Finestra sul mondo

Attacco Usa in Siria, Disarmo Eta, Primo sistema difesa europea, Scontri Venezuela, Brexit

di Agenzia Nova |

Poteri, economia, finanza e geopolitica nelle ultime 24 ore

Finestra sul mondo è una rubrica quotidiana con le notizie internazionali di Agenzia Nova pubblicate in collaborazione con Key4biz. Poteri, economia, finanza, lette in chiave di interdipendenza con un occhio alla geopolitica. Per consultare i numeri precedenti, clicca qui.

Gli Stati Uniti dichiarano guerra al regime siriano

07 apr 11:12 – (Agenzia Nova) – Le Forze armate statunitensi hanno raso al suolo nelle prime ore di oggi (venerdi’) l’aeroporto militare siriano di Shayrat, da cui sarebbe partito l’attacco con armi chimiche che questa settimana ha ucciso un centinaio di civili a Khan Shaykhun, un villaggio controllato dai ribelli siriani nella provincia di Idlib. Due cacciatorpediniere lanciamissili statunitensi, l’Uss Ross e l’Uss Porter, che incrociano nel Mediterraneo Orientale, hanno lanciato 60 missili da crociera Tomahawak contro la base aerea del regime siriano. I missili, assemblati da Raytheon, hanno una gittata di mille chilometri, e sono stati massicciamente impegnati dagli Usa in vari conflitti regionali sin dalla prima Guerra del Golfo. Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha confermato l’attacco nella notte di ieri dalla sua residenza in Florida, dove ospita il presidente cinese Xi Jinping. “Questa sera ho ordinato un attacco militare di precisione contro l’aeroporto siriano da cui e’ stato lanciato l’attacco chimico”, ha dichiarato il presidente ai giornalisti. L’attacco missilistico, il primo atto di guerra diretto statunitense contro il regime di Damasco dall’inizio della guerra civile siriana, e’ stato lanciato “nell’interesse vitale della sicurezza nazionale degli Stati Uniti”, ha affermato il presidente. La decisione di bombardare le forze del regime siriano rappresenta una svolta radicale rispetto alla linea non interventista espressa da Trump nel corso degli anni, e in particolare durante la campagna elettorale dello scorso anno e i primi mesi del suo mandato presidenziale. L’attacco stravolge anche la politica Usa in Siria della precedente amministrazione Obama, che aveva soppesato un intervento militare contro il regime siriano nel 2013, dopo il primo attacco chimico imputato a Damasco, ma aveva desistito prendendo atto dell’opposizione del parlamento del Regno Unito, cruciale alleato militare degli Stati Uniti. All’epoca, Trump aveva espresso piu’ volte su Twitter la sua contrarieta’ a qualunque coinvolgimento militare diretto degli Stati Uniti nel caotico teatro siriano. L’attacco chimico di martedi’ – sferrato pochi giorni dopo la rinuncia formale della Casa Bianca a perseguire la deposizione di Assad – ha stravolto la linea del presidente. Il segretario di Stato Usa, Rex Tillerson, ha frettolosamente organizzato una conferenza stampa in Florida, confermando la drastica inversione di rotta dell’amministrazione: l’attacco chimico, ha detto Tillerson, “viola tutte le precedenti risoluzioni Onu, tutte le norme del diritto internazionale, e tutti gli accordi di lungo corso tra le parti, inclusi quelli col regime siriano, il governo russo, e tutti gli altri membri del Consiglio di sicurezza Onu”. L’attacco, ha aggiunto il segretario di Stato, “richiede una risposta decisa”. Poi un avvertimento alla Russia: “E’ importante che il governo russo valuti attentamente se proseguire il suo sostegno al regime di Assad”. Gli Stati Uniti, ha dunque informato Tillerson, “hanno avviato i passi necessari” a mobilitare una coalizione per rimuovere Assad dal potere; un obiettivo che stando al segretario verra’ perseguito attivamente dopo la sconfitta dello Stato islamico e dei gruppi qaedisti in Siria, per far si’ che il paese ritrovi margini di stabilita’. L’attacco ordinato dal presidente Usa ha galvanizzato i senatori repubblicani convintamente interventisti, primi tra tutti John McCain, dell’Arizona – che si era recato personalmente nel nord della Siria, il mese scorso – e Bob Corker del Tennessee, presidente della commissione Affari esteri del Senato Usa. “Ho sostenuto con convinzione l’opportunita’ di una azione militare contro la Siria nel 2013, quando venne violata la linea rossa di Obama”, ha dichiarato Cotton alla Cnn. “Non siamo soltanto di fronte a un oltraggio morale. Questo e’ esattamente il genere di cose che spinge gli arabi musulmani tra le braccia dello Stato islamico”, ha aggiunto il senatore, commentando l’attacco chimico di Idlib. L’ambasciatrice Usa alle nazioni Unite, Nikki Haley, si era presentata alla riunione del Consiglio di sicurezza successivo all’attacco, mercoledi’ scorso, con le foto di bambini siriani semi-asfissiati dagli agenti chimici, ed aveva accusato apertamente la Russia di promuovere una “falsa narrativa” che imputa l’impiego delle sostanze chimiche non al regime di Damasco, ma ai ribelli islamisti. Ora che gli Usa hanno aperto le ostilita’ – sottolinea la “Washington Post” – l’incognita piu’ preoccupante e’ rappresentata proprio dalla Russia: una potenza atomica schierata con convinzione a fianco del presidente siriano, e le cui truppe operano sul terreno fianco a fianco a quelle del regime. Alla vigilia dell’attacco missilistico Usa, Mosca aveva avvertito che qualunque iniziativa militare statunitense sarebbe stata accompagnata da “conseguenze negative”: “Dovremmo valutare attentamente le conseguenze. La responsabilita’ dell’avvio di una azione militare ricadra’ sulle spalle di chi intraprenda un’impresa cosi’ tragica e controversa”, aveva dichiarato mercoledi’ l’ambasciatore russo all’Onu, all’Onu, Vladimir Safronkov. I dubbi e i rischi che hanno bloccato un intervento militare statunitense nel 2013, scrive la “Washington Post”, non sono cambiati. Con un’aggravante: oggi “le possibilita’ di una propagazione del conflitto sono decisamente maggiori”. Secondo il generale John Allen, coordinatore dell’offensiva contro lo Stato islamico in Siria e Iraq durante la seconda amministrazione Obama, una campagna militare statunitense contro il regime di Damasco avrebbe garantito un “impatto decisivo” sulle dinamiche del conflitto nel 2013. Oggi il quadro “e’ molto piu’ complicato”, e gli Stati Uniti “devono porsi una domanda: quanto vogliamo davvero arrabbiarci per questa faccenda? Siamo davvero moralmente sdegnati al punto da intraprendere azioni che potrebbero condurre alla morte di militari russi?”. Altri ex funzionari dell’amministrazione Obama, invece, premono affinche’ la Casa Bianca passi all’azione. “Se non agiamo, stiamo di fatto dicendo ad Assad che i sostenitori del regime possono utilizzare tutto il gas sarin che vogliono”, afferma ad esempio Phil Gordon, direttore per il Medio Oriente della precedente amministrazione presidenziale, che aggiunge: “Assad ha messo alla prova Obama. Ora sta mettendo alla prova Trump”.

