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5G, Merkel a Trump: ‘Non riceviamo ordini. Definiamo da soli i nostri standard’

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Angela Merkel rimanda al mittente il tentativo di ingerenza degli Usa nel bannare Huawei dalla realizzazione delle reti 5G anche in Germania: 'Per il governo federale la sicurezza digitale è un bene prezioso e definiamo da soli i nostri standard’.

Una lezione di sovranità nazionale di Angela Merkel. La cancelliera tedesca è la prima leader politica dell’Ue a rimandare al mittente (agli Usa) il tentativo di ingerenza sulla definizione delle regole per la realizzazione delle reti 5G.

“Per il governo federale la sicurezza digitale è un bene prezioso e definiamo da soli i nostri standard”, ha puntualizzato Merkel nel commentare la lettera inviata, la scorsa settimana, dall’ambasciatore americano in Germania, Richard Grenell al governo tedesco, e più precisamente al Ministro dell’Economia,in cui si minaccia “di limitare l’accesso della Germania ai servizi segreti degli Stati Uniti qualora Berlino decidesse di sottoscrivere contratti con Huawei”.

Le parole di Angela Merkel, che seguono la decisione già presa il 7 marzo scorso da Berlino di non bannare nessuna Tlc per il 5G, sono una dura risposta a Donald Trump e alla campagna, iniziata un anno fa, dei funzionari americani volta a convincere gli alleati a tenere fuori Huawei dalla realizzazione delle reti 5G, nella convinzione che il colosso di Shenzhen agisca come agente di spionaggio della Cina. “Naturalmente ne parleremo con i nostri partner in Europa e negli Stati Uniti. Questo è scontato”, ha aggiunto la cancelliera tedesca. La Germania sta procedendo, con scadenze probabilmente nelle prossime settimane, con aste che mettono in palio lo spettro di frequenze da assegnare ai carrier per la rete 5G. E le autorità di regolamentazione tedesche hanno emesso nuovi e più severi requisiti di sicurezza per chiunque prenda parte al progetto.

Cosa c’è dietro la campagna Usa contro le Tlc cinesi?

Questa è la migliore risposta per garantire la sicurezza delle infrastrutture critiche nazionali, comprese la futura rete mobile 5G, e non obbedire all’ordine degli Usa, che in questa campagna contro le Tlc cinesi ha dei conflitti di interesse. Infatti, nella lettera inviata al governo tedesco gli americani forniscono addirittura le alternative alle tecnologie Huawei per il 5G: tra le aziende menzionate ci sono Ericsson, Nokia e Samsung e non è citata la statunitense Cisco Systems, che a sua volta avrebbe il know how.

In più la mossa di Trump contro le Tlc cinesi è una sfida geopolitica volta a impedire alla Cina, suo principale competitor nella tech war, di svolgere un ruolo determinante nello sviluppo tecnologico in Europa. Ma c’è un paradosso, che fa notare il Ceo di Huawei, Richard Yu, in un’intervista a Die Welt: “Negli Stati Uniti non possiamo vendere i nostri smartphone ma lavoriamo con molte aziende tra cui Google, Qualcomm e Microsoft. L’economia statunitense trae beneficio da noi. Nessuno può fare tutto da solo in questo settore. Tutti devono lavorare con altre aziende”.

Dunque, gli Usa vogliono un rapporto esclusivo con l’Europa e non sono disposti a cedere di un millimetro. Ma è proprio quando il gioco si fa duro che il sovranista dovrebbe cominciare a giocare nell’interesse del proprio Paese, come insegna Angela Merkel.

E il Governo italiano come si sta muovendo sul dossier Tlc cinesi?

Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, ieri sentito al Copasir vista la delega all’intelligence, ha ricordato che al Ministero dello Sviluppo economico è partita il 19 febbraio una struttura strategica. È il Cvcn: centro di valutazione e certificazione nazionale per la verifica delle condizioni di sicurezza e dell’assenza di vulnerabilità di prodotti, apparati e sistemi destinati ad essere utilizzati per il funzionamento di reti, servizi e infrastrutture critiche. Se i prodotti cinesi, come di qualunque altro Paese, sono valutati e certificati, il problema non sussiste.

Conte, infine, si è impegnato con il Copasir a rafforzare gli attuali strumenti di controllo del comitato che vigila sulla sicurezza dei dati.

Conte: “Con la Cina nessun rischio colonizzazione”

“Nessun rischio di colonizzazione”, così Conte oggi, nell’intervista rilasciata al Corriere della Sera, getta acqua sul fuoco sul protocollo d’intesa che Italia e Cina firmeranno il 22 marzo prossimo a Roma in occasione della visita del presidente cinese Xi Jinping.
Le ragioni della prudenza sono pienamente condivise all’interno del governo: la tutela della sicurezza nazionale, anche sul piano economico, è un valore fondamentale che intendiamo rafforzare”, ha aggiunto il Premier. “Con Pechino dobbiamo riequilibrare la bilancia commerciale, attraverso un maggior accesso al mercato cinese per i nostri beni, dall’agroalimentare al lusso, e per i nostri servizi, e qui mi riferisco all’eliminazione delle barriere al mercato degli appalti in Cina. Tra i partner Ue siamo solo il quarto esportatore verso la Cina, a grande distanza soprattutto dalla Germania”. “Riponiamo massima attenzione”, ha concluso il presidente del Consiglio dei ministri, “alla difesa dei nostri interessi nazionali, alla protezione delle infrastrutture strategiche, incluse quelle delle telecomunicazioni, e ad evitare investimenti predatori e trasferimenti di know how e tecnologie di punta”.