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5G, crisi di Governo anche sul decreto Golden Power (Affossato. Un assist a Huawei)

Non solo sulla Tav, ma la crisi di Governo, tra M5S e Lega, è anche sul decreto Golden Power, che estende i poteri speciali di Palazzo Chigi anche sulle reti 5G.

Dopo aver varato il decreto-legge (una norma con carettere di necessità e urgenza) in Consiglio dei ministri, su proposta del premier Giuseppe Conte, il Movimento 5 Stelle ha cambiato idea e ha deciso di “non insistere” per la conversione in legge, ha dichiarato Vincenzo Santangelo, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, raccogliendo così le lamentele di Huawei, secondo la quale “è una norma discriminatoria perché si applica solo alle società extra europee”. Il decreto è in vigore dal 12 luglio e andrebbe convertito in legge entro il 9 settembre. Ma non c’è più tempo, perché l’Aula di Montecitorio si riunirà il 9 settembre e quella del Senato il giorno dopo.
In questi giorni l’unico a far notare la paradossale vicenda in Parlamento è stato Adolfo Urso, senatore di FdI e vicepresidente del Copasir (Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica).

Golden Power sul 5G applicato a Samsung nella partnership con Fastweb

Il nuovo Golden Power è stato voluto fortemente dalla Lega e in particolare dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giancarlo Giorgetti. Il 26 luglio in merito Matteo Salvini ha detto: “Il decreto dà più tempo per analizzare un eventuale rischio”. “Se non ci sono evidenze di criticità è chiaro che non puoi chiudere il mercato a uno o più soggetti”, ha affermato il ministro dell’Interno, facendo riferimento a Huawei e ZTE finite nel mirino degli Usa, ma la misura, riguarda anche le società americane (Cisco) e coreane (Samsung), l’unica a cui è stato applicata la misura nella partnership con Fastweb. Il decreto obbliga le società non europee, entro 10 giorni (altrimenti scatta una sanzione fino al doppio del valore dell’operazione) a notificare a Palazzo Chigi contratti o accordi sulle reti mobili di quinta generazione. Il Governo entro 45 giorni ha la possibilità di esercitare il veto o indicare condizioni da rispettare.

“O ci sono evidenze che alcuni soggetti extra europei possano travasare in maniera fraudolenta dei dati”, ha spiegato Salvini il mese scorso, “o non si può bloccare nulla. Stiamo facendo tutti gli approfondimenti per capire se si può proseguire su una strada aperta o se dobbiamo pre-cautelarci, premunirci”.

“Quel che è certo è che la sicurezza viene prima di tutto. E anche se c’è una lontana ipotesi di rischio, sarò io ad assumermi l’onere e l’onore di dire no”, ha concluso il ministro dell’Interno il 26 luglio durante un convegno sul 5G e l’impatto sulla sicurezza nazionale.

Per rimpiazzare il nuovo Golden Power il consiglio dei ministri ha approvato, il 19 luglio scorso, il disegno di legge cybersecurity “per disciplinare in modo più organico la materia della sicurezza informatica”.

Ma il Ddl ha un iter parlamentare molto più lungo e incerto. Cosa che di sicuro non dispiace alla Cina e ai suoi colossi del settore Huawei e ZTE. Così con il decreto Golden Power “affossato” il nostro Paese è di nuovo sguarnito di fronte ai possibili rischi legati al 5G sulla sicurezza nazionale, inoltre, scrive oggi Guido Gentili sul Sole 24 Ore, così “si accresce l’incertezza e si ritarda gli investimenti nelle tlc”.

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