Spettro radio

5G, servono almeno 100 Mhz di spettro a carrier. Anche gli OTT all’asta sui 3.4-3.8 Ghz?

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L’ITU fissa i requisiti minimi per il 5G mentre in Italia spunta l’ipotesi di un’asta anticipata sui 3.4-3.8 Ghz, anche se non c’è un benchmark europeo per questa banda.

Capacità totale in download di almeno 20 Gbps per ogni singola cella 5G. Questo uno dei requisiti minimi (Minimum requirements related to technical performance for IMT-2020 radio interface(s)) fissati dall’Itu (International Telecommunication Union), l’agenzia Onu che stabilisce le politiche internazionali sullo spettro radio, da poco pubblicati per definire le caratteristiche tecniche del 5G. Per fare un confronto, basti pensare che il picco di data rate delle celle Lte oggi in funzione è di circa 1 Gbps.

Il prossimo standard 5G dovrà inoltre essere in grado di supportare fino a un milione di device connessi per chilometro quadrato, mentre ai carrier sarà richiesto di avere almeno 100 Mhz di spettro libero sotto i 6 Ghz, per arrivare addirittura a 1 Ghz di spettro disponibile se possibile.

 

Frequenze, anche gli OTT all’asta per i 3.4-3.8 Ghz?

Una richiesta di disponibilità minima di spettro molto elevata, considerato che all’asta per i 700 Mhz che verrà organizzata in Italia (non si sa ancora quando, visto che i broadcaster resteranno sulla banda 700 almeno fino al 2022 e gli operatori non hanno alcuna fretta di anticipare i tempi) sono disponibili 96 Mhz da mettere a gara, da suddividere fra i diversi partecipanti.

Ed è per questo che l’asta sui 3.4-3.8 Ghz (Banda C) è quanto mai necessaria. Una gara, quella per la Banda C, che a quanto pare nel nostro paese si terrà comunque prima di quella per i 700 Mhz. Mise e Agcom stanno lavorando a nuovi criteri per l’assegnazione dei 3.4-3.8 Ghz (Banda C), da fissare entro l’anno, e con ogni probabilità sarà necessaria una nuova delibera dell’Autorità che superi i criteri fissati in precedenza per le frequenze 3.6-3.8 Ghz.

E’ poi presumibile che l’asta per i 3.4-3.8 Ghz metta a gara una porzione di spettro di 400 Mhz, il doppio rispetto ai 200 Mhz previsti in precedenza sui 3.6-3.8 Ghz per aree metropolitane e rurali.

Di certo il tempo per organizzare l’asta frequenze stringe, oggi su Repubblica si avanza l’ipotesi che la gara per i 3.4-3.8 Ghz (Banda C) venga anticipata al 2017 per mettere a disposizione del Tesoro un gettito, una tantum, che ammonterebbe a 2,5 miliardi di euro, risorse fresche per mettere a posto i conti, da presentare a Bruxelles già dall’inizio del 2018.

Resta da capire su che base si parli di introiti di questo genere per delle frequenze che, diversamente dai 700 Mhz, per le quali non c’è un benchmark economico su cui basarsi per prevedere gli incassi.

Ed è anche per questo motivo che anticipare l’asta dei 700 Mhz (la più pregiata in ottica 5G) e accorparla in un’unica tornata con quella per i 3.4-3.8 Ghz potrebbe essere una soluzione da perseguire, per anticipare le tappe del 5G e garantire incassi certi.

Ampliare la base di partecipanti

Per ampliare la base di partecipanti all’asta 3.4-3.8 Ghz, e visto l’interesse crescente per il 5G da parte di player di diversi settori, non è escluso poi che possano decidere di partecipare anche gli OTT (Google ad esempio, che negli Usa agisce anche come operatore Tlc). Gli OTT hanno dalla loro le risorse necessarie per acquistare le frequenze. Altri player interessati potrebbero arrivare ad esempio del settore energetico (Open Fiber?), il che diluirebbe gli investimenti che altrimenti graverebbero soltanto sulle casse delle telco. Di certo, volenti o nolenti, parteciperanno alla gara i grandi player Tlc (TIM, Vodafone, Wind-Tre) mentre per i piccoli è tutto da vedere e dipenderà dai criteri di gara.

