Web: inizia l’era IPv6. Il nuovo protocollo aggiunto in 6 dei 13 root server mondiali

di Alessandra Talarico |

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IPv6

L’allarme è stato lanciato da più fronti: dopo 27 anni di onorata carriera, la versione 4 del Protocollo IP (IPv4) ha iniziato a mostrare i propri limiti in termini di capacità di indirizzamento, tanto che entro il 2010 potrebbero non esserci più indirizzi internet disponibili.

A fronte della notevole crescita di internet e dell’evidente scarsità di indirizzi, appare dunque quanto mai urgente accelerare il roll out dell’IPv6, in grado di offrire una quantità pressoché illimitata di indirizzi per i nodi di rete.

 

Il momento è infine arrivato: l’Icann ha infatti annunciato che gli indirizzi internet di nuova generazione sono stati registrati in 6 dei 13 root server mondiali (A, F, H, J, K, M). Un passo essenziale per l’integrazione del protocollo nel Domain Name System (DNS), dato che finora era necessario mantenere anche il vecchio indirizzo IPv4 per usare un indirizzo IPv6.

 

L’IPv6 – standardizzato già da 10 anni e in corso di sperimentazione in Giappone e in Corea – si presenta come la naturale evoluzione della versione precedente, ma vi sono anche freni di varia natura che ne rallentano il cammino, come ad esempio la compatibilità con le attuali strutture di rete. E’ necessario dunque portare l’IPv6 ovunque e favorire la graduale conversione dell’IPv4, per permettere a tutti i dispositivi abilitati di connettersi in rete.

 

Nel corso degli anni, sono stati sviluppati diversi meccanismi per superare le limitazioni di indirizzamento dell’IPv4. L’IETF (Internet Engineering Task Force) si è posta questo problema fin dall’inizio degli anni “90, avviando un’attività di ricerca per la specifica di un protocollo IP di nuova generazione, che superasse le limitazioni dell’attuale versione.

 

Dopo una serie di proposte che hanno contribuito alla definizione dei requisiti per il nuovo protocollo, nel 1994 si è compiuta la scelta del candidato a sostituire l’attuale IPv4, che è stato denominato, appunto, IPv6.

Da allora è stato fatto molto lavoro: le specifiche hanno raggiunto un elevato grado di maturità, si può contare un numero notevole di implementazioni del protocollo, tra le quali quelle dei maggiori costruttori di router.

 

Il 20 luglio 2004, a 23 anni dalla codifica di IPv4, infine, l’Icann ha annunciato l’integrazione della nuova versione del protocollo Internet nei root server che gestiscono il traffico in rete. 

 

Certamente la novità più importante introdotta dal protocollo IPv6 è l’adozione di uno spazio di indirizzamento su 128 bit contro i 32 bit di IPv4.

Il protocollo, in sostanza, come esemplifica Wikipedia, “gestisce fino a circa 3,4 × 1038 indirizzi (280.000.000.000.000.000 indirizzi unici per ogni metro quadrato della superficie terrestre), mentre IPv4 gestisce soltanto fino a circa 4 miliardi (4 × 109) di indirizzi”.

 

La disponibilità di indirizzi più lunghi, oltre a garantire un margine di crescita pressoché illimitato, consentirà di dare alla rete Internet una struttura più flessibile ed efficiente di quella attuale e renderà possibile la diffusione di nuovi contenuti e servizi (giochi, file sharing…).

 

“L’aggiunta degli indirizzi IPv6 nei root server migliora la connettività end-to-end delle reti IPv6 e accelera l’interoperabilità globale di internet”, ha dichiarato il vicepresidente Icann, David Conrad sottolineando l’importanza dell’operazione in vista “della migrazione globale verso l’IPv6”.

 

Il vecchio protocollo, tuttavia, non cesserà di funzionare all’improvviso, ma sarà sostituito gradualmente dall’IPv6. Processo che dovrebbe essere completato nel 2025.

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