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Spagna, l’Eta a un passo dal disarmo integrale, ma i dubbi rimangono

07 apr 11:12 – (Agenzia Nova) – L’organizzazione terroristica basca dell’Eta (Euskadi Ta Askatasuna) conferma oggi quanto annunciato da tempo: domani, sabato 8 aprile, tutte le armi e gli esplosivi in mano ai suoi esponenti verranno consegnati ala societa’ civile. Eta e’ ora una “organizzazione disarmata”, si legge in una lettera in spagnolo e inglese diffusa dalla testata “Bbc”. La notizia e’ accolta con un “certo scetticismo” dalle forze di sicurezza, segnala pero’ il quotidiano “Abc”. I vertici storici dell’organizzazione sono in carcere e in liberta’ c’e’ “un gruppetto senza preparazione, prestigio e struttura”. Difficile immaginare che abbiano pieno accesso a tutte le informazioni necessarie per il disarmo, a partire dalla localizzazione degli arsenali. Inoltre, scrive la testata rilanciando altri dubbi di fonti della sicurezza, e’ da capire con quali elementi si sarebbero rapportati i mediatori che, pressati dai vari corpi di polizia, potrebbero “aver perso il contatto con l’organizzazione terroristica negli ultimi tempi”. Infine c’e’ il dubbio che si possa riproporre la “farsa” del 2014, quando “con la complicita’” di agenzie internazionali di controllo, un piccolo deposito di armi inutilizzate fu presentato come disarmo. Una messa in scena “grottesca” la cui falsita’ fu svelata in fretta. Se, come dice il quotidiano “El Mundo”, domani si assistera’ alla consegna di una cinquantina di pistole, per gli esperti nella lotta antiterroristica sarebbe “una presa in giro”: solo quelle non ancora ritrovate dopo un furto recente sarebbero tra 130 e 140.