Non saranno contenti, invece, gli operatori WiMax che attualmente occupano la banda 3.4-3.8 Ghz come ad esempio Tiscali, che peraltro sta realizzando forti investimenti per convertire gli impianti in tecnologia WTTX LTE 3.5 GHz TDD 4.5G, o come la chiama Tiscali, 4G+, e che (come i broadcaster televisivi sui 700 Mhz) dispone di queste frequenze fino al 2022. Anche per gli operatori WiMax sarà necessario trovare una ricollocazione.

5G data rate

Tornando ai requisiti fissati dall’Itu per il 5G, c’è da dire che il documento pubblicato a fine febbraio è una bozza ma sarà approvato e finalizzato a novembre di quest’anno, dopodiché si entrerà nella fase operativa di realizzazione del 5G.

Di seguito i punti salienti del report Itu sui requisiti minimi per il 5G:

Le specifiche dell’Itu richiedono una capacità minima in downlink di 20 Gbps e di 10 Gbps in uplink per singola stazione base. Questa è la quantità massima di traffico che potrà essere gestita da ogni singola cella. In teoria, gli utenti Fixed wireless broadband potranno ottenere velocità simili con il 5G, se potranno disporre di connessione point-to-point dedicata. In realtà, questi 20 gigabits saranno suddivisi fra tutti gli utenti agganciati alla cella.

ITU-IMT2020 (1)

5G densità di connessione

Parando di utenti, il 5G dovrà essere in grado di sostenere almeno un milione di oggetti connessi per chilometro quadrato. Un numero che sembra enorme, e nei fatti è così, ma che sarà realistico nel nuovo scenario dell’Internet of Things, un po’ meno nei centri urbani iper densamente abitati.  Di certo quando ogni singolo lampione, semaforo, parcheggio e automobile saranno connessi in 5G allora si raggiungerà questo tipo di densità di connessione. E in futuro probabilmente ci si arriverà.

5G mobility

Come già per l’Lte e l’Lte-Advanced, le specifiche tecniche del 5G richiedono stazioni base in grado di garantire l’accesso a oggetti in movimento, da oggetti fermi (0 Km/h) a veicoli a tutta velocità fino a 500 km/h (ad esempio i supertreni che viaggiano già in Giappone a queste super velocità).  Le specifiche Itu parlano anche un po’ di come le celle dovranno essere organizzate a seconda della location: ad esempio, nei centri urbani densamente abitati il problema della super velocità veicolare non c’è, mentre nelle zone rurali, ad esempio in aperta campagna, è necessario garantire l’accesso oltreché dei pedoni, anche degli veicoli e dei supertreni.

5G efficienza energetica

 

Le specifiche tecniche dell’Itu richiedono standard di efficienza energetica sia in fase di carico delle interfacce radio, sia in quelle di scarico con tempi di latenza di 10 ms (millisecondi) per passare dallo stato di velocità massima a quello di efficienza della batteria.

5G latenza

 

In circostanze ideali, le reti 5G dovrebbero fornire agli utenti una latenza massima di appena 4 ms, rispetto ai 20 ms delle celle Lte. L’Itu richiede inoltre una latenza extra rapida di appena 1 ms per le ultra-reliable low latency communications (URLLC).

 

5G efficienza spettrale

L’efficienza spettrale del 5G – quanti bit potranno essere trasportati in aria per singolo hertz di spettro – è molto vicina a quella dell’Lte-Advanced, a 30 bits/Hz in downlink e 15 bits/Hz in uplink.

5G data rate nel mondo reale

 

Infine, nonostante la capacità di picco di ogni singola cella 5G, in relazione all’utente finale le specifiche Itu prevedono una velocità di download di 100 Mbps per singolo utente e di 50 Mbps in uplink. Una velocità molto simile a quella raggiunta sui network 4G Advanced nelle condizioni migliori.

Il report dell’Itu chiede inoltre massima affidabilità di trasporto dati (i pacchetti dati dovrebbero arrivare alla stazione base quasi sempre entro 1 ms) e nessuna interruzione nel trasporto fra diverse celle 5G.

Il prossimo step è rendere concreto quanto stabilito sulla carta dall’Itu trasformando la teoria in vera tecnologia.

Come saranno raggiunti i 20 Gbps?

Quali frequenze saranno usate per il 5G?

Sarà difficile per i carrier reperire 100 Mhz di spettro libero sotto la banda 2.5 Ghz, più semplice sulle alte frequenze sopra i 6 Ghz.

I requisiti di densità di connessione richiederanno dei compromessi su altre porzioni di spettro?

Lo vedremo nei prossimi due anni, quando le telco e i produttori di microchip cominceranno a realizzare le prime soluzioni tecnologiche 5G.