuro, tende però la mano agli alleati: “quando gli alleati vorranno parlarci di legge elettorale sanno dove trovarci”. 

Il Governo incontra i Sindacati: apertura su sicurezza del lavoro e subappalti

La premier Giorgia Meloni vede i sindacati a Palazzo Chigi, ai quali conferma che sul tavolo ci sono altri 650 milioni di euro e una serie di misure allo studio. Intanto il Governo pensa a potenziare il meccanismo premiale per le imprese virtuose ma anche a rimettere mano alle norme sui subappalti, tema anche di uno dei quesiti promossi dalla Cgil per il referendum dell’8 e 9 giugno e che il leader Maurizio Landini rilancia. Nella sala verde a palazzo Chigi insieme alla presidente del Consiglio c’è quasi tutto l’esecutivo. Il clima è positivo, “collaborativo”, come dice la ministra del Lavoro, Marina Calderone. Il confronto proseguirà poi anche con le imprese. L’obiettivo, condiviso, è quello di fermare le troppe tragedie sui luoghi di lavoro. Del resto, la stessa Meloni torna a parlare di “un’alleanza” tra istituzioni, sindacati e associazioni datoriali per mettere la sicurezza sul lavoro in cima alle priorità e per questo chiede di “unire gli sforzi” e delineare le proposte “senza pregiudizi”. 

Le risorse disponibili per gli interventi sono oltre 1,2 miliardi da indirizzare agli interventi per la tutela dei lavoratori e dei datori. Per le imprese l’intenzione è continuare a premiare quelle che investono in prevenzione, potenziando, spiega la premier “il meccanismo del cosiddetto bonus-malus relativo al calcolo dei premi Inail”. Durante l’incontro emerge poi la disponibilità del Governo ad aggiornare le regole nella catena dei subappalti con l’obiettivo di rafforzare i controlli e le responsabilità riguardo alla sicurezza dei lavoratori, un impegno, fanno sapere dall’esecutivo, mentre è in corso il tavolo cui il vicepremier e ministro dei Trasporti Matteo Salvini non partecipa, impegnato nelle stesse ore al Mit per l’incontro con il Ministro greco Konstantinos Kyranakis, “concordato direttamente da Salvini con la Meloni”. 

Sul tema era intervenuto il nuovo Codice degli appalti, fortemente voluto dal vicepremier leghista, più volte attaccato dagli stessi sindacati per averne esteso i limiti con i subappalti a cascata. Uno dei quattro quesiti sul lavoro della Cgil chiede di abrogare le norme che impediscono in caso di infortunio sul lavoro negli appalti di estendere la responsabilità all’impresa appaltante. “Se vogliamo risolvere il problema abbiamo immediatamente un referendum”, afferma Maurizio Landini al termine dell’incontro, che comunque giudica positivamente nel metodo: “Per la prima volta”, afferma, l’esecutivo “ha dichiarato la disponibilità a confrontarsi su una serie di temi”, ora andranno verificate le risposte. Apprezzamento confermato dagli altri sindacati. 

Si riapre il dibattito sul Mes. L’Eurozona chiede conto all’Italia

Il Meccanismo europeo di stabilità riemerge e torna ad essere discusso all’Eurogruppo. E, ancora una volta, l’Italia finisce nel mirino: al Ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti nel corso della riunione di lunedì a Bruxelles sarà chiesto infatti di riferire sullo stato della ratifica del trattato riformato, l’unica ancora mancante nell’Eurozona. Da Roma, comunque al momento non si vedono aperture. In passato Giorgetti ha più volte espresso scetticismo e nel giugno 2024, all’Ecofin, aveva liquidato la questione nettamente: “Il Parlamento non è nelle condizioni di approvarlo”. Un cambiamento di rotta, aveva aggiunto, potrebbe arrivare solo in futuro e solo “se il Mes cambia, se migliora, se cambia natura”; insistere sulla ratifica era come “buttare sale sulla ferita”. Lunedì però il presidente dell’Eurogruppo Paschal Donohoe cercherà di nuovo di tirare le fila, chiedendo al dg del Meccanismo, Pierre Gramegna, un aggiornamento su tre dossier: la revisione della chiave di ripartizione dei contributi tra i Paesi membri, la ratifica del trattato e la revisione del toolkit, ovvero l’insieme degli strumenti operativi del Meccanismo.

Insomma, un pacchetto solo in apparenza tecnico: le implicazioni politiche sono tutt’altro che marginali. Sull’Italia i toni sono per felpati, del resto, la bocciatura del Parlamento italiano a dicembre 2023 ha lasciato il trattato riformato in un limbo. La versione aggiornata del Mes avrebbe dovuto introdurre il cosiddetto backstop, un paracadute finanziario a supporto del Fondo di risoluzione unico per le crisi bancarie. Senza il via libera dell’Italia, però, il backstop resta congelato. A gennaio 2024 la premier Giorgia Meloni aveva rivendicato la scelta come un’opportunità, rovesciando la prospettiva: “Il Mes è uno strumento obsoleto. Forse la mancata ratifica da parte dell’Italia può diventare un’occasione per trasformarlo in qualcosa di più efficace”. Ed ecco ora la revisione del toolkit. Vedremo, ora, se la postura dell’Italia cambierà.

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