I progetti

6G e teraeconomy, l’Ue investe 250 milioni di euro in progetti di ricerca e innovazione

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Grazie al programma europeo Joint Undertaking on Smart Networks and Services sono stati selezionati altri 35 progetti di ricerca e innovazione per lo sviluppo delle reti e dei servizi 6G per l’automazione industriale, l’IoT avanzata, l’efficienza energetica, la guida autonoma, l’IA, le smart city. In gioco gli equilibri futuri geoeconomici.

Nuovi investimenti europei in ricerca e innovazione 6G

L’Europa ha la necessità di implementare gli ecosistemi 5G e il programma di ricerca sulla prossima rete 6G. gli scenari futuri che stiamo oggi disegnando impongono nuovi livelli di competizione tra mercati e sfere di influenza geoeconomiche, questo tipo di tecnologie possono fare la differenza in termini di crescita e di capacità di misurarsi con le nuove sfide imposte dall’attuale crisi globale, di natura economica, politica, energetica, ambientale e climatica.

Il programma Joint Undertaking on Smart Networks and Services towards 6G (SNS JU), istituito dalla Commissione europea, mira a garantire all’Unione europea la leadership industriale proprio nei settori strategici 5G e 6G. In questi giorni sono stati annunciati nuovi 35 progetti di ricerca, innovazione e sperimentazione nelle reti di nuova generazione per una dotazione complessiva di 250 milion di euro.

In questo caso, l’obiettivo generale è costruire una catena di approvvigionamento europea di prim’ordine per sistemi 5G avanzati e costruire capacità tecnologiche 6G europee.

I progetti in questione dovranno sviluppare componenti, sistemi e reti di comunicazione intelligenti per il 6G, seguendo sia un percorso evolutivo attraverso ulteriori miglioramenti della tecnologia avanzata 5G, sia un percorso più innovativo, studiando i vantaggi di avanzati abilitatori tecnologici.

Ulteriore finalità dell’iniziativa è portare avanti i test e le sperimentazioni di reti e infrastrutture intelligenti di nuova generazione su larga scala in diversi settori chiave dell’industria continentale, come l’Internet of Things (IoT) industriale, nei media, nell’energia, nell’automotive, nella sanità, nell’elettronica, nell’edilizia, nell’istruzione, nel mondo della cultura.

Tecnologie quantistiche

Il 6G, nonostante sia una tecnologia ancora in fase progettuale e di sperimentazione, è già considerata fondamentale per sfruttare il potenziale di altre tecnologie oggi a nostra disposizione, come l’elettronica di consumo (forse ancora gli smartphone, ma soprattutto le tecnologie indossabili), l’intelligenza artificiale, il machine learning, l’edge computing o i computer quantistici.

Negli stessi giorni, l’impresa comune per il calcolo ad alte prestazioni europeo (EuroHPC) ha annunciato la selezione di 6 siti che ospiteranno i primi computer quantistici europei: saranno situati in Cechia, Germania, Spagna, Francia, Italia e Polonia. I computer quantistici verranno integrati in loco nei supercomputer esistenti e formeranno così un’ampia rete che si estenderà su tutta l’Europa.

L’investimento totale previsto ammonta a oltre 100 milioni di euro. I nuovi computer quantistici risponderanno inoltre alla crescente domanda di risorse per il calcolo quantistico e di potenziali nuovi servizi da parte dell’industria e del mondo accademico europei. Nel giro di poche ore saranno in grado di risolvere problemi complessi relativi a settori quali la salute, il cambiamento climatico, la logistica o il consumo di energia, rispetto ai mesi e agli anni richiesti dai sistemi attuali, e lo faranno consumando molta meno energia.

La teraeconomy

Nella raccolta ed elaborazione dati, il 6G potrebbe raggiungere la velocità di 1 terabyte al secondo, inaugurando il passaggio dalla gigabyte alla terabyte economy. Certo manca ancora molto tempo, prima di vedere qualche applicazione di questo tipo, ma già dal 2025 dovrebbero partire i primi confronti sulla standardizzazione regolati dal 3GPP (da cui deriveranno i brevetti, strumenti centrali nelle strategie industriali geoeconomiche), mentre per i lanci commerciali si parla del 2029/2030.

Lo scorso mese, LG, in collaborazione con il Fraunhofer Heinrich Hertz Institute e il Fraunhofer Institute for Applied Solid State Physics, è riuscita a trasmettere dati nella banda compresa tra i 155 e 175 GHz fino ad una distanza di 320 metri all’aperto, battendo il suo precedente record di 100 metri. Si tratta di un passo importante verso test del 6G in ambienti reali, visto che l’obiettivo dichiarato dello standard è poter sfruttare celle in grado di coprire, ognuna, un raggio di 250 metri per offrire velocità di connessione in teoria di 1000 giga al secondo, 1 terabyte.

L’Europa dovrà correre sul 6G (non come ha fatto con il 5G)

Secondo una ricerca Nikkei – Cyber Creative Institute, oggi il 40% circa dei brevetti per le tecnologie abilitanti il 6G (come appunto l’IA e le tecnologie quantistiche) è sotto il controllo di soggetti cinesi, seguono gli Stati Uniti con il 35%, il Giappone con il 9,9%, l’Europa con l’8,9%.

Le applicazioni potrebbero essere numerose e non ancora tutte annunciate, come la chirurgia da remoto in 3D, la comunicazione olografica (quindi anche nel metaverso) e satellitare, dispositivi edge, veicoli autonomi, trasmettere contenuti live in 8K, una completa automazione industriale (l’industry 4.0), le smart city e un’ampia gamma di nuovi servizi.

Il 6G sembra un ambito di ricerca e di applicazione molto lontano, ma in realtà è proprio oggi che si giocano gli equilibri futuri di mercato e la leadership nei segmenti tecnologici che contano di più. La speranza è che l’Europa non si comporti come con il 5G e non accumuli gli stessi ritardi.

Attualmente, secondo dati Gsma, in Europa le reti 5G rappresentano non più del 35% delle infrastrutture di comunicazione utilizzate, contro il contro il 53% di Australia, Giappone, Singapore e Corea del Sud, il 51% del Nord America e il 48% della Cina, di Hong Kong, Macao e Taiwan.