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Primo progetto della Difesa comune europea

07 apr 11:12 – (Agenzia Nova) – Il primo sistema d’arma sviluppato con fondi comunitari europei sara’ un drone aereo o marittimo per missioni di sorveglianza e ricognizione. Lo riferisce il quotidiano tedesco ‘”Handelsblatt”, che cita documento riservati relativi al prossimo bilancio della Ue. Lo sviluppo dovrebbe essere avviato quest’anno, come progetto pilota di un piano piu’ ambizioso: un fondo europeo per la difesa da un miliardo di euro, che sostenga lo sviluppo congiunto di sistemi d’arma col sostegno di 200 miliardi di euro dai bilanci della Difesa nazionali. Piani dettagliati dovrebbero essere presentati dagli Stati membri entro giugno. Due prototipi dovrebbero essere finanziati entro il 2021 per un valore di 500 milioni di euro dal bilancio comune. Per l’avvio del progetto l’Ue dovrebbe mettere a disposizione 25 milioni di euro. Il primo progetto congiunto su grande scala dovrebbe riguardare lo sviluppo di elicotteri per 5 miliardi di euro, finanziato per il 15 per cento circa (tra i 500 e 750 milioni) da fondi del bilancio comunitario. L’Agenzia Europea per la Difesa (Eda) dovrebbe crescere significativamente nei fondi e nelle dimensioni per coordinare i progetti di difesa comune, identificando le capacita’ militari comuni prioritarie, come il rifornimento in volo e le comunicazione satellitari sicure, sotto la supervisione della Commissione Ue.

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Venezuela, lo scontro di piazza si alza di un livello

07 apr 11:12 – (Agenzia Nova) – Si alza la temperatura dello scontro tra il governo e le opposizioni in Venezuela. La capitale Caracas e’ stata teatro di nuovi scontri a seguito di una manifestazione organizzata in protesta contro le ultime decisioni dei poteri legati al presidente Nicolas Maduro. Scontri piu’ aspri, riferiscono le cronache locali, perche’ a differenza di quanto accadeva fino a qualche mese fa – quando le speranze di una mediazione animate soprattutto dalla presenza del Vaticano finivano per dividere il fronte della protesta – le opposizioni hanno fatto fronte comune e deciso di sfidare le forze di sicurezza. Il corteo, con alla testa diversi dirigenti politici, ha cambiato in corsa il suo itinerario finendo per mobilitare anche la Guardia nazionale bolivariana, corpo militarizzato della polizia: elicotteri e blindati sono entrati in azione per sedare la protesta con lacrimogeni e idranti. Si contano circa 18 feriti lievi, tra cui alcuni giornalisti e una trentina di arresti. Il corteo avrebbe voluto raggiungere l’ufficio del Difensore del popolo, l’istituzione che aveva negato al Parlamento – controllato dalle opposizioni – la domanda di azzerare gli incarichi dei giudici del Tribunale Supremo di Giustizia (Tsj). Con due sentenze, poi parzialmente rettificate, che avevano scatenato anche le critiche della comunita’ internazionale, il Tsj aveva revocato all’Assemblea il potere legislativo e tolto ai parlamentari l’immunita’. Come da anni accade in queste situazione, il governo ha negli stessi momenti convocato i suoi seguaci alla piazza, a difesa “della rivoluzione bolivariana”. Uno scenario che accende l’allarme per la nuova manifestazione convocata per sabato, quando – promettono gli organizzatori forti del messaggio di sfida al governo e unita’ lanciato al paese -, la piazza sara’ ancora piu’ piena e decisa.

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Usa, la maggioranza repubblicana al Senato ricorre all'”opzione nucleare”

