CNIT TALK

5G e rischi per la salute? CNIT e ARPA Lazio fanno il punto della situazione

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Diversi studi indipendenti in letteratura dimostrano una drastica riduzione dell’esposizione media della popolazione ai campi generati da sistemi 5G, rispetto ai valori caratteristici delle generazioni precedenti.

La rubrica CNIT TALK è curata dai Professori del CNIT (Consorzio Nazionale Interuniversitario per le Telecomunicazioni), il Consorzio formato da 37 università pubbliche italiane diretto dal Professor Nicola Blefari Melazzi, che organizza l’evento di riferimento per il settore 5G Italy. L’obiettivo è la divulgazione di contenuti originali sui temi principali del mondo digitale dal 5G, alla Blockchain, dall’IoT all’elettromagnetismo, di carattere scientifico, ma divulgativo, con l’obiettivo di disseminare l’attività del Consorzio via web. Per consultare tutti gli articoli clicca qui.

Articolo a cura del Dott. Tommaso Aureli, ARPA Lazio; Prof. Luca Chiaraviglio, UDR CNIT Tor Vergata; Dott. Daniele Franci, ARPA Lazio e Dott. Settimio Pavoncello, ARPA Lazio.

1) Esistono degli effetti dannosi sulla salute? Che effetto hanno i livelli di radiazione generati dagli apparati 5G?

La letteratura attuale (vedere ad esempio [1][2][3]) non dimostra con prove scientifiche l’insorgenza di effetti dannosi sulla salute da parte dei campi elettromagnetici generati dal 5G (così come delle tecnologie precedenti), a patto di operare entro i limiti di legge di esposizione. In generale l’esposizione al campo da stazioni radio base 5G operanti sul territorio non produce nessun effetto tangibile sul corpo umano, in quanto i livelli di campo ricevuti sono assolutamente trascurabili in condizioni tipiche di esposizione – e comunque sempre ben al di sotto dei limiti di legge. Dobbiamo infatti ricordare che il campo elettromagnetico si riduce drasticamente mano a mano che aumenta la distanza dalla stazione radio base, e che questo effetto di attenuazione risulta esaltato quando ci si trova all’interno delle abitazioni. Nella stragrande maggioranza dei casi la distanza delle persone dalla stazione radio base più vicina è sempre dell’ordine di decine – se non centinaia – di metri (vedere [4] per il caso italiano), valori che riducono in modo drastico la densità di campo che raggiunge il corpo umano.

Dobbiamo però ricordare come la fonte principale di esposizioni non siano le antenne che si trovano sui palazzi, ma piuttosto il nostro smartphone [3], che tende a scambiare dati – quindi a irradiare in prossimità  del corpo dell’utente – anche quando non  usato direttamente. Ad esempio applicazioni quali Whatsapp (e simili), sono in grado di ricevere immagini, audio e video anche quando non usiamo direttamente lo smartphone –pensiamo ad esempio alle chat di famiglia oppure a quelle di scuola, in cui molti partecipanti tendono a inserire contenuti multimediali. Oppure anche ad Android Auto, che ci consente di utilizzare servizi di navigazione e musica sullo schermo della nostra macchina, ma sfruttando la connessione dello smartphone. In queste situazioni, anzi, è meglio stare vicino alle antenne delle stazioni radio base installate sui palazzi, perché quando la distanza fra smartphone e stazione radio base è ridotta, anche il campo generato dagli smartphone diventa trascurabile.

2) Quali norme ci sono per regolare l’esposizione a campi elettromagnetici generati dal 5G?

Sin dal 1998 l’ICNIRP (International Commission on Non Ionizing Radiation Protection) ha prodotto un documento in cui, esaminando i dati e gli studi presenti nella letteratura scientifica, ha indicato i valori  del campo elettromagnetico che devono essere rispettati al fine di prevenire qualsiasi effetto di innalzamento della temperatura che possa avere una conseguenza negativa sulla salute [5]. La Raccomandazione Europea 1999/512/CE [6] ha fatto proprie le indicazioni contenute nel documento ICNIRP 1998 [5], invitando gli Stati membri ad adottare disposizioni normative che garantissero il rispetto dei succitati limiti. Nel Marzo 2020 l’ICNIRP ha aggiornato il documento 1998 [2]. Le nuove linee guida, che includono delle novità – ad esempio per tenere meglio in conto dell’effetto dell’esposizione su brevi durate temporali – saranno prossimamente recepite nelle normative nazionali, e quindi potranno fornire un ulteriore livello di protezione rispetto allo sviluppo delle tecnologie di telecomunicazioni emergenti.

