Il caso

5G, Tim esclude Huawei dalla rete core. Ma chi ha deciso Tim o il Governo?

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Fa discutere l’esclusione dalla gara per la rete core 5G di Tim di Huawei, che peraltro è presente in altre parti del network di Tim, come quello di accesso e di trasmissione. Soltanto un polverone?

Tim non ha invitato il gruppo cinese Huawei a partecipare alla gara lanciata nei giorni scorsi per la costruzione della propria rete core 5G in Italia e in Brasile. Lo scrive la Reuters, ripresa da tutti i giornali. Intanto, sciogliamo un primo nodo: è stata una decisone autonoma di Tim e non figlia dell’esercizio del golden power esercitato dal Governo italiano all’ultimo consiglio dei ministri di lunedì scorso, nei confronti di tecnologie di Huawei per Tim e Wind Tre. In sintesi, ha deciso Tim e non si tratta di questione non certo secondaria, anche perché la motivazione addotta dall’azienda per giustificare l’esclusione, ovvero la volontà di “diversificare i fornitori”, non sta molto in piedi. Se vuoi diversificare i fornitori non li tagli, ma semmai li aggiungi.

E’ pur vero che Huawei è presente sulle reti Tim come fornitore in particolare sulla rete di accesso e su quella di trasmissione, quindi non c’è un veto di Tim nei confronti di Huawei.

Il pressing degli Usa

E’ vero anche, però, che gli Stati Uniti da tempo chiedono a governi e aziende di paesi alleati di escludere il gigante delle telecomunicazioni asiatico dai loro mercati nel timore che possa usare la sua tecnologia a scopo di spionaggio. Huawei ha sempre respinto ogni accusa e non c’è alcuna prova in tal senso.

Le aziende invitate alla gara di Tim per la gara sulla rete core 5G sono state Ericsson, Nokia, Cisco, Mavenir e Affirmed Networks, recentemente acquisita da Microsoft. La cosiddetta rete core è quella dove transitano le informazioni più sensibili. Restano però tutte le altre parti della rete, ad esempio la rete RAN e l’Edge, ai bordi della rete, che comunque contengono in sé gran parte dell’intelligenza.

Anche Vodafone Italia ha già escluso Huawei dalla sua rete core 5G.

Stando a quanto trapelato, la scelta di Tim non ha però alcun connotato di natura politica, riflettendo invece una strategia industriale atta a diversificare i partner (motivazione, come già detto, che sembra un po’ debole).

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Timing

Anche il timing con cui arriva la notizia dell’esclusione di Huawei dalla rete core 5G di Tim fa pensare, visto che arriva nello stesso giorno in cui Google ha annunciato un investimento di 900 milioni in 5 anni nel digitale in Italia anche tramite Tim.

Non c’è alcun nesso fra le due cose?

Tim si schiera dalla parte degli Usa?

E’ un caso?

Semmai è un caso alquanto curioso.  

E proprio in questi giorni ferve in Europa il dibattito sull’atteggiamento da assumere nei confronti di Huawei, Zte e degli altri fornitori di apparecchiature 5G extra Ue. Il Regno Unito medita il bando, la Francia pensa a mettere dei paletti. E l’Italia che farà?

Ma una rete italiana quanto costerebbe?

A questo punto, sarebbe interessante sapere se qualcuno ha mai calcolato quanto costerebbe al nostro paese quanta parte degli apparati dovrebbe essere di produzione italiana per garantire la sopravvivenza dei servizi essenziali sulle reti in caso di blocco di rifornimenti internazionali.

Se si verificasse un caso “mascherine” sugli apparati di rete, quanto potremmo resistere? La politica del nostro paese in tema di reti di telecomunicazioni, e in particolare di nuove reti 5G, si dovrebbe basare su questa consapevolezza. Ovviamente, per garantire il funzionamento della rete in Italia, la fibra non basta. Servono diverse componenti tecnologiche fra cui server, chip, trasmettitori ecc.

Quanto potrebbe durare l’Italia in caso di blocco di approvigionamenti tecnologici dall’estero?

Non sono scenari apocalittici

Non si tratta di scenari apocalittici, potrebbe bastare una guerra fredda (come quella in atto fra Usa e Cina), o una pandemia (come quella ancora in atto) o un qualsiasi problema internazionale.

Escludere tout court Huawei e i fornitori cinesi dal 5G rischia di restringere quindi il campo di gioco, costringendo l’Italia ad affidarsi esclusivamente a fornitori europei come Ericsson e Nokia, o americani, come Cisco.

I tedeschi stanno cominciando a pensare ad una alternativa europea allo strapotere dei fornitori extra Ue, per garantire una sorta di sovranismo digitale sulle nostre reti europee. Non sono pochi coloro che pensano che forse sarebbe meglio un 5G più lento e costoso ma europeo, magari con una buona componente italiana.

Vedremo.

Golden power a posteriori?

C’è poi una domanda cui sarebbe interessante avere una risposta. Riguarda l’esercizio del golden power da parte del Governo. Poniamo il caso che una delle imprese europee che forniscono apparecchiature di rete, Nokia o Ericsson, venga rilevata da un’azienda americana, ad esempio Cisco. Rumors in questo senso si susseguono da qualche tempo, visto che gli Usa hanno messo gli occhi sul 5G europeo.

Ebbene, cosa succederebbe?

Bisognerebbe smantellare le future reti 5G in base alla nazionalità del proprietario, se nel tempo il controllore diventasse un soggetto extra Ue?