07 apr 11:12 – (Agenzia Nova) – La maggioranza repubblicana al Senato federale Usa e’ ricorsa ieri alla cosiddetta “opzione nucleare”, ovvero la modifica unilaterale dei regolamenti di quella Camera, per garantire la conferma di Neil Gorsuch a giudice della Corte Suprema. La minoranza democratica aveva opposto l’ostruzionismo alla nomina del giudice, vincolando cosi’ la conferma all’approvazione di una maggioranza qualificata di 60 senatori, di cui i Repubblicani non dispongono. Sia l’ostruzionismo alla nomina di un giudice della Corte Suprema, sia il cambiamento a colpi di maggioranza del regolamento del Senato per garantirne la conferma, costituiscono avvenimenti senza precedenti nella storia del Congresso Usa, che palesano il livello di acredine ideologica e partigianeria politica cui e’ caduto preda ormai da anni il Congresso federale. “Questo sara’ il primo ed ultimo ostruzionismo opposto a un candidato alla Corte Suprema, ha dichiarato ieri il presidente repubblicano del Senato, Mitch McConnel. Il leader della minoranza democratica, Chuck Shumer, e’ ricorso a diverse tattiche per tentare di ostacolare il voto sull’opzione nucleare, che ha ottenuto 52 voti a favore e 48 contrari: una fotografia esatta dell’equilibrio dei due partiti al Senato. Diversi Repubblicani hanno espresso disagio per l’epilogo della procedura di conferma di Gorsuch: “E’ un brutto giorno per la democrazia”, ha dichiarato ad esempio John McCain. Gli sviluppi della battaglia tra Repubblicani e Democratici al Senato sono “drammatici, ma attesi”, commenta il “Time”. I Democratici avevano raccolto i voti necessari all’offensiva ostruzionistica gia’ nella giornata di lunedi’, ed entrambi i partiti avevano trascorso il resto della settimana contendendosi spazi sui media e preparandosi alla resa dei conti di ieri. Dopo 30 ore di dibattito in aula, Gorsuch otterra’ la conferma oggi, con un voto a maggioranza semplice. La battaglia parlamentare di ieri segna un’evidente sconfitta in termini di funzionalita’ delle istituzioni rappresentative Usa. In termini prettamente politici, invece, l’opzione nucleare segna una vittoria per i Repubblicani, che nel caso di ulteriori nomine alla Corte Suprema durante la presidenza Trump potranno contare su procedure di conferma piu’ agevoli.

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Regno Unito, gli antieuropeisti del governo appoggiano l’approccio piu’ morbido di May sulla Brexit

07 apr 11:12 – (Agenzia Nova) – La premier del Regno Unito, Theresa May, riferisce il “Financial Times”, ha ottenuto l’appoggio di due membri antieuropeisti del suo governo, il segretario agli Esteri, Boris Johnson, e il segretario al Commercio internazionale, Liam Fox, sull’approccio piu’ morbido alla Brexit mostrato negli ultimi giorni durante la visita in Arabia Saudita, quando ha lasciato intendere che potrebbe accettare una temporanea prosecuzione della libera circolazione delle persone e della giurisdizione della Corte europea di giustizia. I due ministri hanno indicato di essere disponibili a fare concessioni su un accordo di transizione che farebbe da ponte tra l’uscita dall’Unione Europea e una nuova partnership commerciale; fonti a loro vicine raccontano che guardano all’obiettivo finale e che accetterebbero il prolungamento di alcune condizioni dopo 44 anni di appartenenza all’Ue. Forte del sostegno interno, la prima ministra ha avuto un colloquio “positivo e amichevole”, durato quasi due ore, con Donald Tusk, presidente del Consiglio europeo, il primo dopo la notifica di uscita. I due interlocutori hanno concordato di collaborare per “abbassare la tensione che potrebbe salire” nei 18 mesi di negoziato. La leader di Downing Street, comunque, ha ribadito la sua posizione su Gibilterra, la cui sovranita’ non dovra’ essere negoziata senza il consenso del suo popolo. May ha istituito un gruppo di lavoro di cinque persone per supervisionare le trattative con Bruxelles: oltre a Johnson e Fox ne fanno parte David Davis, segretario per l’Uscita dall’Ue; Philip Hammond, cancelliere dello Scacchiere, e Amber Rudd, segretaria all’Interno (gli ultimi due, come May, schierati sul fronte “Remain” nel referendum).

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La Bassa Sassonia applica per la prima volta il paragrafo 58a sulle espulsioni