Il quadro in Italia

A livello italiano l’emanazione della legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici n. 36 del 22/02/2001 [7] e del DPCM del 08/07/2003 [8], attuativo della legge medesima, ha consentito all’Italia di dotarsi di un quadro normativo organico sulla materia prevedendo limiti di esposizione di campo elettromagnetico in osservanza delle esortazioni della citata raccomandazione. In aggiunta a tali limiti sono stati introdotti a titolo di misura di cautela, ulteriori limiti più restrittivi, i valori di attenzione, da rispettare nei luoghi adibiti a permanenze prolungate. Infine, ai fini della progressiva minimizzazione dell’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici sono stati introdotti gli obiettivi di qualità da applicarsi a particolari luoghi come ad esempio le aree intensamente frequentate dalla popolazione (parchi e giardini pubblici). Ricordiamo infine che ogni impianto di telecomunicazione che debba essere installato sul territorio deve essere oggetto di valutazione previsionale di campo elettromagnetico preventiva ai sensi di quanto disposto dal D.lgs. 259/13 [9], rafforzando sensibilmente il controllo su questa tipologia d’impianti. Quanto descritto sopra rende il quadro normativo italiano uno dei più cautelativi d’Europa in materia di campi elettromagnetici [3].

E’ importante comunque rimarcare che sia la normativa italiana che quella europea includano già ora la regolamentazione delle emissioni per tutte le frequenze utilizzate dalla tecnologia 5G.

3) E’ possibile misurare il livello di esposizione generato da apparati 5G? Con quali strumenti?

E’ certamente possibile misurare il livello di esposizione generato da apparati 5G, applicando procedure molto simili a quelle comunemente utilizzate per le tecnologie più mature (2G, 3G e 4G). In parole semplici, la valutazione dell’esposizione della popolazione a segnali 5G è incentrata sulla misurazione diretta dell’intensità del campo elettromagnetico prodotto dagli impianti a radiofrequenza limitrofi, in specifici punti dello spazio assunti come rappresentativi dei luoghi di vita e/o lavoro della popolazione (ad es. terrazzi privati, camere da letto, uffici).

La misurazione dell’intensità del campo elettromagnetico viene effettuata mediante l’utilizzo di una appropriata catena di misura (mostrata in Fig.1), costituita da:

  • Un’antenna ricevente, posizionata nel punto di indagine a circa 1,5 metri dal suolo mediante un cavalletto costruito con materiale amagnetico. La scelta di una antenna adeguata è un passaggio preliminare di grande importanza: essa infatti deve essere ottimizzata per i valori di frequenza caratteristici del segnale 5G che si vuole misurare in modo da garantire la massima efficienza di rivelazione. La quasi totalità degli impianti 5G ad oggi attivi in Italia lavorano nella gamma da 3400 a 3800 MHz, rendendo di fatto relativamente semplice la selezione dell’antenna ricevente ottimale.
  • Un analizzatore di spettro, ovvero uno strumento molto sofisticato che è in grado di determinare con estrema precisione l’impatto elettromagnetico di ciascuna sorgente 5G, misurato in termini di potenza ricevuta. L’analizzatore di spettro è anche in grado di discriminare l’emissione di sorgenti 5G che operano a frequenze differenti, permettendo così una corretta valutazione del contributo di ciascun operatore all’intensità totale del campo elettromagnetico nel punto di indagine.
  • Un cavo coassiale che collega l’antenna ricevente all’ingresso dell’analizzatore, allo scopo di trasferire il segnale ricevuto dall’antenna direttamente allo strumento che ne effettuerà l’analisi. Poiché alla trasmissione di un segnale lungo un cavo è inevitabilmente associata una attenuazione dello stesso, è importante che la scelta del cavo sia orientata verso un prodotto di alta qualità che assicuri una minimizzazione dell’effetto dissipativo.

L’intera catena di misura viene sottoposta periodicamente ad interventi di calibrazione e taratura, al fine di garantirne il corretto funzionamento nel tempo e per tenere in conto di eventuali fattori correttivi. Le misurazioni effettuate consentono di ricavare l’intensità del campo elettromagnetico (espresso in Volt/metro), associato a ciascuna sorgente 5G identificata durante la sessione di misura. E’ inoltre possibile stimare il valore di intensità del campo elettromagnetico complessivo nel punto di indagine, che viene  direttamente confrontato con i limiti imposti dalla normativa per accertarne – o escluderne – il superamento. 

