Nuovo standard

6G, sperimentazione Ue al via per competere con Usa e Cina

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Al via il primo gennaio il programma europeo Hexa-X con l'obiettivo di lanciare le prime reti di sesta generazione nel 2030.

Si chiama Hexa-X il progetto di ricerca dell’Unione Europea sul 6G. Durerà due anni e sarà pilotato da Nokia. Previsto per il 2030, il 6G dovrebbe raggiungere una velocità ed una performance 50 volte superiore al 5G.

L’iniziativa, coordinata da Nokia ed Ericsson per la parte tecnica, raccoglie 25 soggetti fra aziende ed università fra cui dall’Italia il Politecnico di Torino, Tim e l’Università di Pisa e le francesi Orange, Atos, l’istituto di ricerca Bcom e ancora fra gli altri Telefonica e Siemens.

Di fatto, come nota Les Echos, anche gli Usa sono coinvolti nel 6G europeo vista la presenza di Intel. Gli Usa fanno molto affidamento sulle tecnologie di rete europee, dopo l’acquisizione di Lucent da parte di Alcatel nel 2006 e dopo il fallimento della candese Norton nel 2009.

Hexa-X è il primo progetto pilota della Commissione Ue sul 6G, l’obiettivo è fissare una road map comune in primo luogo dal punto di vista tecnico.

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50 volte più veloce del 5G

Hexa-X fa parte di Horizon 2020, il programma quadro di ricerca ed innovazione della Ue (80 miliardi di euro di investimenti in sette anni, tutti progetti cofinanziati). Fa parte di nove progetti europei sul “Post 5G”, frutto di una gara che ha visto in lizza 81 proposte. Il budget sarà di almeno ai 12 milioni di euro.

I campi di applicazione del 6G dovrebbero essere in tutto 6, andranno dall’ambiente all’intelligenza connessa. L’idea di fondo è quella di dotare le reti di una sorta di sesto senso, per anticipare i bisogni e i desiderata degli utenti. Il 6G dovrà rispondere all’esplosione del traffico di rete e del numero di oggetti connessi, con una performance adeguata dal punto di vista dei consumi energetici, di sicurezza, di copertura e manutenzione.

Europa terzo player globale con Cina e Usa

La Ue lancia il progetto Hexa-X anche se in realtà ancora non esiste un business model chiaro per il 5G. Ma non si tratta certo di un azzardo, quanto di una presa di posizione forte da parte di Bruxelles, che vuole dire la sua nella corsa globale alle nuove tecnologie senza collocarsi in posizione subalterna rispetto al conflitto per la primazia tecnologica in atto fra Usa e Cina.

E’ pur vero che Cina e Usa sono in vantaggio per quanto riguarda lo sviluppo del 5G, ma ciò non toglie che l’Europa voglia e possa giocare un ruolo da protagonista nel 6G. C’è da dire su questo fronte che Pechino ha già lanciato nello spazio un satellite da 70 chili a novembre per sperimentare le bande di frequenza terahrtz (THz) necessarie per il 6G. E’ stata una prima mondiale.

Nel 2019 era stato il regolatore Usa, la FCC (Federal Communication Commission) ad aprire questa banda di spettro per le prime sperimentazioni sul 6G.

Frequenze in banda terahertz

Le frequenze in banda terahertz sono al centro del 6G, che vanno dai 110 GHz in su, sono le più alte e le più ampie dello spettro radio. E’ per questo che offrono maggiore copertura di banda. Tanto che potrebbero raggiungere una velocità di 1.000 Gigabits al secondo, 50 volte in più del 5G, secondo stime di Samsung. La latenza sarebbe poi ridotta di dieci volte, per raggiungere 0,1 millisecondi. Il che potrebbe certamente essere utilissimo per le attività critiche come la telemedicina o l’uso dell’auto senza conducente.

Certo, ci vorrà ancora del tempo prima che il nuovissimo standard possa decollare. Tanto più che l’ITU, l’agenzia dell’Onu che si occupa delle policy globali dello spettro radio, non ha ancora definito le frequenze standard per il 6G.

C’è da dire che anche Huawei sta lavorando sul 6G. Il gruppo cinese ha avviato una cattedra di ricerca in 6G a Sophia Antipolis, nelle Alpi Marittime, con la scuola di ingegneria Eurecom. “Gli Stati Uniti ripongono le loro speranze nel 6G. Ma quando si tratta di ricerca sul 6G, Huawei guida il mondo “, ha detto il fondatore di Huawei Ren Zhengfei in un’intervista al New York Times nel 2019.