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5G. Ovum: ecco come le telco potranno vincere la sfida dell’IoT

L’Internet delle Cose è uno dei pilastri attorno a cui ruota l’evoluzione del 5G. La tecnologia mobile di prossima generazione dovrebbe essere pronta per la fase commerciale entro il 2020 e gli operatori si stanno preparando a svolgere l’importante ruolo di ‘abilitatori’ di una connettività che non sarà esclusiva delle persone, ma coinvolgerà device e sensori. Tutto, dalle auto agli elettrodomestici, sarà infatti connesso alla rete: si calcola che già entro il 2020 gli oggetti connessi saranno circa 50 miliardi in tutto il mondo.

Agli operatori, l’onere di sviluppare nuove soluzioni di connessione che abilitino l’interazione di oggetti ed applicazioni attraverso internet. E la sfida non è delle più semplici, perché implica, oltre al know how tradizionale, anche un’expertise nei mercati verticali, essenziale per diventare abilitatori credibili.

Tanto più che la concorrenza è agguerrita e sul mercato dell’Internet delle Cose si moltiplicano alleanze e nuovi player pronti a sfruttare le reti a bassa potenza ed ampio raggio, note sotto l’acronimo LPWA (SigFox, LoRa, Neul), flessibili, a basso consumo e basso costo e compatibili con le attuali tecnologie smartphone come Bluetooth e LTE. Queste reti, secondo uno studio Machina Research rappresenteranno il 14% delle connessioni M2M nel 2014.

Nel frattempo, i comitati per la standardizzazione si stanno preparando per estendere in diverse declinazioni le precedenti tecnologie sia a banda larga (vanilla LTE) che a banda stretta (NB-IoT) con standard definiti in base alla complessità, al costo, alla compatibilià.

Gli operatori e i vendor si stanno attrezzando con diverse tecnologie abilitanti per l’IoT sulle reti mobili ma, come spiega l’analista Ovum Dimitris Mavrakis, “la tecnologia in sé non è una panacea”: per uscire dal guscio di semplici fornitori di accesso servono sforzi e investimenti notevoli e “nelle aree in cui gli operatori scelgono di non investire e si accontentano di fornire solo la connettività devono stringere accordi con systems integrators specializzati”, come l’italiana Italtel.

Serve, insomma, un fronte unito per far fronte alla concorrenza di provider come SigFox e LoRa che hanno già dispiegato reti multinazionali e connettono già migliaia di oggetti alla rete. Le reti cellulari, certo, hanno dalla loro parte il vantaggio delle specifiche standard, ma solo con un approccio comune si potranno ottenere le economie di scala necessarie a vincere la competizione.

Le telco, conclude l’analista Ovum, “dovranno diventare più agili, acquisire competenze in più mercati verticali e, naturalmente, imparare a competere con sfidanti più piccoli ma già consolidati”.

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