Per quanto riguarda il Lazio, l’ente tecnico-scientifico incaricato dell’esecuzione delle misure descritte e della verifica del rispetto dei limiti di legge su tutto il territorio della Regione è ARPA Lazio.


Fig. 1 – Esempio di misura in banda stretta di campo elettromagnetico. La strumentazione si compone di: antenna ricevente (primo piano), analizzatore di spettro (su scrivania) e cavo di collegamento.

4) Quale impatto hanno le medie di campo rispetto ai livelli di esposizione istantanea? Esistono dei meccanismi per prevenire picchi istantanei di radiazione?

La domanda è sicuramente interessante e di estrema attualità. Si osserva infatti una differenza tra i livelli di esposizione media sulle 24 ore e quelli di esposizione istantanea, differenza ancor più accentuata quando si considerano sorgenti come gli smartphones,  che sono tipicamente caratterizzati da una trasmissione fortemente variabile nel tempo. Per semplificare il concetto, si può pensare alla stazione radio base come ad un sistema che regola la potenza irradiata in base al numero di smartphones contemporaneamente connessi: maggiore è il numero di smartphones che richiedono/trasmettono dati, maggiore è la potenza irradiata dalla stazione radio base. E’ facile comprendere, quindi, come l’esposizione elettromagnetica misurata nelle ore “di punta” – in cui ci si aspetta un numero elevato di smarpthones connessi alla stazione radio base – sia più elevata rispetto all’esposizione misurata a notte fonda – in cui il numero di utenti connessi è decisamente inferiore. La popolazione è quindi soggetta ad un’esposizione ai campi elettromagnetici variabile nel tempo. Per questo motivo, come già spiegato poco sopra, la normativa italiana prevede il rispetto di due limiti distinti: uno che limita la massima esposizione consentita come media sulle 24 ore, ed un altro che garantisce dalle esposizioni nel più breve periodo fissato per convenzione in 6 minuti.

Le emissioni del 5G: beamforming

Per quanto concerne la tecnologia 5G è fondamentale rappresentare che le emissioni sono caratterizzate  da una modalità di trasmissione molto sofisticata che permette di generare un fascio di radiazione che punta esclusivamente verso l’utente che richiede connessione [10], eventualmente seguendolo qualora lo stesso sia in movimento. Tale caratteristica, in gergo tecnico beamforming, garantisce che una persona venga esposta all’irraggiamento prodotto da un impianto 5G quasi soltanto quando il suo smartphone si connette alla rete. Tale modalità di trasmissione si differenzia  rispetto alle tecnologie precedenti (2G/3G),  che erano caratterizzate da un fascio di irradiazione sostanzialmente statico e destinato a fornire segnale nell’intera area di copertura. A questo proposito diversi studi indipendenti in letteratura dimostrano una drastica riduzione dell’esposizione media della popolazione ai campi generati da sistemi 5G, rispetto ai valori caratteristici delle generazioni precedenti.

Power Lock

Di contro, però, la presenza di un fascio puntato verso la direzione dell’utente attivo potrebbe generare esposizioni di picco potenzialmente più elevate rispetto al passato, che devono essere pertanto tenute sotto stretto controllo. A tale scopo, i principali produttori di antenne 5G forniscono anche dispositivi per il monitoraggio in continuo dell’effettiva potenza trasmessa per settore angolare. Tali sistemi, conosciuti come Power Lock, identificano una potenziale criticità in una determinata direzione dello spazio e agiscono, di conseguenza, come un limitatore della potenza trasmessa nella specifica direzione garantendo che il limite massimo di esposizione istantanea non possa mai essere superato. Uno dei filoni di ricerca portati avanti da ARPA Lazio durante l’anno scorso ha riguardato proprio la caratterizzazione e la verifica del funzionamento dei sistemi di Power Lock [11], attraverso un protocollo di misure sperimentali facilmente riproducibile da tutti gli enti preposti al controllo. I risultati, ottenuti da un solido studio sperimentale, confermano l’effettiva validità dei sistemi di Power Lock a garanzia della limitazione dell’esposizione istantanea di picco provocata da sistemi 5G.

5) Perché i rischi per la salute vengono associati alle stazioni radio base e non agli smartphones?

