Frequenze

5G, chi parteciperà all’asta? Iliad, Open Fiber e Fastweb alla finestra

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I potenziali nuovi entranti non sciolgono la riserva, in attesa di conoscere la configurazione dei lotti e delle misure pro-concorrenza da parte dell’Agcom.

Scade il 30 aprile il termine ultimo entro il quale l’Agcom dovrà definire le procedure di gara per l’assegnazione dei diritti d’uso delle frequenze 5G. Si tratta di 60 Mhz in banda 700 Mhz; 200 Mhz in banda 3.6-3.8 Ghz e 1 Ghz in banda 26.5-27.5 Ghz. Col passare del tempo cresce la suspence, per capire chi si presenterà ai nastri di partenza. I nuovi entranti stanno aspettando di vedere cosa deciderà l’Agcom per sciogliere la riserva.

La gara

 La Legge di Bilancio 2018 approvata in Parlamento prevede di assegnare agli operatori Tlc, mediante asta competitiva, 60 Mhz in banda 700Mhz (libere dal 2022) ma anche 200 MHz nella banda 3.6-3.8 GHz (la banda 3.4-3.6 non è ora utilizzabile in quanto 74MHz sono nella disponibilità della Difesa e i rimanenti 124 MHz sono destinati fino al 2023 – con probabile proroga al 2029 – al servizio wireless fisso) e 1 GHz compreso tra i 26.5 e i 27.5 GHz.

Chi parteciperà all’asta?

Come saranno organizzati i lotti a gara?

Lotti piccoli per favorire l’ingresso di nuovi entranti?

Ci sarà un lotto riservato ai nuovi entranti su ognuna delle bande a gara?

Quale sarà l’orientamento del Mise per fissare la base d’asta?

Sarà una gara che si chiuderà su base d’asta o ci saranno diversi rilanci fra i contendenti?

Incognita Iliad, Fastweb e Open Fiber

Data per scontata la presenza all’asta frequenze 5G delle telco tradizionali (Tim, Vodafone e Wind Tre) resta da capire se anche i nuovi entranti – in primis Iliad, OpenFiber e Fastweb – (senza escludere a priori gli OTT) parteciperanno o meno alla gara.

Iliad parte in svantaggio?

Ad una prima analisi sui possibili nuovi entranti, Iliad sembra l’operatore che si trova nella situazione più complicata.

Iliad ha dichiarato un miliardo di fondi da investire in Italia nei prossimi 10 anni, al momento l’operatore low cost non è ancora partito con la sua offerta commerciale in Italia.

Rispetto alla concorrenza, il quarto operatore transalpino ha quello che a prima vista sembra un handicap, vale a dire la mancanza di una rete fissa in fibra ottica nel nostro paese. Di fatto, Iliad in qualità di operatore mobile in Italia, si muoverà come un Mvno potendo contare sulle frequenze in sharing ottenute da Wind Tre come rimedi della fusione.

Detto questo, Iliad dovrebbe partecipare alla gara perché senza frequenze basse non si può fare un’adeguata concorrenza nell’arena del mobile. Poi, potrà anche non aggiudicarsi uno o più lotti, ma escludere a priori la sua partecipazione all’asta sembra azzardato.

Negli ultimi tempi è emersa inoltre la possibilità di un accordo con Inwit, la società delle torri di Tim, che potrebbe cedere capacità all’ingrosso alla società di Javier Neil.

Per il 5G serve la fibra

Per realizzare una rete 5G serve la fibra ottica per collegare fra loro i ripetitori 5G. In mancanza strutturale di fibra di proprietà, Iliad dovrebbe affrontare prezzi “stellari” per realizzare una sua rete 5G, oppure potrebbe integrarsi con un operatore di rete fissa. Ma per ora di questo non si è mai parlato concretamente, a parte l’apertura nei confronti di Open Fiber. Realizzare la nuova infrastruttura costa caro, soprattutto senza le location dei siti per le antenne. In città, come detto, per il 5G non basteranno più pochi grandi stazioni base (come per il 3G e il 4G), ma sarà necessario il roll out di centinaia di antenne.

La necessità di fibra per il 5G è un requisito importante, ma in relazione alle frequenze a 700 MHz, non ci saranno microcelle ma celle di dimensioni pari o superiori a quelle a 800 e 900 MHz. Anche in banda C (3.6-3.8 Ghz) non è detto che si faranno solo microcelle e questo aspetto potrebbe pesare non poco in fase di gara.

Fastweb punta sulla convergenza

Fastweb da tempo dichiara di voler diventare un operatore mobile convergente al 100%. Ci aveva già provato con le frequenze in esubero della fusione fra Wind e Tre. Per fare il salto di qualità da Mvno a operatore mobile convergente, la società controllata da Swisscom ha bisogno di frequenze di proprietà, che in ottica 5G si sposerebbero bene con la rete in fibra dell’azienda. Con notevoli risparmi in termini di costi per il roll-out, che restano comunque elevati per il 5G. Di certo Fastweb potrebbe ottimizzare i cabinet di cui già dispone sul territorio per ospitare gli apparati 5G e collegare così la fibra alle antenne senza costi eccessivi per l’affitto dei siti.

Un altro argomento all’arco di Fastweb è la volontà di entrare nel mobile puntando al 100% sul 5G, non avendo altre reti wireless (2G, 3G o 4G) di proprietà. Una condizione diametralmente opposta a quella delle telco dominanti (Tim, Vodafone e Wind Tre) che di fatto sono concentrate sul 4G e non hanno troppa fretta di voltare pagina anche per l’ingente mole di investimenti necessaria per il 5G.

Open Fiber, modello wholesale anche nel mobile?

Open Fiber, come Fastweb, potrebbe essere, in teoria, assai motivata a partecipare alla gara 5G. Dotandosi di nuove frequenze wireless, la società controllata da Enel e Cdp potrebbe anche decidere di entrare nell’arena del mobile, realizzando una rete wireless accanto a quella in fibra, proponendosi così come operatore wholesale anche nel mercato del mobile.

Come nel caso di Fastweb, anche per Open Fiber in teoria l’interesse potenziale per le frequenze 5G sembrerebbe più pressante di quello degli operatori dominanti (Tim, Vodafone e Wind Tre). In questo senso, va detto che i 60 Mhz in banda 700 Mhz (quelli sulla carta più pregiati) non saranno disponibili prima del 2022. I 200 Mhz in bada 3.6-3.8 Ghz e il Gigahertz in banda 26.5-27.5 Ghz saranno invece disponibili da subito e anche questo aspetto potrebbe avere un suo peso in fase di gara.

Vedremo.