07 apr 11:12 – (Agenzia Nova) – Per la prima volta in Germania un land ha applicato il paragrafo 58a della legge sul diritto di soggiorno che prevede l’espulsione senza preavviso dei soggetti considerati pericolosi. La Bassa Sassonia e’ infatti ricorsa al provvedimento di legge nei confronti di un nigeriano 22 enne nato a Gottinga, accusato di radicalismo islamico. Ad annunciare l’espulsione e’ stato il ministro dell’Interno del land, Boris Pistorius (Spd). Il rimpatrio forzato e’ avvenuto con calma e senza incidenti. Il paragrafo 58a, approvato dopo gli attentati dell’11 settembre 2001 negli Usa, non era mai stato applicato prima, neanche nei confronti dell’attentatore di Berlino Anis Amri, che pure era gia’ stato identificato dalle autorita’ come soggetto pericoloso mesi prima dell’attentato. Il giovane nigeriano espulso era finito in carcere, assieme ad un algerino 27 enne, il 9 febbraio scorso, con l’accusa di aver pianificato un attentato terroristico. Il procuratore generale aveva pero’ stabilito che i due fossero rimessi in liberta’. Entrambi gli arrestati sono nati in Germania, ma secondo Pistorius. Nei prossimi giorni dovrebbe essere espulso anche il sospetto Algerino.

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Regno Unito, per vedere come puo’ funzionare il commercio dopo la Brexit basta andare a Dover

07 apr 11:12 – (Agenzia Nova) – Per la maggior parte dei britannici, osserva il settimanale “The Economist”, le bianche scogliere di Dover sono un simbolo di indipendenza e sfida, specialmente di fronte a eventuali invasioni dal continente. Eppure offrono anche un eccellente punto di osservazione su una delle grandi storie di successo della piu’ recente integrazione con l’Europa. Il bacino orientale del porto di Dover e’ il centro del commercio tra il Regno Unito e l’Unione Europea: ogni anno vi passano merci per 150 miliardi di dollari; ogni giorno viene gestito un traffico di oltre diecimila camion. Il processo e’ fluido: grazie all’appartenenza all’Ue e all’unione doganale, avviene quasi senza alcun documento. Tra i molti vantaggi di questo flusso “senza attriti” c’e’ anche quello di consentire all’industria manifatturiera di produrre praticamente su ordinazione, riducendo i costi di inventario e stoccaggio. Tutto questo sta per cambiare. Tra due anni potrebbero tornare i controlli alle frontiere. Per vedere come le cose potrebbero funzionare, basta spostarsi nel bacino occidentale, dove attraversano la dogana i camion provenienti da paesi esterni all’Ue, circa 500 al giorno, un processo molto meno fluido: gli autisti devono parcheggiare e compilare moduli, un sistema informatico chiamato Customs Handling of Import and Export Freight (Chief) registra i dati e segnala quali merci devono sottostare a dazi, ma sono comunque necessari controlli. Anche per operatori provenienti da paesi con strette relazioni commerciali le procedure possono durare da venti minuti a un’ora. Operando col solo regime dell’Organizzazione mondiale del commercio (Omc) i tempi potrebbero essere molto piu’ lunghi. Questo e’ uno degli incubi delle imprese britanniche, in particolare quelle che trattano prodotti deperibili. Un altro problema e’ la sostituzione del sistema Chief, che era gia’ prevista per il marzo del 2019: concepito per 60 milioni di dichiarazioni doganali, potrebbe doverne gestire 300 milioni. Il progetto e’ a rischio ma, se anche funzionasse, costringerebbe le aziende a inserire grandi moli di dati rapidamente; queste dovrebbero rivolgersi a professionisti, con un aggravio dei costi. Anche nell’eventualita’ di un buon accordo di libero scambio, dovrebbero essere espletate formalita’ doganali; il numero degli addetti dovrebbe raddoppiare. In caso di Brexit “dura”, l’estate del 2019 potrebbe essere caotica.

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Il mobile italiano approfitta della ripresa in Europa