Buona domanda. In generale si osserva una forte contrarietà all’installazione di stazione radio base, mentre non ci preoccupiamo del livello di campo generato dal nostro smartphone. Eppure diversi studi in letteratura hanno dimostrato come i maggiori livelli di esposizioni siano dovuti ai dispositivi personali (inclusi gli smartphones) e non le stazioni radio base (vedere ad esempio [12]-[15]). E occorre ricordare che le esposizioni dagli smartphone aumentano drasticamente se ci troviamo distanti dalle stazioni radio base [12]. Quindi, se davvero vogliamo ridurre i livelli di esposizione, ci devono essere tante stazioni radio base sul territorio, non poche.  

Fake news

D’altro canto però constatiamo una crescente diffusione di notizie false riguardo al tema 5G, e specialmente in merito alle stazioni radio base. Solo per citarne alcune, le stazioni radio base 5G sarebbero responsabili della morte di stormi di uccelli, del taglio di interi viali alberati nelle città, o addirittura della diffusione del Coronavirus. Tutte queste presunte teorie – non dimostrate scientificamente – producono un clima di forte sospetto riguardo all’installazione di antenne sui palazzi, che contribuiscono a rendere negativa la nostra percezione riguardo al tema dell’installazione di antenne 5G sui palazzi. Occorre infine ricordare che in questo contesto i social media giocano un ruolo fondamentale, perché spesso operano da cassa di risonanza per l’elaborazione e la diffusione delle più strampalate teorie riguardo al 5G, senza un adeguato controllo delle fonti o dell’autorevolezza scientifica delle teorie riportate.

6) Quale ruolo giocano i dispositivi personali sui livelli di radiazione? Chi garantisce i livelli di sicurezza per gli smartphones 5G ?

Parafrasando dal gioco del calcio, gli smartphones rivestono il ruolo degli attaccanti, nel senso che rappresentano la fonte principale di radiazione per il corpo umano. Più in dettaglio la nostra paura verso l’installazione di stazioni radio base 5G può innescare un circolo vizioso, ovvero: non vogliamo le antenne 5G installate sui palazzi; gli operatori fanno fatica a trovare spazi ove collocare le antenne 5G; ci sono meno antenne 5G installate sul territorio rispetto a quelle previste; il nostro smartphone si deve connettere a queste poche antenne 5G, che risultano tipicamente distanti; il nostro smartphone irradia una quantità di campo non trascurabile. Detto questo, però, occorre ricordare come comunque non esistano delle prove scientifiche certe che dimostrino la dannosità dello smartphone per la salute umana in queste condizioni di utilizzo. Anche gli smartphone infatti, sono soggetti a limiti di esposizioni, tipicamente espressi in termini di tasso specifico di assorbimento (SAR), che fra l’altro sono anche piuttosto stringenti [2],[5]. Rispetto alle stazioni radio base, l’esposizione dello smartphone non viene controllata nel tempo, ma piuttosto è certificata dall’azienda che produce il dispositivo, mediante la pubblicazione dei valori di SAR, valutati in condizioni di laboratorio decisamente conservative.  Sebbene in rete esistano delle “classifiche” degli smartphone in base al SAR, l’effettivo livello di esposizione dipende poi da una moltitudine di fattori che possono avere un impatto migliorativo rispetto al SAR misurato in laboratorio, quindi è difficile a priori stabilire quale dispositivo sia meno impattante rispetto ad altri in termini di radiazione.

Misurazione su impianto 5G

7) Chi garantisce il rispetto dei livelli di esposizione da apparati 5G? Che ruolo ha l’ARPA?

Come illustrato in una risposta precedente, in Italia esiste un schema normativo di riferimento costituito dalla legge quadro n. 36 del 22/02/2001 [7] e dai DPCM attuativi della stessa. La legge quadro individua nelle Agenzie Regionali e Provinciali per la Protezione dell’Ambiente (ARPA) il soggetto deputato all’esecuzione degli accertamenti strumentali per la verifica del rispetto dei limiti di campo elettromagnetico.

L’ARPA Lazio adempie tali funzioni effettuando sopralluoghi, ispezioni e misure su iniziativa autonoma ed a seguito di segnalazione di altri enti ed istituzioni o di cittadini singoli e associati, negli ambienti di vita e di lavoro.

