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5G ed elettromagnetismo, perché l’Italia deve recepire le linee guida della comunità scientifica

Approfitto della attenzione che si sta riversando sulle problematiche elettromagnetiche in relazione all’avvio del 5G per sottoporre all’attenzione pubblica un mio punto di vista personale che peraltro so condiviso da molti scienziati italiani che si occupano di elettromagnetismo.

Il riferimento principale sulle limitazioni dei campi elettromagnetici è nella sostanza ancora il Decreto del luglio 2003 che attraverso delle tabelle indica i valori limite consentiti in termini di grandezze misurabili nell’ambiente.

Gli emendamenti successivi non hanno mutato l’impostazione, che prescinde dalla introduzione di una corretta metodologia attraverso la quale si passi dagli effetti nocivi accertati ai limiti nell’ambiente e in particolare ignora quelle che, in termini ICNIRP[1], sono le cosiddette restrizioni di base che si applicano a grandezze interne al corpo umano e la cui limitazione assicura, al livello delle conoscenze esistenti, l’assenza degli effetti nocivi medesimi. Attraverso modelli di calcolo e valutazioni sperimentali si passa successivamente ai livelli di riferimento che sono quelli di cui facciamo uso pratico perché direttamente misurabili nell’ambiente.

In questo passaggio si fa largo uso di coefficienti di sicurezza per compensare la variabilità delle situazioni possibili e le inevitabili incertezze. Soltanto dei livelli nell’ambiente, in varia forma, si occupa la nostra legislazione. L’ICNIRP è costantemente impegnata nella analisi sia degli effetti nocivi, sia delle modalità di connessione di questi con le grandezze primarie e tra queste e i livelli di riferimento. Per questo funge anche da base per l’Europa e l’OMS.

Sul tema è attesa una rivisitazione che terrà conto dei progressi intervenuti nel frattempo. Ma qualunque variazione dei limiti nell’ambiente che prima non accetti l’impostazione ICNIRP è apodittica e non giustificabile scientificamente.

L’assenza di restrizioni di base porta ad esempio al fatto che se la sorgente è in campo vicino, come un telefonino, il valore di riferimento in termini di campo elettrico è inapplicabile mentre le restrizioni di base permangono valide e consentono – oggi attraverso il SAR – di normare le emissioni di questi dispositivi. Ma la norma italiana non può prevedere ciò perché manca dello strumento necessario e lascia che questo problema venga risolto altrove. E il telefonino è la maggior fonte di attenzione per quanto riguarda gli eventuali rischi.

Il primo passo da compiere quindi non è una discussione a priori sul fatto di abbassare o alzare i limiti sulla base di considerazioni economiche o legate ad una specifica sperimentazione, ma di riportare l’Italia nell’alveo della credibilità scientifica, accettando come metodologia quella delle linee guida dell’ICNIRP, che tengono conto di tutti i progressi scientifici che vengono fatti in tutto il mondo. Ciò dovrebbe essere il primo obiettivo per chi creda nella verità scientifica e nei mezzi per affermarla sviluppatisi dai tempi di Galileo. Sarò ormai un ingenuo inveterato ma sono sempre convinto che la strada maestra qui come altrove sia il mezzo migliore per farsi comprendere da tutti.

Chi scrive fu testimone attivo del momento in cui le nostre città vennero in modo assai rapido riempite di antenne davanti alle terrazze di casa e perciò non sottovaluto certo il problema in connessione con lo sviluppo del 5G. Più ampia sarà la diffusione più grande deve essere l’attenzione e la consapevolezza della popolazione. Perciò serve chiarezza in ogni passaggio.

Si può anche pensare ad una Commissione di raccordo tra l’Italia e lo scenario internazionale, ma a patto che vi sia un mandato chiaro, una ipotesi concreta di utilizzo dei risultati e che la nomina dei commissari non diventi terreno di scontro. Ricordo che nel 2002 venne nominato un Comitato Internazionale[2] con nomi di grande prestigio – tra cui c’ero anch’io forse come intruso – ma proprio per la mancanza di programmazione sull’uso dei risultati, sostanzialmente in linea con questo scritto, le conclusioni rimasero lettera morta.

Può essere interessante ricordare che nel nostro paese sono attivi o programmati molti studi sia a livello di PRIN nelle università, sia nell’ambito di istituzioni di coordinamento scientifico come il CNIT e l’ICEMB che in ambito CNR ed ENEA oltre che, naturalmente, nelle ARPA e all’ISS. Alcuni di questi studi hanno lo scopo di inquadrare l’impatto del 5G alla luce delle novità tecnologiche che stanno emergendo per la sua implementazione.

Credo che Key4biz sarebbe lieta di ospitare interventi che mostrino i diversi punti di vista, come è naturale per i problemi complessi, e invito tutti gli esperti a partecipare. Cito in finale Elettra 2000, oggi brand della Fondazione Marconi, che è a disposizione per offrire un luogo virtuale e materiale – Villa Griffone – dove si possa tentare di giungere ad una sintesi.

[1] L’ICNIRP, acronimo di International Commission on Non-Ionizing Radiation Protection (in italiano Commissione Internazionale per la Protezione dalle Radiazioni Non Ionizzanti) è un organismo non governativo di esperti scientifici indipendenti, formalmente riconosciuto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, che si occupa di ricerca sul tema dei possibili effetti nocivi sul corpo umano dell’esposizione a radiazioni non ionizzanti.

[2] F. Cognetti, R. Doll, G. Falciasecca, T. Regge, M. Repacholi: Dichiarazione del Comitato Internazionale di Valutazione per l’indagine sui rischi Sanitari dell’esposizione ai campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici (CEM). Edizioni ANPA, Istituto Grafico Editoriale Romano, settembre 2002.

Per approfondire

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