07 apr 11:12 – (Agenzia Nova) – C’e’ grande ottimismo nei viali del Salone internazionale del mobile che e’ in corso questa settimana a Milano: lo scrive il quotidiano economico francese “Les Echos” . Grazie ad una ripresa che si conferma, il sorriso degli espositori, ancora timido l’anno scorso, oggi e’ sulle labbra di tutti: la produzione nel 2016 e’ aumentata del 2,3 per cento per raggiungere un volume d’affari di oltre 20 miliardi di euro; e gli addetti ai lavori contano sul dinamismo delle esportazioni per ritrovare entro due anni al massimo i livelli precedenti alla crisi del 2008. I paesi dell’Unione Europea costituiscono i mercato privilegiato del mobile “made in Italy”, con oltre la meta’ del fatturato del settore: “Ma se l’Europa e’ ancora il motore della crescita”, confida un espositore al corrispondente da Roma di “Les Echos”, Olivier Tosseri, “ma resta un motore diesel”. Per mettere invece il turbo e soprattutto per compensare la perdita del mercato russo a causa delle sanzioni, l’industria del settore vuole puntare sulla diversificazione degli sbocchi di mercato: “Contiamo sulla Cina, ma anche sul Messico e sul Sudafrica, ma soprattutto sull’Iran”, spiega il nuovo presidente di FederlegnoArredo, Emanuele Orsini; un ottimismo appena temperato dalle incertezze legate alla Brexit ed alla politica protezionista del presidente Usa Donald Trump. Tuttavia, ricorda il reportage del giornale francese, non ci sono solo rose e fiori: “La ripresa si vede solo per le grandi aziende, mentre le piccole soffrono”, dice un operatore all’inviato Tosseri; “Ho l’impressione che si guarda alla bella vetrina del Salone di Milano per meglio nascondere la polvere sotto il tappeto”, aggiunge. E purtroppo il settore e’ molto frammentato, composto all’80 per cento da piccole e medie imprese, se non addirittura da micro-aziende: una concentrazione sara’ inevitabile, secondo Tosseri. L’esempio e’ dato dal marchio Poltrona Frau, specializzato nell’arredamento di lusso, che sta approfittando del sostegno offertogli dal gigante statunitense dell’arredamento di uffici Haworth, che l’ha recentemente assorbito, per espandersi sul mercato internazionale moltiplicando i propri negozi all’estero. “Il Salone di Milano e’ certamente occasione di autocelebrazione per alcuni”, dice Gabriella Lojacono dell’Universita’ Bocconi, citata da “Les Echos”, “ma deve anche poter stimolare l’innovazione di un settore nel quale troppi attori restano legati ad un modo troppo tradizionale di operare”.

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I cantieri di Saint Nazaire passano sotto bandiera italiana

07 apr 11:12 – (Agenzia Nova) – Dopo quattro anni di incertezza e sei mesi di negoziati tesissimi che sono arrivati ad un passo dalla rottura tra il governo francese e quello italiano, sara’ proprio la bandiera dell’Italia a sventolare sugli ex Chantiers de l’Atlantique di Saint-Nazaire: lo scrive il quotidiano “Le Figaro” riferendo che il segretario di Stato francese all’Industria, Christophe Sirugue, ieri giovedi’ 6 aprile ha confermato che e’ stato trovato un “accordo di principio” per la vendita al gruppo italiano Fincantieri che ha presentato “un progetto industriale ambizioso”; e’ rimasta dunque solo una minaccia ventilata la possibilita’ di una nazionalizzazione temporanea dei cantieri navali, indicata da molti in Francia come l’alternativa preferibile. Per il governo di Parigi l’accordo raggiunto soddisfa tutte le esigenze francesi grazie alle garanzie offerte da Fincantieri, che era stato scelto dal tribunale di Seul come unico candidato all’acquisto dei cantieri di Saint Nazaire nel quadro della procedura di liquidazione giudiziaria della fallita casa madre, il gigante sud-coreano Stx. L’accordo raggiunto verte innanzitutto sulla nuova architettura del capitale di Stx France: lo Stato francese manterra’ la sua minoranza di blocco del 33,34 per cento, che sara’ rafforzata dall’ingresso con il 12 per cento della societa’ pubblica Dcns specializzata nelle costruzioni navali militari; Fincantieri acquisira’ il 48 per cento del capitale e sara’ affiancata dalla fondazione bancaria Cr Trieste con circa il 7 per cento delle azioni. Negli scorsi mesi il governo francese ha utilizzato tutto il suo peso per evitare che Fincantieri acquisisse da sola una maggioranza superiore al 50 per cento: Parigi era pronta anche a suscitare i malumori dell’Italia, dove questa esigenza era tanto meno accettata visto che alle imprese francesi negli ultimi anni non e’ stato affatto impedito di fare importanti acquisizioni italiane. Il patto di sindacato concluso sara’ valido per 8 anni e la composizione azionaria sara’ mantenuta per 20 anni. Fincantieri inoltre si e’ impegnata a garantire le attivita’ del sito di Sain Nazaire, gli investimenti, il suo sviluppo ed i livelli occupazionali. Dopo l’annuncio del governo francese, il ministro italiano dell’Economia e delle Finanze, Pier Carlo Padoan, in un comunicato ufficiale si e’ dichiarato “molto soddisfatto” per l’acquisizione, definendola “un grande successo” dell’industria del suo paese; Padoan ha sottolineato come la partecipazione italiana nei cantieri francesi raggiunga comunque il 54 per cento, aggiungendo alla quota di Fincantieri quella acquisita dalla Fondazione Cr Trieste.

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