Il DLgs. 259 del 1 Agosto 2003 (Codice delle Comunicazioni Elettroniche) [9] attribuisce altresì alle ARPA regionali e provinciali il compito  di verificare la compatibilità dei progetti di installazione di infrastrutture per impianti radioelettrici ai limiti imposti dalla normativa vigente fornendo all’ente titolare al rilascio delle autorizzazioni per l’installazione/modifica degli impianti un parere tecnico preventivo. Tale attività di controllo, preventivo all’installazione, ha consentito unitamente all’attività di misura, di garantire lo sviluppo delle reti di telecomunicazione nel pieno rispetto del quadro normativo protezionistico.

L’ARPA Lazio è inoltre da anni impegnata, nell’ambito dei tavoli tecnici del Sistema Nazionale di Protezione dell’Ambiente (SNPA) e nei gruppi di lavoro del Comitato Elettrotecnico Italiano (CEI), nella definizione dei metodi e delle procedure di misura più efficaci per  quantificare il contributo del campo elettromagnetico irradiato dai segnali di nuova generazione.

Con specifico riferimento ai segnali 5G, nell’anno 2019, l’Agenzia ha condotto, nella città di Roma, la prima campagna di misura sperimentale in Italia, definendo e proponendo in ambito CEI una metodica di quantificazione del contributo di campo elettromagnetico 5G irradiato da antenne attive di nuova generazione [16], [17]. Le misure sui segnali 5G hanno inoltre consentito di approfondire e testare nuove funzionalità, attualmente in fase di implementazione sulle antenne attive, quali ad esempio il Power Lock, illustrato in precedenza.

Attualmente l’Agenzia è impegnata, su incarico dell’SNPA, nella verifica strumentale dell’impatto relativo all’introduzione del Dynamic Spectrum Sharing (DSS), una innovativa tecnologia che consente la condivisione della stessa banda di frequenza tra segnali 4G e 5G e, su incarico del CEI, nella revisione delle norme tecniche di riferimento per la valutazione previsionale (norma 211-10) e la misura sperimentale (norma 211-7) del campo elettromagnetico prodotto da impianti di telefonia mobile.


Fig. 2 – Esempio di analisi delle stazioni radio base sul territorio a partire da misure georeferenziate.

8) Quali iniziative sono state intraprese da CNIT e da ARPA-Lazio per valutare i livelli di esposizione?

L’Unità di Ricerca (UdR) CNIT dell’Università di Roma Tor Vergata dispone di diversi misuratori di campo elettromagnetico ed è attiva nella misurazione dei livelli di campo a partire dal 2018. I dispositivi attualmente in dotazione, finanziati da bandi competitivi dell’Unione Europea, sono in grado di misurare il livello di campo complessivo che viene rilevato nell’ambiente dove opera lo strumento. In parole semplici: misuriamo il livello di campo complessivo da tutte le generazioni cellulari, dal 2G al 5G. Recentemente l’UdR Roma Tor Vergata ha avviato un progetto bilaterale con  l’università saudita King Abdullah University of Science and Technology (KAUST), volto a studiare la pianificazione di rete 5G (e oltre 5G) con vincoli di campo elettromagnetico. Grazie a questo progetto, l’UdR Roma Tor Vergata ha ordinato un analizzatore di spettro portatile, espressamente tarato sul 5G, che consentirà nei prossimi mesi di effettuare misure selettive dei livelli di esposizioni da stazioni radio base 5G.

Per quanto riguarda l’ARPA Lazio, l’agenzia è impegnata a partire dal 2019 nella definizione di metodiche di misura per la corretta valutazione dell’esposizione prodotta da sorgenti 5G. Questa attività di misura ha portato alla produzione di numerosi articoli scientifici che sono entrati a far parte della bibliografia delle principali norme tecniche di settore nazionali (CEI) ed internazionali (IEC).

Nell’ultimo periodo l’attività di misura ha chiaramente risentito delle limitazioni logistiche dovute al quadro pandemico nazionale, ma tale pausa è stata sfruttata per ampliare la dotazione strumentale dell’Agenzia, beneficiando dei contributi stanziati dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare nell’ambito del progetto RIN-DEC, volto alla minimizzazione dell’intensità e degli effetti dei campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici. Nello specifico i contributi citati hanno permesso l’acquisto di un analizzatore di spettro vettoriale che consentirà di effettuare misure sui segnali 5G anche nella banda delle onde millimetriche e di uno scanner vettoriale di rete che consentirà all’Agenzia di georeferenziare su cartografia digitale gli impianti installati nel territorio regionale analizzando il campo elettromagnetico su aree vaste.

Nei prossimi mesi l’Agenzia intende utilizzare al meglio la strumentazione acquisita per corroborare i risultati ottenuti nelle prime campagne di misura.

Riferimenti Bibliografici

[1] J. T. Bushberg, et al. “IEEE Committee on Man and Radiation—COMAR Technical Information Statement: Health and safety issues concerning exposure of the general public to electromagnetic energy from 5G wireless communications networks.” Health Physics, 119.2 (2020): 236.

[2] International Commission on Non-Ionizing Radiation Protection (ICNIRP), “ICNIRP guidelines on limiting exposure to time-varying electric, magnetic and electromagnetic fields (100 kHz to 300 GHz),” Disponibile presso: https://www.icnirp.org/cms/upload/publications/ICNIRPrfgdl2020.pdf, Jul. 2020.

[3] L. Chiaraviglio,, Ahmed Elzanaty, and Mohamed-Slim Alouini. “Health risks associated with 5G exposure: A view from the communications engineering perspective.” arXiv preprint arXiv:2006.00944 (2020).

[4] L. Chiaraviglio, et al. “Is it safe living in the vicinity of cellular towers? analysis of long-term human EMF exposure at population scale.” 2020 IEEE 91st Vehicular Technology Conference (VTC2020-Spring). IEEE, 2020.

[5] International Commission on Non-Ionizing Radiation Protection (ICNIRP), “Guidelines for limiting exposure to time-varying electric,magnetic, and electromagnetic fields (up to 300 GHz),” Health Physics, vol. 74, no. 4, pp. 494–522, 1998.

[6] Raccomandazione 1999/512/CE del 12 luglio 1999, Raccomandazione del Consiglio relativa alla limitazione dell’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici da 0 Hz a 300 GHz. Disponibile presso: https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:31999H0519&from=EN

[7] Legge Quadro n. 36 del 22/02/2001, Disponibile presso: https://www.camera.it/parlam/leggi/01036l.htm

[8] DPCM del 08/07/2003, Disponibile presso: https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2003/08/28/03A09711/sg

[9] DECRETO LEGISLATIVO 1 agosto 2003, n. 259, Disponibile presso: https://www.gazzettaufficiale.it/atto/serie_generale/caricaDettaglioAtto/originario?atto.dataPubblicazioneGazzetta=2003-09-15&atto.codiceRedazionale=003G0280&elenco30giorni=false

[10] L. Chiaraviglio, et al. “Pencil Beamforming Increases Human Exposure to ElectroMagnetic Fields: True or False?.” IEEE Access, vol. 9, pp. 25158-25171, 2021.

[11] S. Adda et al., “A Methodology to Characterize Power Control Systems for Limiting Exposure to Electromagnetic Fields Generated by Massive MIMO Antennas,” in IEEE Access, vol. 8, pp. 171956-171967, 2020.

[12] L. Chiaraviglio, et al. “Not in my neighborhood: A user equipment perspective of cellular planning under restrictive EMF limits.” IEEE Access, vol. 7, pp. 6161-6185, 2018.

[13] S. Sagar, et al. “Radiofrequency electromagnetic field exposure in everyday microenvironments in Europe: A systematic literature review”, Journal of exposure science & environmental epidemiology, vol. 28. n.2, pp. 147-160. 2018

[14] M. Eeftens, et al. “Personal exposure to radio-frequency electromagnetic fields in Europe: Is there a generation gap?”, Environment international, vol. 121, pp.216-226, 2018.

[15] W. Joseph, et al. “Comparison of personal radio frequency electromagnetic field exposure in different urban areas across Europe”, Environmental research, vol. 110, n.7, pp. 658-663, 2010.

[16] D. Franci et al., “La sperimentazione 5G a Roma: esperienza di misura in campo nella banda delle onde millimetriche” Atti del VII Convegno Nazionale Agenti Fisici Stresa, 5-7 giugno 2019, pp. 310-322.

[17] S. Adda et al., “A Theoretical and Experimental Investigation on the Measurement of the Electromagnetic Field Level Radiated by 5G Base Stations,” in IEEE Access, vol. 8, pp. 101448-101463, 2020, doi: 10.1109/ACCESS.2020.2998448.

Articolo a cura del Dott. Tommaso Aureli, ARPA Lazio; Prof. Luca Chiaraviglio, UDR CNIT Tor Vergata; Dott. Daniele Franci, ARPA Lazio e Dott. Settimio Pavoncello, ARPA Lazio.